Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1947
24 dicembre 1947
La festività Natalizia e l'ormai prossimo Anno Nuovo si annunziano con segni ammonitori, indizi dell'avvenire.
I voti tradizionali, che si scambiano in questa ricorrenza e salgono al cielo in un nembo d'incenso e di preghiera, non possono e non vogliono, nonostante l'intima sincerità dell'amore che li detta, far perdere di vista le condizioni dell'ora presente, in cui l'Europa e il mondo intiero si trovano ad una svolta del loro destino, la cui gravità è indubitabile, il cui sviluppo verso il bene o il male è incalcolabile, le cui conseguenze sono imprevedibili.
Mentre l'anno scorso, in questa stessa occasione, Noi indirizzavamo il Nostro Messaggio Natalizio a tutti i cattolici, e in pari tempo a tutti gli uomini di buon senso e di buon volere; a chi mai sarebbe bastato l'animo di presagire alla umanità, stanca della guerra e affamata di pace, ciò che oggi è una dura e innegabile realtà?
Le campane di Natale continueranno a suonare a festa come da secoli; ma per molti cuori chiusi, amareggiati, turbati, esse suonano nel deserto, ove non svegliano più alcun vivo eco.
Trascorso un altro anno di dopoguerra, carico di miserie e di sofferenze, di delusioni e di privazioni, chiunque ha occhi per vedere e orecchie per udire, deve arrestarsi alla vista di questo fatto doloroso ed umiliante: l'Europa e il mondo - fino alla remota e martoriata Cina - sono oggi più che mai lontani dalla vera pace, da una piena e perfetta guarigione dei loro mali.
dallo stabilimento di un nuovo ordine nell'armonia, nell'equilibrio e nella giustizia.
I fautori della negazione e della discordia, con tutta la schiera di profittatori che trascinano al loro seguito, giubilano al pensiero o alla illusione che la loro ora è vicina.
Gli amici della pace, i promotori di una stabile riconciliazione tra i popoli, hanno invece il cuore stretto dall'ansia davanti al contrasto fra la ricchezza morale e sociale della buona novella di Betlemme e la miseria di un mondo allontanatosi da Cristo.
Ma i veri cristiani, per i quali tutta la vita, il suo lume e il suo pregio, consiste nel sentire cum Ecclesia, conoscono e comprendono meglio di ogni altro il senso e il valore di epoche come la nostra, epoche di dense tenebre e, al tempo stesso, di luce sfolgorante,
ove il nemico di Cristo raccoglie tragicamente una larga messe di anime,
ma ove molti buoni divengono migliori;
ove i cuori generosi si elevano fino all'apice dell'eroismo vittorioso,
ove però anche molti tiepidi e pusillanimi, schiavi del rispetto umano, timorosi del sacrificio, decadono nella mediocrità, degenerano nella viltà, simili a quelli, « che non furon ribelli, – nè fur fedeli a Dio, ma per se foro » ( Inf. 3, 38-39 ).
Nella lotta titanica fra i due spiriti opposti che si disputano il mondo, se l'odio è sufficiente per raccogliere intorno allo spirito del male uomini, cui tutto sembrerebbe dover dividere gli uni dagli altri; che cosa non sarebbe in grado di fare l'amore per adunare in una lega vasta come il mondo tutti coloro, fra i quali la elevatezza delle vedute, la nobiltà dei sentimenti, la comunanza delle sofferenze, hanno intrecciato vincoli ben più forti e stretti delle differenze o divergenze che potrebbero separarli?
Ai milioni di uomini disposti ad aderire a questa lega mondiale, la cui legge di fondazione è il messaggio di Betlemme, il cui Capo invisibile è il Re pacifico apparso nel presepio, rivolgiamo in quest'ora le Nostre fervide esortazioni.
Lo stigma, che porta sulla fronte il nostro tempo e che è causa di disgregazione e di decadimento, è la tendenza sempre più manifesta alla « insincerità ».
