Martedì, 1 maggio 1956
Diletti figli e figlie!
Cattolici lavoratori e lavoratrici!
Vivo e gradito conserviamo nel cuore il ricordo della vostra imponente accolta romana dello scorso anno, allorchè nel radioso vespro del primo Maggio, al cospetto della Basilica Vaticana, simbolo di ogni cristiana duratura vittoria, Ci chiedeste di consacrare solennemente la festa del lavoro, il cui significato e scopo vi furono da Noi stessi indicati.
Con effusione di Padre e con l'autorità di supremo Pastore non solo accogliemmo il vostro giusto desiderio, ma, come dono attinto dai tesori celesti, istituimmo la festa liturgica del vostro Patrono S. Giuseppe, lo sposo verginale di Maria, l'umile, il silenzioso, il giusto lavoratore di Nazareth, affinchè fosse in avvenire il vostro speciale Protettore presso Dio, il vostro palladio nella vita, a tutela e a difesa nei travagli e nei cimenti del lavoro.
Riecheggia ancora al Nostro orecchio il solenne « sì », con cui voi manifestaste pubblicamente il giubilo per tanta grazia, ed insieme affermaste il fattivo impegno che da tale consacrazione deriva a ciascun lavoratore cristiano.
Alla distanza di un anno da quel giorno, mentre per la prima volta nella Chiesa universale si celebra oggi quella festività, Ci è sommamente caro, quasi come ricambio della vostra visita a Roma, di trasportarCi con lo spirito e la viva voce in mezzo alle vostre validissime schiere convenute in Milano, capitale della operosa Lombardia, cuore pulsante del lavoro italiano, sicuri di trovarCi anche costà nel posto assegnato alla Nostra umile persona dalla divina Provvidenza come Vicario di Cristo e Pastore delle anime.
Il Nostro odierno incontro, che si svolge con lieti auspici sotto lo sguardo materno della Vergine, il cui simulacro sovrasta la intera metropoli lombarda e sta in cima ai vostri affetti, mentre è richiamo a quanto già fu compiuto lo scorso anno, intende di aprire al benefico movimento dei lavoratori cristiani nuove strade e additare spazi anche più vasti.
Tra di voi infatti si distinguono numerosissimi ed entusiastici rappresentanti delle Associazioni di lavoratori cattolici non solo da ogni parte d'Italia, ma di molte altre Nazioni, venuti a testimoniare non tanto una immaginata unità internazionale della classe operaia, quanto la stretta unità dei lavoratori cattolici, come membri della Chiesa, desiderosi di ricondurre a Cristo l'intero mondo del lavoro, che a Lui appartiene, come ogni altro campo della vita sociale.
Vorremmo si notasse a tale proposito che, quando si tratta degli operai cattolici, occorre non tanto creare la loro unità, quanto riconoscerla e riaffermarla nelle coscienze proprie ed altrui, poiché essa si trova già nella sostanza e alla radice della loro fede nell'unico Cristo, Redentore di tutti gli uomini, e nella unica Chiesa, Madre di tutti i fedeli, al di là di ogni frontiera, al di sopra di qualsiasi particolare interesse.
In questa sostanziale e granitica unità, i lavoratori cattolici trovano altresì l'impellente motivo, anzi il dovere, di aprirsi a tutto il mondo circostante, per diffondere dappertutto il regno di Dio, che è regno di giustizia e di amore.
Della vostra, come di ogni altra associazione cattolica, la profonda ragion di essere è, dunque, da ricercarsi non nel timore di altri movimenti, oppure nella concorrenza contro altri, o anche in quel senso di solidarietà che unisce i membri di una medesima categoria, bensì nell'intimo dovere e zelo che sentite, come cattolici, di farvi apostoli di Cristo tra i vostri fratelli, che ne ignorano o respingono il salvifico messaggio.
Uniti in Cristo, centro vitale della vostra unità, voi volete essere suoi apostoli, non solo perché condividete con Lui quelle condizioni di vita che furono già sue per lunghi anni durante il suo soggiorno terreno, allorquando il sudore della fatica imperlava la sua fronte, ma soprattutto perchè, come discepoli più fedeli e più risoluti, vi sentite avvolti dalla sua divina fiamma di amore per tutti gli uomini della terra.
L'amore e la forza apostolica di Cristo vi sospinge a vedere in ogni operaio l'uomo che Dio ha creato e redento, per restituirgli ciò che per volontà divina gli spetta.
Perciò Noi potevamo affermare delle attività delle vostre Associazioni: « L'amore fa battere il loro cuore, quello stesso amore che faceva battere il cuore di Cristo, e ispira loro la sollecitudine per la difesa e il rispetto della dignità del lavoratore moderno e lo zelo attivo per metterlo in condizioni di vita materiali e sociali in armonia con tale dignità » ( Discorsi e Radiomessaggi vol. X, pag. 334 ).
