Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1970
25 dicembre 1970
Questo incontro per lo scambio del saluto augurale natalizio fra voi, ascoltatori presenti e lontani, e Noi, che di Cristo venuto sulla terra siamo testimoni, solleva nel Nostro spirito, come certamente anche nel vostro una domanda assillante, la quale investe totalmente la Nostra missione apostolica, e scuote dalle fondamenta la vostra coscienza di uomini del nostro tempo.
È la domanda che ci interroga tutti:
possiede ancora il cristianesimo una parola adeguata al mondo moderno?
Può oggi ancora il messaggio evangelico corrispondere alla capacità recettiva dell'uomo contemporaneo?
Può esso farsi capire?
e soprattutto: può davvero costituire la salvezza, la pienezza e la gioia delle nuove generazioni?
Noi ci siamo posti continuamente questa complessa e fondamentale questione durante il Nostro recente viaggio in Paesi lontani, davanti a folle innumerevoli, festanti e curiose, e tutte segretamente avide d'avere da Noi una parola rivelatrice, una parola liberatrice, una parola orientatrice.
E la risposta sgorgava spontanea dall'interiore certezza della Nostra fede: sì, Noi abbiamo questa parola vitale, perennemente nuova, perché abbiamo il Vangelo, abbiamo Cristo.
E si ripete in Noi questa risposta con esuberante sicurezza in questa ricorrenza, così che essa si fa annuncio pieno della forza dello Spirito e della speranza profetica per voi che ci ascoltate e per il mondo intero: il Bambino, del quale commemoriamo la nascita nella storia dell'umanità, Gesù, il Figlio di Maria, la Vergine, è altresì il Figlio del Dio vivente, è il Messia, è il Cristo, è il Salvatore, dal Quale tutti i destini umani dipendono; dipendono perché Egli li ha collegati a Sé con un nodo misterioso di infinito amore: la nostra sorte è legata a Lui.
Noi vorremmo oggi alzare la voce e farci sentire nel fondo segreto d'ogni singola coscienza e nel quadro immenso del mondo contemporaneo: Cristo è la Verità che cerchiamo, Cristo è la Vita di cui abbiamo bisogno.
Ma ecco che Noi siamo assaliti da un intimo timore, da un dubbio drammatico: chi ci ascolterà? chi ci capirà?
Non si ripeterà ai nostri giorni l'urto del disegno divino con la sordità di tanti uomini, come dice l'Evangelista Giovanni, citando il profeta Isaia: « Signore, chi ha creduto alla nostra parola? e il braccio del Signore a chi mai è stato rivelato? » ( Gv 12,38; Is 53,1; Rm 10,16 ).
Perché la difficoltà a comprendere Cristo come principio e come causa di salvezza è sempre attuale; un mondo, abituato a misurare la verità della vita secondo la scala di valori temporali, come può accogliere un maestro, un leader, che non solo è Lui umile, debole e povero, ma che predica per tutti l'umiltà, la mitezza e la povertà e che fa del discorso della montagna, in cui i poveri, i miti, i puri, i piangenti, i misericordiosi, gli affamati di giustizia, i perseguitati sono dichiarati beati, il programma del nuovo Regno?
un Regno segnato dal grande stemma della croce e fondato sulla legge del morire per vivere, del dovere cioè e del sacrificio?
e, per di più, come può accogliere Cristo e simpatizzare per lui questo nostro mondo di oggi, così profano, così secolarizzato, così allergico a tutto quanto si manifesta rivestito di carattere sacro e collegato con il mondo trascendente e religioso?
Eppure Noi siamo sicuri di non osare indarno.