Mancanza di veracità, che non è soltanto un espediente occasionale, un ripiego per trarsi d'impaccio in momenti d'improvvise difficoltà o d'impreveduti ostacoli.
No. Essa apparisce al presente quasi eretta a sistema, elevata al grado di una strategia in cui la menzogna, il travisamento delle parole e dei fatti, l'inganno, sono divenuti classiche armi offensive, che alcuni maneggiano con maestria, orgogliosi della loro abilità; tanto l'oblio di ogni senso morale è, ai loro occhi, parte integrante della tecnica moderna nell'arte di formare la pubblica opinione, di dirigerla, di piegarla al servizio della loro politica, risoluti come sono a trionfare ad ogni costo, nelle lotte d'interessi e di opinioni, di dottrine e di egemonie.
Non è Nostro proposito di descrivere qui specificatamente le rovine prodotte da questo torneo d'« insincerità » nella vita pubblica; abbiamo però il dovere di aprire gli occhi ai cattolici di tutto il mondo - ed anche a quanti hanno con Noi comune la fede in Cristo e in un Dio trascendente - sui pericoli che questo predominio della falsità fa correre alla Chiesa, alla civiltà cristiana, a tutto il patrimonio religioso ed anche semplicemente umano, che da due millenni ha dato ai popoli la sostanza della loro vita spirituale e della loro reale grandezza.
Come già Erode, ansioso di far uccidere il bambino di Betlemme, celò il suo proposito sotto la maschera della devozione e si studiò di tramutare i Magi dal cuore retto in spie inconsapevoli; così ora i moderni imitatori di lui mettono tutto in opera per nascondere alle popolazioni i loro veri disegni e farne gli strumenti ignari dei loro scopi.
Ma una volta conquistato il potere e appena sentono di tenerne ben saldamente in mano le redini, essi lasciano a poco a poco cadere il velo e passano progressivamente dalla oppressione della dignità e della libertà umana alla soppressione di ogni sana e indipendente attività religiosa.
Ora Noi chiediamo a tutti gli onesti: Come può l'umanità risanare; come può dagli errori e dalle agitazioni della torbida ora presente sorgere un « nuovo ordine » degno di questo nome, se i confini tra amico e nemico, tra il sì e il no, tra la fede e la Incredulità vengono cancellati e spostati?
La Chiesa, piena sempre di carità e di bontà verso le persone di quei traviati, fedele tuttavia alla parola del divino suo Fondatore, che ha dichiarato: « Chi non è con me, è contro di me » ( Mt 12,30 ), non può mancare al dovere di denunziare l'errore, di togliere la maschera ai « fabbricatori di menzogne » ( Gb 13,4 ), che si presentano come lupi in veste di agnelli ( cfr. Mt 7,15 ), come precursori e iniziatori di un nuovo tempo felice, e di avvertire i fedeli di non lasciarsi stornare dal retto cammino, nè illudere da fallaci promesse.
La Nostra posizione fra i due campi opposti è scevra di ogni preconcetto, di ogni preferenza verso l'uno o l'altro popolo, verso l'uno o l'altro blocco di nazioni, come è aliena da qualsiasi considerazione di ordine temporale.
Essere con Cristo o contro Cristo: è tutta la questione.
Voi ben comprenderete perciò quanto Ci riesca doloroso il vedere una propaganda ostile snaturare i Nostri pensieri e le Nostre parole, esacerbare gli spiriti, impedire i pacifici scambi d'idee, scavare più profondamente la fossa, che separa da Noi tante anime, redente dal sangue e dall'amore del medesimo divino Salvatore.
Nel fondo di tutto ciò si riconosce sempre la stessa duplicità, voluta e freddamente adoperata come l'arma più penetrante contro la giustizia e la verità, per impedire il riavvicinamento, la riconciliazione e la pace.
La inevitabile conseguenza di un tale stato di cose è la scissione della umanità in potenti e contrastanti gruppi, la cui legge suprema di vita e di azione è una fondamentale e invincibile diffidenza, che è al tempo stesso il tragico paradosso e la maledizione del nostro tempo.
