Messaggio per la quaresima 2019
4 ottobre 2018
« L'ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio » ( Rm 8,19 )
Cari fratelli e sorelle, ogni anno, mediante la Madre Chiesa, Dio « dona ai suoi fedeli di prepararsi con gioia, purificati nello spirito, alla celebrazione della Pasqua, perché [ … ] attingano ai misteri della redenzione la pienezza della vita nuova in Cristo » ( Prefazio di Quaresima 1 ).
In questo modo possiamo camminare, di Pasqua in Pasqua, verso il compimento di quella salvezza che già abbiamo ricevuto grazie al mistero pasquale di Cristo: « nella speranza infatti siamo stati salvati » ( Rm 8,24 ).
Questo mistero di salvezza, già operante in noi durante la vita terrena, è un processo dinamico che include anche la storia e tutto il creato.
San Paolo arriva a dire: « L'ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio » ( Rm 8,19 ).
In tale prospettiva vorrei offrire qualche spunto di riflessione, che accompagni il nostro cammino di conversione nella prossima Quaresima.
La celebrazione del Triduo Pasquale della passione, morte e risurrezione di Cristo, culmine dell'anno liturgico, ci chiama ogni volta a vivere un itinerario di preparazione, consapevoli che il nostro diventare conformi a Cristo ( cfr Rm 8,29 ) è un dono inestimabile della misericordia di Dio.
Se l'uomo vive da figlio di Dio, se vive da persona redenta, che si lascia guidare dallo Spirito Santo ( cfr Rm 8,14 ) e sa riconoscere e mettere in pratica la legge di Dio, cominciando da quella inscritta nel suo cuore e nella natura, egli fa del bene anche al creato, cooperando alla sua redenzione.
Per questo il creato – dice san Paolo – ha come un desiderio intensissimo che si manifestino i figli di Dio, che cioè quanti godono della grazia del mistero pasquale di Gesù ne vivano pienamente i frutti, destinati a raggiungere la loro compiuta maturazione nella redenzione dello stesso corpo umano.
Quando la carità di Cristo trasfigura la vita dei santi – spirito, anima e corpo –, questi danno lode a Dio e, con la preghiera, la contemplazione, l'arte coinvolgono in questo anche le creature, come dimostra mirabilmente il "Cantico di frate sole" di San Francesco d'Assisi ( cfr Enc. Laudato si', 87 ).
Ma in questo mondo l'armonia generata dalla redenzione è ancora e sempre minacciata dalla forza negativa del peccato e della morte.
Infatti, quando non viviamo da figli di Dio, mettiamo spesso in atto comportamenti distruttivi verso il prossimo e le altre creature – ma anche verso noi stessi – ritenendo, più o meno consapevolmente, di poterne fare uso a nostro piacimento.
L'intemperanza prende allora il sopravvento, conducendo a uno stile di vita che vìola i limiti che la nostra condizione umana e la natura ci chiedono di rispettare, seguendo quei desideri incontrollati che nel libro della Sapienza vengono attribuiti agli empi, ovvero a coloro che non hanno Dio come punto di riferimento delle loro azioni, né una speranza per il futuro ( cfr Sap 2,1-11 ).
Se non siamo protesi continuamente verso la Pasqua, verso l'orizzonte della Risurrezione, è chiaro che la logica del tutto e subito, dell'avere sempre di più finisce per imporsi.
La causa di ogni male, lo sappiamo, è il peccato, che fin dal suo apparire in mezzo agli uomini ha interrotto la comunione con Dio, con gli altri e con il creato, al quale siamo legati anzitutto attraverso il nostro corpo.
Rompendosi la comunione con Dio, si è venuto ad incrinare anche l'armonioso rapporto degli esseri umani con l'ambiente in cui sono chiamati a vivere, così che il giardino si è trasformato in un deserto ( cfr Gen 3,17-18 ).
Si tratta di quel peccato che porta l'uomo a ritenersi dio del creato, a sentirsene il padrone assoluto e a usarlo non per il fine voluto dal Creatore, ma per il proprio interesse, a scapito delle creature e degli altri.
Quando viene abbandonata la legge di Dio, la legge dell'amore, finisce per affermarsi la legge del più forte sul più debole.
Il peccato che abita nel cuore dell'uomo ( cfr Mc 7,20-23 ) – e si manifesta come avidità, brama per uno smodato benessere, disinteresse per il bene degli altri e spesso anche per il proprio – porta allo sfruttamento del creato, persone e ambiente, secondo quella cupidigia insaziabile che ritiene ogni desiderio un diritto e che prima o poi finirà per distruggere anche chi ne è dominato.
Per questo, il creato ha la necessità impellente che si rivelino i figli di Dio, coloro che sono diventati "nuova creazione": « Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove » ( 2 Cor 5,17 ).
Infatti, con la loro manifestazione anche il creato stesso può "fare pasqua": aprirsi ai cieli nuovi e alla terra nuova ( cfr Ap 21,1 ).
E il cammino verso la Pasqua ci chiama proprio a restaurare il nostro volto e il nostro cuore di cristiani, tramite il pentimento, la conversione e il perdono, per poter vivere tutta la ricchezza della grazia del mistero pasquale.
Questa "impazienza", questa attesa del creato troverà compimento quando si manifesteranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamente in questo "travaglio" che è la conversione.
Tutta la creazione è chiamata, insieme a noi, a uscire « dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio » ( Rm 8,21 ).
La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione.
Essa chiama i cristiani a incarnare più intensamente e concretamente il mistero pasquale nella loro vita personale, familiare e sociale, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l'elemosina.
Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di "divorare" tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore.
Pregare per saper rinunciare all'idolatria e all'autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia.
Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell'illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene.
E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità.
Cari fratelli e sorelle, la "quaresima" del Figlio di Dio è stata un entrare nel deserto del creato per farlo tornare ad essere quel giardino della comunione con Dio che era prima del peccato delle origini ( cfr Mc 1,12-13; Is 51,3 ).
La nostra Quaresima sia un ripercorrere lo stesso cammino, per portare la speranza di Cristo anche alla creazione, che « sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio » ( Rm 8,21 ).
Non lasciamo trascorrere invano questo tempo favorevole!
Chiediamo a Dio di aiutarci a mettere in atto un cammino di vera conversione.
Abbandoniamo l'egoismo, lo sguardo fisso su noi stessi, e rivolgiamoci alla Pasqua di Gesù; facciamoci prossimi dei fratelli e delle sorelle in difficoltà, condividendo con loro i nostri beni spirituali e materiali.
Così, accogliendo nel concreto della nostra vita la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, attireremo anche sul creato la sua forza trasformatrice.