Il paradosso d'un Cristo piccolo, inerme e crocifisso, ma luminoso del Verbo di Dio, ch'Egli è, pieno di grazia e di verità e redivivo nella vittoria della risurrezione, si risolverà, anche nel nostro tempo, in un meraviglioso atto di fede, che può scoprire in Lui, in Cristo, colui che
si è curvato dal cielo sulla terra,
si è fatto fratello di tutti,
si è abbassato al livello dell'umanità infima e sofferente,
si è alleato con i ribelli alla ipocrisia e all'ingiustizia,
ha soffiato sentimenti di bontà e di amore nei cuori esulcerati degli uomini,
è andato incontro agli uomini del progresso moderno, di tutto informati, di tutto provvisti, di tutto capaci, ma ignari ed erranti circa le ragioni supreme della vita e inetti a conquistarne la pienezza e la felicità;
ed ha loro detto semplicemente, solennemente: Io sono la via, la verità e la vita; che cosa volete?
Vogliamo essere affrancati dalle illusioni, dalle frustrazioni, dalle ingiustizie, dalle repressioni, alle quali il mondo moderno, mancando alle sue promesse, ci ha sottoposti, dicono i giovani, dicono i diseredati, dicono gli automi del tecnicismo moderno; vogliamo essere persone libere, uomini veri, gente riscattata dalla fame e dalla spirale d'una inguaribile inferiorità.
Sì, risponde l'Uomo degli uomini; venite a me voi tutti che siete nella tribolazione, ed io vi consolerò; Io sono con voi; ma con la fortezza dello spirito, non con la violenza della forza e della passione; solo la sapienza libera il mondo.
Vogliamo fare del mondo una famiglia unica, dicono i sociologi ed i politici; tutto ci porta ad abbassare le frontiere, che separano fra di loro le Nazioni, per ridurle a semplici ripari dei valori propri d'ogni popolo e d'ogni cultura, ma non ostacoli alla comunicazione ormai di dimensioni mondiali, né tanto meno baluardi per appostarvi i nuovi formidabili ordigni di guerra e di distruzione.
Sì, risponde il Maestro; ma voi dovete disintossicarvi del veleno secolare che portate nel sangue dell'egoismo e dell'odio, della lotta sistematica, dell'esclusivismo dell'orgoglio e dell'interesse personale o di classe, e venire alla mia scuola, dove s'insegna a vedere in ogni uomo un fratello, non un rivale, non un nemico; alla mia scuola che fa umani i cuori, sensibili all'altrui bisogno, rispettosi dell'altrui dignità;
Io sono il Maestro della fratellanza e dell'amicizia;
Io sono il perno dell'unità superiore, perché sono la sorgente della carità, dell'amore che ha Dio per principio, per energia e per termine;
in Me tutti potete e dovete essere una sola cosa, l'umanità redenta e riconciliata con se stessa e con Dio il Padre di tutti.
Vorremmo ancora, implorano, talvolta con disperata angoscia, gli uomini d'oggi, avere una speranza vera, una speranza, che non muore col tempo, una speranza, che assicura alle native aspirazioni del cuore, tanto più dilatate e esigenti quanto più l'uomo oggi è colto e progredito, una soddisfazione reale e totale.
Sì, ancora risponde il Cristo, Io sono il Pane della vita; chi mangia di questo Pane vivrà in eterno.
È il piccolo Bambino di Bethleem che effonde oggi il suo silenzioso, ma irresistibile messaggio.
Chi lo ascolterà? chi lo accoglierà?
Voi poveri, voi sofferenti, voi prigionieri, voi profughi, voi smarriti nelle tenebre del male, siete i primi candidati a questa ascoltazione.
E voi non meno, giovani inquieti ed impazienti dei nostri giorni, ma i più desiderosi e i più idonei a suscitare una società nuova, in cui i valori morali e spirituali abbiano il primo posto.
Così pure voi, cercatori e pensatori del mondo scientifico; voi, operatori del mondo economico e politico, non vi accorgete dalle stesse ombre, che si proiettano paurose davanti a noi, che abbiamo Cristo alle spalle?
Ed è così che Noi annunciamo Cristo anche quest'anno; ed è questo il senso dell'augurio che a voi tutti ed al mondo Noi rivolgiamo di « buon Natale ».