Ognuna delle opposte parti si crede obbligata a questa diffidenza come ad una necessità di elementare cautela.
Ed ecco che, per il fatto stesso, una gigantesca muraglia si leva a rendere vano ogni sforzo per ridonare alla sconvolta famiglia umana i benefici di una vera pace.
Non abbiamo forse dovuto, anche nel corso di queste ultime settimane, toccare con mano gli effetti di questa reciproca diffidenza, nel vedere una così importante Conferenza delle Grandi Potenze giungere al suo termine, senza aver conseguito quei progressi essenziali e definitivi nel cammino della pace, che ansiosamente se ne attendevano?
Per uscire da queste strettezze, in cui il culto della « insincerità » ha condotto il mondo, un solo varco è possibile: il ritorno allo spirito e alla pratica di una rettilinea veracità.
Nessuno oggi - a qualunque campo o partito sociale o politico appartenga - che intenda di far valere, nella bilancia del destino dei popoli, per il presente o per il futuro, il peso delle sue convinzioni e dei suoi atti, ha diritto di mascherare il suo volto, di voler apparire quel che non è, di ricorrere alla strategia della menzogna, della costrizione, della minaccia, per restringere, nell'esercizio della loro giusta libertà e dei loro diritti civili, i cittadini onesti di tutti i Paesi.
Perciò, diletti figli e figlie, Noi vi diciamo: Domani celebreremo la Natività di Colui, dalle cui labbra uscì un giorno il grido: « Veritas liberabit vos » ( Gv 8,32 ): la verità ( che è la sua dottrina ) vi farà liberi!
Mai forse questo grido non è risonato più potente che oggi in un mondo affamato di pace, che sente gravare su di sè il giogo della menzogna.
E a Lui, che si è incarnato per essere a tutti « via, verità e vita », risponda la supplichevole preghiera di tutta la Cristianità, affinchè la verità ritrovi il cammino nel cuore dei reggitori dei popoli, di cui un sì o un no può determinare la sorte del mondo, e con la verità rifulga sulla terra non un ingannevole miraggio, ma la stella luminosa della divina pace di Betlemme.
Coloro che volevano assolutamente guadagnare la guerra, erano pronti a tutti i sacrifici, anche a quello della vita.
Chi vuole sinceramente guadagnare la pace, deve essere pronto a sacrifici non meno generosi, perchè ad una umanità percossa, inasprita, nulla costa tanto quanto di rinunziare alle rappresaglie e ai rancori implacabili.
Le ingiustizie e le crudeltà commesse da quelli che scatenarono la seconda guerra mondiale, sollevarono flutti di giusta indignazione, ma al tempo stesso fecero pur troppo maturare i germi di una istintiva inclinazione alla vendetta.
La parte più sana della umanità - anche nelle nazioni maggiormente impegnate nel conflitto - riprovava unanimemente gli eccessi e le atrocità, che una politica caduta nel nichilismo morale non solo praticava nella guerra da lei stessa provocata, ma osava anche giustificare teoricamente.
I fatti e i documenti in appresso venuti alla luce hanno potuto soltanto confermare che gli autori ed esecutori di quella politica sono i primi responsabili della miseria di cui oggi soffre il mondo.
Gli uomini del dopoguerra avrebbero potuto facilmente opporre a quel decadimento la propria superiorità morale: essi hanno sventuratamente in non pochi casi lasciato sfuggire una così opportuna occasione.
È d'uopo riconoscere che la storia della umanità durante i giorni, le settimane, i mesi, che sono succeduti alla fine della guerra, è stata ben lungi dall'essere in tutto gloriosa.
I meritati castighi, inflitti ai grandi colpevoli, avrebbero potuto ispirare scene d'inferno alla penna di Dante; ma il sommo Poeta avrebbe indietreggiato dinanzi alle rappresaglie esercitate contro innocenti.