Diletti figli e figlie.
Mantenete intatto e saldo questo fondamento religioso cristiano delle vostre Acli, nella certezza che nessuno sviluppo storico del movimento operaio potrà distruggere la loro ragione d'essere, né la loro unità, nè il loro diritto di espansione, poichè, fino a tanto che vi saranno lavoratori, quel supposto sviluppo non potrà mutare i rapporti tra voi e Cristo, e tra voi e i vostri fratelli.
Quale che possa essere infatti l'avvenire del mondo del lavoro, sarà sempre necessario che un nucleo più o meno vasto di apostoli imprima o mantenga nella vita sociale il suggello del Regno di Cristo, attuando o sostenendo quei valori che stanno sommamente a cuore di ogni uomo, di ogni lavoratore maturo e consapevole, quali la giustizia, la libertà e la pace nella positiva collaborazione delle classi.
In tale comunicazione di beni soprannaturali ed umani consiste il diritto ed il dovere di espansione delle Acli, espansione che Noi auguriamo sollecita e concreta nella diletta Italia, poiché tutti i lavoratori, anche soltanto come uomini, appartengono al loro Creatore e Redentore, a Cristo, al quale per tanto debbono tornare, se lontani, con illuminata coscienza.
Tuttavia sembra che alcuni non abbiano una chiara veduta della logica e necessaria derivazione delle Acli dall'intima sostanza del cristianesimo; ma, al contrario, mostrano un tal quale intimo disagio nello sforzo di voler giustificare e quasi scusare la esistenza delle Associazioni cristiane dei lavoratori.
Scusarla dinanzi a chi e da quale addebito?
Scusarla per motivo di ciò che essi chiamano movimento operaio in quanto tale; scusarla per la supposta « frattura » che le Acli apporterebbero al movimento stesso!
Chi non vede come tali motivi e timori manchino di fondamento?
Qualsiasi movimento sociale, quindi anche quello operaio, suppone come principio e termine l'uomo col suo destino soprannaturale e col suo complesso di diritti e doveri naturali, dai quali non si può fare astrazione, anche quando il movimento si propone direttamente scopi economici e contingenti.
Quanto alla temuta « frattura » e separazione, la verità sta proprio nel contrario.
Le Acli intendono aprire le porte a chiunque, desiderose di stabilire intese sempre più ampie tra gli appartenenti al mondo del lavoro, per dare piuttosto che per ricevere.
Un'eloquente dimostrazione fu offerta appunto un anno fa, quando i lavoratori cristiani fecero tutti partecipi della festa del primo maggio, fino allora ritenuta quasi distintivo di una determinata porzione del ceto operaio, e ne danno anche ora un'altra luminosa prova, accogliendo in codesta adunanza milanese lavoratori di differenti nazioni.
Perciò, come il mantenimento della propria fisionomia non deve impedire alle Acli di esercitare una sempre maggiore espansione all'esterno della loro cerchia, così dovete vegliare affinchè esse non vengano a scomparire e ad essere quasi assorbite nel movimento operaio in quanto tale.
Coloro che si sentissero agitati e mal sicuri sull'indistruttibile fondamento, non superabile da nessuno sviluppo storico, della vostra unità, non sarebbero atti a guidare le Acli nella missione di divenire fermento nel senso evangelico per il mondo operaio.
Del resto, l'unità del movimento operaio in quanto tale nel mondo non sembra essere stata favorita dal corso della storia.
La vita sociale degli ultimi cento e più anni dell'industrialismo europeo e americano mostra un'altra realtà.
Nemmeno là, ove si diffondeva tra gli operai la idea della unità del proletariato come della classe in lotta contro quella dei capitalisti, si giunse ad un durevole movimento di unione dei lavoratori.
Insuperabili differenziazioni sociali, ed altre ancora, tra i fattori del contratto di lavoro si opponevano alla unità del proletariato, ed è altresì noto come la idea della unità internazionale della classe lavoratrice è sempre fallita a causa delle differenze nazionali nelle complicazioni belliche.
Coraggio dunque e fermezza, diletti figli e figlie!
Stringetevi saldamente intorno ai vostri pacifici vessilli, ai quali già sembra arridere, ricco di fondate promesse, uno splendido avvenire.
Le Acli racchiudono in sè una forza viva ed intrinseca, che, interamente spiegata, contribuirà efficacemente ad affrettare l'auspicato avvento della vera pace sociale.
