5 luglio 1984
Vi rivolgo un saluto deferente e fiducioso.
Va a vostro onore di uomini, di governanti e di responsabili di organizzazioni avere preparato da lungo tempo questo importante incontro e arrivarvi con il fermo proposito di migliorare sempre più le condizioni d'accoglienza e di vita e di affermare la speranza di un avvenire più umano per i milioni di nostri fratelli e sorelle rifugiati o profughi del continente africano.
Come ho detto recentemente in Tailandia rivolgendomi ai rifugiati del campo di Phanat Nikhom e nella mia allocuzione ai membri del governo e del corpo diplomatico, è la dignità della persona umana, dono di Dio, che è in causa.
Che questo pensiero presieda ai vostri lavori e ispiri le vostre decisioni.
Il numero tanto rilevante di rifugiati non dovrà portare a trattare i loro problemi come fossero quelli di masse umane che bisogna solamente ospitare, nutrire, proteggere dalle epidemie, in attesa della loro partenza verso altri luoghi.
Essi sono fratelli e sorelle che alcuni Paesi hanno deciso di ospitare, dei quali vogliono alleviare le sofferenze e ai quali cercano di restituire la speranza.
Ma i pesanti carichi finanziari che questo comporta non possono essere assunti soltanto da questi Paesi di accoglienza; questa è la ragione per cui si fa appello alla comunità internazionale affinché essa apporti il suo aiuto generoso.
Studiando i progetti che vi sono presentati, pensate, al di là del problema dei rifugiati nel loro insieme, al dramma vissuto da ciascuno di loro, alla miseria di ogni famiglia.
Le cause che creano queste situazioni dovranno essere studiate obiettivamente, poiché bisognerebbe fare in modo che esse cessassero al più presto: esse feriscono gravemente e forse a morte giovani e adulti nella loro dignità umana, costringendoli a uno sradicamento culturale e familiare, portandoli alla miseria fisica e all'inazione, privandoli dell'esercizio dei loro diritti sociali.
La nostra dignità umana di esseri che Dio ha creato fratelli sarebbe gravemente colpita se noi non prendessimo seriamente in considerazione queste miserie.
La vostra partecipazione a questa riunione, che ha l'ambizione di prendere in considerazione dei progetti non semplicemente di sopravvivenza ma piuttosto di promozione umana e di inserimento sociale, è già una prima risposta di speranza ai milioni di rifugiati che vi interrogano: in questo modo voi manifesterete loro che essi sono accolti, rispettati, amati, che col vostro aiuto essi potranno preparare il loro avvenire perché un giorno essi possano riprendere il loro posto nella loro patria - si tratta di un diritto imprescindibile - con quelle accresciute competenze che il periodo dell'esilio dovrebbe permettere loro di acquisire.
Quando uomini di buona volontà sono solidali con coloro che soffrono, quando si accordano e uniscono i loro sforzi per renderli efficaci, la nostra umanità diventa più fraterna; all'ascolto di parole come quelle del sermone della montagna e delle beatitudini noi, uomini e donne di ogni religione, prepariamo un mondo nel quale si potrà vivere meglio.
Per la loro iniziativa mi congratulo con il segretario generale delle Nazioni Unite, con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, con l'Organizzazione dell'unità africana, con tutti i governi partecipanti e le organizzazioni governative rappresentate e ammiro la generosità del loro impegno!
Dal Vaticano, 5 luglio 1984.
Ioannes Paulus PP. II