Le deportazioni forzate, l'assoggettamento a faticosi lavori, sono apparsi a suo tempo come una sfida alle più elementari leggi di umanità, alla lettera e allo spirito del diritto delle genti.
Ed allora chi potrebbe meravigliarsi, se la stessa coscienza, che si era giustamente indignata, quando ha veduto perpetrare tali atti dagli uni, reagisce in egual modo, se li vede commettere da altri?
Chi potrebbe misurare quali nuove miserie morali, familiari, sociali, quali danni all'equilibrio culturale ed economico dell'Europa, e non della sola Europa, saranno per cagionare i forzati e indiscriminati trasferimenti dei popoli?
Quali tristezze per il presente!
Quali angosce per l'avvenire!
Soltanto una più larga ampiezza di vedute, una più saggia e accorta politica da parte degli Uomini, che hanno nelle loro mani la sorte del mondo, potranno apportare una soluzione tollerabile ad un problema altrimenti insolubile!
Onore dunque a coloro che, in tutte le Nazioni, non rifuggono da nessuna privazione e fatica, per affrettare il conseguimento di così nobile scopo!
Ch'essi non si lascino turbare dalle contraddizioni e dalle resistenze, che non potranno loro mancare, e che precisamente in questi giorni sembrano crescere d'intensità per suscitare una nuova guerra dei nervi, per attizzare la discordia, per rovinare gli sforzi dei campioni della unione e della pacificazione!
Sperino essi che prossima sia l'ora, in cui - come Noi confidiamo e domandiamo nelle Nostre preghiere - il Re della pace concederà la vittoria a quelli, che con pura intenzione e con armi pacifiche combattono per la sua causa.
L'umanità dunque non potrà uscire dalle crisi e dalla desolazione presente per incamminarsi verso un più armonico avvenire, se non frenerà e dominerà le forze della divisione e della discordia, grazie ad un sincero spirito di fraternità, che unisca in uno stesso amore tutte le classi, tutte le stirpi e tutte le nazioni.
Se oggi, nella vigilia del Natale, Noi lanciamo un tale invito al mondo intiero, è perchè vediamo questo spirito di fraternità in pericolo di estinguersi e di morire; vediamo le passioni egoistiche prendere il passo sulla sana ragione, i duri procedimenti di sopraffazione e di violenza sulla leale comprensione e i reciproci riguardi, la sprezzante noncuranza dei danni che ne derivano sulla cura assidua del pubblico bene.
La Chiesa, il cui cuore materno abbraccia tutti i popoli con eguale sollecitudine, segue con angoscia questa evoluzione nei conflitti nazionali e internazionali.
Quando la fede in Dio, Padre di tutti gli uomini, comincia a svanire, anche lo spirito di fraterna unione perde la sua base morale e la sua forza di coesione; e quando il senso di una comunanza voluta da Dio e che include reciproci diritti e doveri, regolati da determinate norme, comincia a perire, al loro posto subentrano una morbosa ipersensibilità per ciò che divide, una istintiva inclinazione alla esagerata affermazione dei propri veri o supposti diritti, una talvolta inconsapevole, ma non perciò meno perniciosa trascuranza delle altrui necessità vitali.
Allora è aperta la via alla lotta di tutti contro tutti, lotta la quale non conosce che il diritto del più forte.
Il nostro tempo ha dato pur troppo dolorosi esempi di guerre fratricide, sorte con implacabile logica dal dileguarsi dello spirito fraterno.
Perfino la terra, che aveva inteso il canto degli Angeli annunziante la pace agli uomini, che aveva veduto risplendere la stella del Salvatore, ove il Redentore divino morì crocifisso per la nostra salvezza, quella terra santa con le sue memorie e i suoi santuari supremamente cari ad ogni cuore cristiano, ora scissa, è divenuta il teatro di sanguinosi conflitti.
E non è forse l'Europa stessa, centro di tutta la grande famiglia cattolica, oggi un monito e una prova dello stato al quale la scomparsa dello spirito fraterno può ridurre una parte del mondo già così bella e fiorente?
