Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1974
25 dicembre 1974
Fratelli e Figli di Roma e del mondo!
Come è bello, come è grande, come è profetico ripetere, in quest'ora benedetta e da questo luogo prescelto, l'annuncio felicissimo della voce angelica: « Non temete, perché io vi reco una buona novella - il Vangelo per eccellenza! - una buona novella di grande allegrezza per tutto il popolo.
Oggi, nella città di David, a Betlem, vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore! » ( Lc 2,10-11 ).
Annuncio gioioso,
annuncio storico,
annuncio liberatore,
annuncio messianico, che apre il cielo, ne dischiude la via, ne lascia intravedere la misteriosa, soprannaturale profondità;
e annuncio incomparabile, che inonda la terra di pace e di gaudio!
Come per noi è motivo d'intima e mistica letizia il ministero apostolico, che ci fa ripetere non solo l'eco, ma l'inneggiante parola di questo fatidico messaggio, così vorremmo che fosse per voi, per voi tutti fedeli, o alla fede chiamati, fonte di felicità e di speranza.
È la liturgia inaugurale, cosmica e ineffabile, che celebra in canto l'alleanza nuova fra l'Iddio dell'eternità e gli uomini della storia, fra il cielo ed il mondo, fra la gloria del regno, ancora per noi invisibile e venturo, e la scena terrestre, splendida e tormentata, nella quale noi tutti viventi e pellegrini nel tempo, per un'ora fugace, siamo responsabili e fortunati protagonisti.
Noi dobbiamo imprimere nei nostri animi questo momento beato, rivelatore della verità, religiosa ed esistenziale della nostra vita, il quale, come un lampo luminoso, ci lascia vedere il panorama dell'autentica situazione umana e il traguardo offerto ai nostri destini.
Cioè, Fratelli tutti, partecipi d'una medesima trascendente vocazione, noi dobbiamo di questa chiaroveggente e provvidenziale visione natalizia fissare in noi la sapiente lezione.
Il Natale è la prima, grande pagina del pensiero cristiano.
Lo dobbiamo per fugare le tenebre della notte, nella quale fatalmente siamo sommersi, nonostante gli innumerevoli sforzi, tra cui molti validi e notevoli, di accendere qualche lume d'intelligenza e d'intuito sul sentiero oscuro e infido dei nostri passi.
Ma ecco il Natale.
È venuto il Messia, cioè la guida, il Maestro; ecco Gesù, il Salvatore, che ci rivela il Padre!
Il Padre dico, cioè la Bontà vigile, sapiente, amorosa, il Dio vivente.
Ed ecco allora una seconda rivelazione, personificata in Cristo Gesù, sull'umanità, sulla storia, sulla società, su ciascuna delle nostre esistenze.
Quanto, quanto finalmente sappiamo!
non tutto, certamente; ma forse fin troppo sappiamo.
Teologia e umanesimo sono quaderni d'incomparabile sapienza, che, a saperli scoprire, formano la culla in cui riposa il Bambino Gesù.
Questo noi vogliamo oggi richiamare alla vostra meditazione, alla vostra devozione:
qui e così è il cristianesimo;
e qui e così è la nostra scienza vitale;
qui e così è la nostra fede!
E noi fortunati, se sappiamo risolvere la sempre incombente difficoltà, che oppone la fantastica e iperbolica figura, in cui noi avevamo delineato e forse ancor oggi delineiamo, un profilo imperiale della divinità fatta umanità, all'umile, povera, inerme, silenziosa figura del Figlio di Dio fattosi Figlio dell'uomo.
Fortunati, diciamo, e proprio noi, alunni d'una società così detta neoumanistica, nella quale, con stridenti contrasti che erigono in formule rigidamente istituzionalizzate i conflitti di nazioni, di razze, di classi, di personali o particolari interessi, si affermano tuttavia le dinamiche idealità dei diritti umani, dell'eguaglianza, della solidarietà e della pace, fortunati se sapremo scorgere nella piccolezza di Cristo bambino, crocifisso domani, l'uomo per eccellenza, il « primogenito d'ogni creatura » ( Col 1,15 ), il fratello di tutti, l'avvocato dei poveri, l'amico dei piccoli, il compagno dei sofferenti, il redentore dei peccatori, in una parola, il nostro salvatore.
Modello e maestro, ricordiamolo.
E a Lui, mediante la nostra opera ministeriale ed apostolica, chiediamo allora per l'Anno Santo inaugurato una rigeneratrice Benedizione.