Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1971
25 dicembre 1971
Ascoltate la nostra voce, voi tutti, fedeli qua convenuti per ricevere la benedizione del Natale;
Ascoltate il Nostro annuncio, voi tutti collegati in questo felice momento alla parola delle Nostre labbra;
Ascoltate l'eco fedele del messaggio della nascita di Gesù il Cristo, voi tutti abitanti della terra intera, salutata dall'augurio d'una pace nuova!
Si apra l'orecchio d'ogni uomo nel mondo, e accolga la notizia beata, che di secolo in secolo ancor oggi, Natale del 1971, risuona così: « Non temete! Perché io porto a voi l'evangelo, vi annuncio una grande letizia!
destinata a tutto il popolo!
a tutta l'umanità!
Poiché oggi è nato a voi il Salvatore, che è il Cristo Signore! » ( Cfr. Lc 2,10 ).
Questo annuncio, sempre straordinario, non proviene da noi mortali; non lo ha inventato alcun uomo, non lo ha generato alcuna ideologia, alcuna istituzione terrena.
Questo annuncio, che noi qui facciamo riecheggiare, è la voce angelica, che svegliò nella notte gli umili pastori di Betleem, di Giudea, la città di David, e che primi li chiamò all'incontro con l'arrivato Messia.
Noi siamo la testimonianza profetica, che si ripete senza più tacere nella storia dell'umanità, e che, ecco, ancor oggi, si diffonde ai quattro venti verso ogni orizzonte d'ogni spazio abitato in questo privilegiato pianeta, ch'è la terra degli uomini.
È nato il Salvatore!
È venuto il Cristo nel mondo e del mondo!
È Gesù!
Non temete!
Non temete più!
Come il sorgere del sole fuga le tenebre della notte, così questa meravigliosa notizia, captata dai misteri del cielo, un cielo più profondo e più alto di quello sidereo ( Cfr. Ef 3,18 ), dissipa il dubbio, placa il timore, scioglie l'ansia, purifica l'atmosfera oscura e pesante, in cui sospira più che non respiri l'uomo tormentato, nel breve e affannoso momento della sua esperienza naturale, dall'incertezza problematica, che dappertutto lo circonda, questa notizia viene da quel cielo che egli avido di verità e di vita, disperatamente desidera e che vagamente intuisce dovere essere il suo proprio destino.
Udite, udite, uomini del pensiero, udite, uomini dell'azione!
e voi, uomini della fatica, uomini della povertà, della schiavitù e del dolore, udite: è venuto fra noi e per noi il Salvatore!
Credetelo!
È venuto il Salvatore del mondo!
Noi sentiamo, quasi ad interrompere il nostro discorso, lo strepito delle interrogazioni e delle obiezioni, che sorgono da ogni parte del mondo e da ogni spirito: Che cosa significa Salvatore?
E chi è colui che si arroga tale titolo iperbolico?
E come può mai venire dal presepio di Betleem un uomo, un essere così prodigioso che sappia svelare i segreti della nostra esistenza, che possa guarire la serie senza fine dei nostri malanni, che abbia virtù di fare in se stesso la sintesi d'ogni nostra vicenda, e soddisfare alla fine le nostre insaziabili speranze?
Chi è?
È sogno?
È mito?
Oh, non può essere!
Così risponde la folla umana all'annuncio della salvezza?
Anzi, oggi più che mai insorge ed incalza e dichiara: non abbiamo bisogno di codesta salvezza, non conosciamo cotesto Salvatore, non lo vogliamo riconoscere! ( Cfr. Lc 19,14 )
Non è così che si atteggia il nostro odierno radicale secolarismo?
La nostra superba e intollerante autosufficienza?
Non bastò la voce apostolica, non bastò il sangue dei martiri, non bastò la sapienza d'un'intera civiltà che si qualificò cristiana, non bastò una storia intera, vestita di santità, di bellezza e imbevuta da costume nostro ed umano, a conservare nella città moderna, non già una regalità temporale ch'Egli non ambisce, ma un'affettuosa ospitalità spirituale al Cristo dei secoli; e come all'ora della sua nascita per la Madre Maria, che lo portava in seno, così ai nostri giorni per la Madre Chiesa, che lo genera alla nuova società, la sentenza è segnata: « Non vi è posto per lui. Sia emarginato! » ( Cfr. Lc 2,7 ).
Fratelli tutti! pensate.
Non è questo per noi il momento di fare l'apologia del nostro Salvatore Gesù, il Cristo.
Ma crediamo che voi stessi dovreste essere in grado di farla, e di convertire in testimonianza per lui sia la coscienza della finale insufficienza dell'uomo a raggiungere una statura degna di lui, sia il ricordo dell'eredità cristiana, che tutti dobbiamo sentirci fieri ed uniti insieme, responsabili cioè, di dire ancora nostra ( Cfr. Mt 11,21 ).
Fratelli tutti!
È venuto il Cristo, oggi nostro Salvatore, domani nostro Giudice.
Non lo respingiamo!
Non lo ignoriamo!
Come i pastori, dopo l'annuncio, diciamo a noi stessi: andiamo a vedere di che cosa si tratta ( Cfr. Lc 2,15 ).
Apriamo a Lui, Cristo, la porta della nostra coscienza, della nostra vita personale, familiare, sociale.
Egli non viene per togliere, ma per dare!
non viene per ingombrare la stanza della nostra libertà, della nostra attività, della nostra umanità.
Viene piuttosto per illuminarla, per allargarla, per allietarla questa stanza della nostra vita che, a ben guardarla, ha proprio bisogno, sotto ogni aspetto, di questo misterioso piccolo Ospite, Gesù.
ApriteGli la porta, apriteGli il cuore; affacciatevi, e ascoltate la Sua parola; che cosa dice?
Dice oggi così: « Beato colui che non si sarà vergognato di me! » ( Mt 11,6 ).
« Beato … chi ascolta le parole di questa profezia » di Cristo Salvatore ( Cfr. Ap 1,3 ).
Beato, sentite?
Ed è questa beatitudine che in nome Suo vuole ora portare a tutti la Nostra Apostolica Benedizione.
A tutti coloro che ci ascoltano, di espressione italiana: Buon Natale, con l'augurio della pace e del gaudio di Cristo!