Essa porta in sè, non ancora cicatrizzate, le ferite inflittele dall'ultima guerra, e già comincia a balenare la luce sinistra di nuovi dissidi.
Ah! se tutti gli onesti si unissero insieme, come vicina sarebbe la vittoria della fraternità umana, e con ciò stesso la guarigione del mondo!
Essi formano già una parte considerevole della pubblica opinione e danno prova di un senso veramente umano e di saggezza anche politica.
Altri invece, non meno numerosi, il cui sì o no ha un notevole peso nell'accelerare o ritardare la pacificazione dell'Europa, prima condizione per altri passi in avanti verso la pacificazione universale, seguono la via opposta.
Temono essi dunque che una Europa risanata, rinvigorita, nuovamente cosciente della sua missione, cristianamente ispirata, voglia espellere dal suo organismo i germi venefici dell'ateismo e della rivolta, vivere una vita propria e libera da malsani influssi stranieri?
È chiaro infatti che una Europa, scossa dai brividi febbrili delle difficoltà economiche e dei torbidi sociali, si lascerebbe più facilmente sedurre dalle illusioni di un inattuabile Stato ideale, che non una Europa sana e chiaroveggente.
Intanto i propagatori di così fallaci propositi si studiano di far proseliti fra gli esaltati e gl'ingenui, per trascinare anche i loro popoli nel sentiero della rovina, che altri hanno già percorso, meno per propria scelta, che sotto la sistematica oppressione delle libertà civili e religiose.
Non abbiamo Noi forse veduto, su questo sacro suolo dell'Urbe, ove la volontà divina ha stabilito la Cattedra di Pietro, i messaggeri di una concezione del mondo e della società umana fondata sulla incredulità e la violenza farsi seminatori di zizzania nella buona terra di Roma e sforzarsi di persuadere i suoi figli ch'essi hanno ideato e attuato una nuova cultura più degna dell'uomo che non l'antica ed eternamente giovane civiltà cristiana?
Essendo le cose giunte a questo punto, è veramente venuto il tempo, in cui ognuno, a cui è cara e sacra l'eredità umana e spirituale dei suoi padri, scuota il sonno dai suoi occhi e si armi di fede e di coraggio, per preservare l'Urbe, madre di civiltà, dal cadere in una condizione religiosa, morale, sociale, che renderebbe, con Nostro vivo rammarico, ben difficile quella solenne celebrazione dell'ormai prossimo Anno Santo, che è nei voti dei cattolici del mondo intiero.
Del resto, se nella odierna ricorrenza le Nostre chiare parole vanno al di là delle frontiere, esse non riguardano che le dottrine negatrici della fede in Dio ed in Cristo, e non certo i popoli o i gruppi dei popoli che ne sono le vittime.
Per questi la Chiesa nutre sempre immutato amore, ed anzi, con tanto maggior tenerezza, quanto più essi soffrono.
Nei giorni della prova, più che nelle ore serene, gli uomini di tutte le nazioni debbono sentirsi fratelli, di quella fratellanza, di cui nessuno ha mai esaltato nè esalterà mai il senso profondo, l'alta missione e la potenza riconciliatrice con tanta forza, quanto « il primogenito tra molti fratelli » ( Rm 8,29 ), che da Betlemme al Golgota ha predicato, col suo esempio più che con le sue parole, quella grande e universale fraternità.
Sul Natale di oggi si addensa una nube oscura.
Mentre l'ansioso anelito di pace diviene nei popoli sempre più intenso, in non minor grado si manifesta nei loro reggitori la impossibilità di soddisfarlo coi mezzi puramente umani.
Gli onesti sforzi degli uni per conseguire una equa pace e il sistematico proposito di altri per intralciarne l'avvento, non suscitano forse in noi l'immagine di un rischioso giuoco di azzardo, da cui dipende la fortuna o la rovina?