I lavoratori cristiani, mossi dagli eterni principi e attingendo dalla fede e dalla grazia la mite forza per superare gli ostacoli, non sono forse lontani dal giorno, in cui potranno esercitare l'ufficio di guida in mezzo al mondo del lavoro.
Perchè non dovrebbe essere così?
La sana dottrina che professano, i retti sentimenti da cui sono animati, sono altrettanti titoli legittimi per divenire scolte dell'odierno movimento operaio.
Così ispirata, la unione dei lavoratori cristiani formati nelle Acli può essere fidente di ottenere maggiori e più rapide conquiste.
Ogni spirito sereno può riscontrare agevolmente in voi l'onestà dei propositi, la misura nei mezzi adoperati, una retta concezione della giustizia, e soprattutto la vostra indipendenza da forze ed interessi estranei.
Ove invece si hanno fondati motivi di sospetto sulla onestà, rettitudine e particolarmente sulla capacità di presunte guide ad infrenare le cupidigie dopo averle stimolate, nel momento in cui il diritto rivendicato si muta in torto, è comprensibile che si incontri resistenza, oppure si facciano concessioni apparenti che non mutano affatto la sostanza delle cose.
Orbene, nessuno di tali sospetti macchia la fiducia che la società pone in voi, lavoratori cristiani; essa sa da quali sorgenti e in quali alvei scorre il vostro movimento.
Valgano come prova di questa fiducia i consensi che da ogni parte vi vengono, a cominciare dai vostri sacri Pastori e in primo luogo dal degnissimo Arcivescovo della metropoli ambrosiana, dai tanti altri personaggi che prendono parte all'odierna vostra accolta, e dagli stessi lavoratori anche non militanti nelle vostre file, ma che non vi nascondono la loro simpatia e il loro appoggio.
Andate dunque con sicura coscienza verso le alte mete che vi siete prefisse; andate con particolare premura verso i fratelli vittime di errori e di falsi miraggi.
E accresca la vostra alacrità e la vostra fede nel buon successo il pensiero che Noi siamo con voi, con la coscienza di un Nostro apostolico dovere, e col Nostro amore non vano, non inoperoso, non sterile, ma vivo, giusto, efficace.
Di questo amore il Papa vi ama, vi ama la Chiesa!
Paternamente compresi della sorte vostra e delle vostre famiglie, consapevoli dei vostri bisogni, dei vostri legittimi diritti, come dei vostri doveri, Noi siamo con voi nelle presenti agitate vicende del mondo; e poichè il servizio che la Chiesa, secondo la sua costante tradizione rende al presente alle classi lavoratrici, attinge criteri e leggi dalla eterna sapienza del Vangelo, nessuno di voi, diletti figli, può dubitare dei benefici religiosi, morali e materiali, che la sua azione sollecita e indefessa è destinata a conseguire per le vie dell'ordine e della pace.
L'ordine e la pace!
Sono questi infatti i supremi beni che l'opera Nostra si propone di ottenere, ogni qualvolta recliniamo lo sguardo sulle vicende terrene e tendiamo la mano a coloro che possono determinarne il corso.
Soprattutto la pace, come voi, diletti figli, ben sapete!
La Chiesa - lo abbiamo ripetuto mille volte - detesta la guerra e i suoi orrori, specialmente ora che mezzi bellici distruttivi di ogni bene e di ogni civiltà minacciano la trepida umanità; vuole e difende la pace, la pace interna tra i figli di una stessa patria, e la pace esterna fra i membri della grande famiglia umana.
Ma essa ha bisogno di cooperatori risoluti e validi in così grande impresa.
Ora tra questi, numerosi in ogni regione del mondo, Noi ravvisiamo voi, lavoratori cristiani di ogni clima e di ogni lingua, voi diletti figli raccolti oggi all'ombra del mirabile Duomo milanese.
Con la vostra fedele adesione alla dottrina del Vangelo e alle norme direttive della sacra Gerarchia, voi non solo collaborate, nel campo del lavoro, al trionfo del Regno di Dio in una società che spesso ne dimentica, la presenza, i voleri, i sacrosanti diritti, ma vi ponete tra le prime schiere di quelle forze sane del corpo sociale, impegnate nella pacifica battaglia per la comune salvezza dei popoli.
Acquistate la piena coscienza dell'onore di questa doppia cooperazione che le Acli vi chiedono, accrescete il vigore della sua azione con l'esempio e l'opera vostra, e Dio non mancherà di farvi gustare i frutti della giustizia, dell'ordine e della pace, a cui voi stessi avrete validamente contribuito.
Con tale augurio invochiamo larga e perenne sulle vostre persone, sulle vostre famiglie e sul vostro lavoro la grazia del Signore, mentre impartiamo di cuore a tutti i presenti, e a quanti sono a voi uniti nella speranza e nell'amore, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.