XXVII Giornata mondiale del malato
25 novembre 2018
Cari fratelli e sorelle,
Queste sono le parole pronunciate da Gesù quando inviò gli apostoli a diffondere il Vangelo, affinché il suo Regno si propagasse attraverso gesti di amore gratuito.
In occasione della XXVII Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà in modo solenne a Calcutta, in India, l'11 febbraio 2019, la Chiesa, Madre di tutti i suoi figli, soprattutto infermi, ricorda che i gesti di dono gratuito, come quelli del Buon Samaritano, sono la via più credibile di evangelizzazione.
La cura dei malati ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all'altro che è "caro".
La vita è dono di Dio, e come ammonisce San Paolo: « Che cosa possiedi che tu non l'abbia ricevuto? » ( 1 Cor 4,7 ).
Proprio perché è dono, l'esistenza non può essere considerata un mero possesso o una proprietà privata, soprattutto di fronte alle conquiste della medicina e della biotecnologia che potrebbero indurre l'uomo a cedere alla tentazione della manipolazione dell'"albero della vita" ( cfr Gen 3,24 ).
Di fronte alla cultura dello scarto e dell'indifferenza, mi preme affermare che il dono va posto come il paradigma in grado di sfidare l'individualismo e la frammentazione sociale contemporanea, per muovere nuovi legami e varie forme di cooperazione umana tra popoli e culture.
Il dialogo, che si pone come presupposto del dono, apre spazi relazionali di crescita e sviluppo umano capaci di rompere i consolidati schemi di esercizio di potere della società.
Il donare non si identifica con l'azione del regalare perché può dirsi tale solo se è dare sé stessi, non può ridursi a mero trasferimento di una proprietà o di qualche oggetto.
Si differenzia dal regalare proprio perché contiene il dono di sé e suppone il desiderio di stabilire un legame.
Il dono è, quindi, prima di tutto riconoscimento reciproco, che è il carattere indispensabile del legame sociale.
Nel dono c'è il riflesso dell'amore di Dio, che culmina nell'incarnazione del Figlio Gesù e nella effusione dello Spirito Santo.
Ogni uomo è povero, bisognoso e indigente.
Quando nasciamo, per vivere abbiamo bisogno delle cure dei nostri genitori, e così in ogni fase e tappa della vita ciascuno di noi non riuscirà mai a liberarsi totalmente dal bisogno e dall'aiuto altrui, non riuscirà mai a strappare da sé il limite dell'impotenza davanti a qualcuno o qualcosa.
Anche questa è una condizione che caratterizza il nostro essere "creature".
Il leale riconoscimento di questa verità ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà, come virtù indispensabile all'esistenza.
Questa consapevolezza ci spinge a una prassi responsabile e responsabilizzante, in vista di un bene che è inscindibilmente personale e comune.
Solo quando l'uomo si concepisce non come un mondo a sé stante, ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente sentiti come "fratelli", è possibile una prassi sociale solidale improntata al bene comune.
Non dobbiamo temere di riconoscerci bisognosi e incapaci di darci tutto ciò di cui avremmo bisogno, perché da soli e con le nostre sole forze non riusciamo a vincere ogni limite.
Non temiamo questo riconoscimento, perché Dio stesso, in Gesù, si è chinato ( cfr Fil 2,8 ) e si china su di noi e sulle nostre povertà per aiutarci e donarci quei beni che da soli non potremmo mai avere.
In questa circostanza della celebrazione solenne in India, voglio ricordare con gioia e ammirazione la figura di Santa Madre Teresa di Calcutta, un modello di carità che ha reso visibile l'amore di Dio per i poveri e i malati.
Come affermavo in occasione della sua canonizzazione, « Madre Teresa, in tutta la sua esistenza, è stata generosa dispensatrice della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l'accoglienza e la difesa della vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata.
[ … ] Si è chinata sulle persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini [ … ] della povertà creata da loro stessi.
La misericordia è stata per lei il "sale" che dava sapore a ogni sua opera, e la "luce" che rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza.
La sua missione nelle periferie delle città e nelle periferie esistenziali permane ai nostri giorni come testimonianza eloquente della vicinanza di Dio ai più poveri tra i poveri » ( Omelia, 4 settembre 2016 ).
Santa Madre Teresa ci aiuta a capire che l'unico criterio di azione dev'essere l'amore gratuito verso tutti senza distinzione di lingua, cultura, etnia o religione.
Il suo esempio continua a guidarci nell'aprire orizzonti di gioia e di speranza per l'umanità bisognosa di comprensione e di tenerezza, soprattutto per quanti soffrono.
La gratuità umana è il lievito dell'azione dei volontari che tanta importanza hanno nel settore socio-sanitario e che vivono in modo eloquente la spiritualità del Buon Samaritano.
Ringrazio e incoraggio tutte le associazioni di volontariato che si occupano di trasporto e soccorso dei pazienti, quelle che provvedono alle donazioni di sangue, di tessuti e organi.
Uno speciale ambito in cui la vostra presenza esprime l'attenzione della Chiesa è quello della tutela dei diritti dei malati, soprattutto di quanti sono affetti da patologie che richiedono cure speciali, senza dimenticare il campo della sensibilizzazione e della prevenzione.
Sono di fondamentale importanza i vostri servizi di volontariato nelle strutture sanitarie e a domicilio, che vanno dall'assistenza sanitaria al sostegno spirituale.
Ne beneficiano tante persone malate, sole, anziane, con fragilità psichiche e motorie.
Vi esorto a continuare ad essere segno della presenza della Chiesa nel mondo secolarizzato.
Il volontario è un amico disinteressato a cui si possono confidare pensieri ed emozioni; attraverso l'ascolto egli crea le condizioni per cui il malato, da passivo oggetto di cure, diventa soggetto attivo e protagonista di un rapporto di reciprocità, capace di recuperare la speranza, meglio disposto ad accettare le terapie.
Il volontariato comunica valori, comportamenti e stili di vita che hanno al centro il fermento del donare.
È anche così che si realizza l'umanizzazione delle cure.
La dimensione della gratuità dovrebbe animare soprattutto le strutture sanitarie cattoliche, perché è la logica evangelica a qualificare il loro operare, sia nelle zone più avanzate che in quelle più disagiate del mondo.
Le strutture cattoliche sono chiamate ad esprimere il senso del dono, della gratuità e della solidarietà, in risposta alla logica del profitto ad ogni costo, del dare per ottenere, dello sfruttamento che non guarda alle persone.
Vi esorto tutti, a vari livelli, a promuovere la cultura della gratuità e del dono, indispensabile per superare la cultura del profitto e dello scarto.
Le istituzioni sanitarie cattoliche non dovrebbero cadere nell'aziendalismo, ma salvaguardare la cura della persona più che il guadagno.
Sappiamo che la salute è relazionale, dipende dall'interazione con gli altri e ha bisogno di fiducia, amicizia e solidarietà, è un bene che può essere goduto "in pieno" solo se condiviso.
La gioia del dono gratuito è l'indicatore di salute del cristiano.
Vi affido tutti a Maria, Salus infirmorum.
Lei ci aiuti a condividere i doni ricevuti nello spirito del dialogo e dell'accoglienza reciproca, a vivere come fratelli e sorelle attenti ai bisogni gli uni degli altri, a saper donare con cuore generoso, a imparare la gioia del servizio disinteressato.
A tutti con affetto assicuro la mia vicinanza nella preghiera e invio di cuore la Benedizione Apostolica.