Nelle assemblee umane s'insinua inosservato lo spirito del male, « l'angelo dell'abisso » ( Ap 9,2 ), nemico della verità, fomentatore di odi, negatore e distruttore di ogni sentimento fraterno.
Credendo prossima la sua ora, esso mette tutto in opera per affrettarla.
Ciò nonostante, Noi vogliamo chiudere il Nostro Messaggio Natalizio con una incoercibile esortazione alla speranza e alla fiducia.
Se la fede nel Redentore divino muove i cristiani a considerare ogni cosa alla luce della verità, sempre antica e sempre nuova, delle parole che il vecchio Simeone pronunziò sul bambino Gesù presentato al tempio: « Ecco che questi è posto per rovina e per risurrezione di molti … e per segno di contraddizione » ( Lc 2,34 ); noi sappiamo che il numero di coloro, i quali non si straniano da Cristo con la incredulità, che aderiscono a Lui, che son pronti a dare per Lui la vita, che in Lui e nella risurrezione ripongono la loro incrollabile speranza, - sappiamo che questo numero è grande, che cresce e si fortifica, vediamo che essi irradiano la loro energia e il loro benefico influsso in tutti i campi della vita e che altri uomini di buona volontà si uniscono a loro.
A voi tutti perciò, diletti figli e figlie, Noi diciamo: La vostra ora è venuta!
Alle assemblee degli Uomini di Stato un altro invisibile Spirito presiede come Signore sovrano, quel Dio onnipotente, al cui sguardo nulla sfugge e che tiene nelle sue mani i pensieri ed i cuori, per inclinarli a suo piacimento e nell'ora di sua elezione, quel Dio, i cui imperscrutabili disegni sono tutti dettati dal suo amore paterno.
Ma per mandarli ad effetto, Egli vuoi valersi della vostra cooperazione.
Nei giorni di lotta il vostro posto è in prima fila, sul fronte del combattimento.
I timidi e gl'imboscati sono ben vicini a divenire disertori e traditori.
Disertore e traditore sarebbe chiunque volesse prestare la sua collaborazione materiale, i suoi servigi, le sue capacità, il suo aiuto, il suo voto a partiti e a poteri, che negano Dio, che sostituiscono la forza al diritto, la minaccia e il terrore alla libertà, che fanno della menzogna, dei contrasti, del sollevamento delle masse, altrettante armi della loro politica, che rendono impossibile la pace interna ed esterna.
Riportiamoci a tre secoli indietro.
All'Europa, sconvolta da gli orrori della guerra dei Trent'anni, l'anno 1648 apportò finalmente il messaggio della pace, l'aurora della restaurazione.
Pregate e lavorate per ottenere da Dio che l'anno 1948 sia per l'Europa ferita, per i popoli straziati dalle discordie, l'anno del rinascimento e della pace, e che, scacciato lo spirito delle tenebre, l'angelo dell'abisso, si levi sul mondo il sole di giustizia, Gesù Cristo Signor nostro, a cui sia onore e gloria nel tempo e nella eternità.
Ed ora vada la Nostra Benedizione Apostolica, auspicio di grazie e di aiuti divini, a tutti i Nostri diletti figli e figlie, così di questa Nostra città episcopale, come del mondo universo, ma soprattutto a coloro che maggiormente gemono sotto il peso della miseria e del dolore: ai malati, ai poveri, ai lavoratori disoccupati, ai senzatetto, a quanti soffrono la fame e il freddo; a coloro che, avendo perduto, o per le tragiche vicende dell'immane conflitto, o per ingiuria degli uomini, o anche per propri passati errori e colpe, la libertà, la famiglia, la patria, in questa sacra ricorrenza sentono più acuto il morso dello sconforto e dell'angoscia; ai prigionieri di guerra, non ancora restituiti ai loro cari; ai profughi, ai dispersi; in modo particolare a quanti, specialmente sacerdoti, patiscono le persecuzioni, il carcere, l'esilio, le minacce di torture e di morte, perchè fedeli a Dio, a Cristo, alla Chiesa, all'osservanza dei loro doveri.