Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1975
25 dicembre 1975
Fratelli e Figli di Roma e del mondo!
Ecco, io vi annunzio una grande gioia, che è di tutto il mondo: è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore ( Cfr. Lc 2,10.50 ).
Noi facciamo nostra questa voce angelica, risuonata nella notte fatidica della nascita di Gesù a Betlemme, e la rilanciamo nel mondo.
Sì, il Natale di Cristo si rinnova perennemente nel tempo; e da quando l'incomparabile evento, maturato da secoli nel pensiero di Dio ( Cfr. Ef 1,4 ), è apparso sul quadrante della storia, la vicenda umana vi attinge il suo disegno universale, vi scopre il suo significato permanente, vi scruta i suoi destini finali.
Nel piano totale del genere umano il Natale del Signore segna una data perenne; e la Chiesa fa bene a celebrare ad ogni ciclo solare, non solo la memoria lontana del singolare ed ineffabile avvenimento, la venuta del Verbo vivente stesso di Dio fra gli uomini, uomo lui stesso, l'Incarnazione cioè, ma fa bene a rievocarne la sua ormai acquisita attualità: la terra è tuttora la patria di Cristo, del Figlio di Dio fattosi Figlio dell'uomo, che, sottratto ora alla nostra conversazione sensibile, rimane tuttavia,
per una nostra instancabile ricerca,
per una nostra inesauribile beatitudine,
per una nostra indefettibile attesa escatologica, silenziosamente, umilmente, ma realmente, come nel presepio, rimane con noi e per noi.
Egli lo disse categoricamente al momento del suo congedo dalla scena sperimentale di questo mondo, quando promise: « Ecco, Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo » ( Mt 28,20 ).
Il Natale, il mistero stupendo dell'Incarnazione, la festa dell'Emmanuele, del Dio fra noi ( Mt 1,23 ), segna la palingenesi della storia.
La nostra fede vi ha il suo cardine; la nostra concezione dell'enigma umano la sua unica chiave d'interpretazione; e per noi, figli d'un secolo predisposto a sovrapporre l'antropologia, cioè l'interesse umano, alla teologia, cioè alla contemplazione dell'Essere divino, vi ha una legittima stazione del nostro itinerario spirituale, la formula soddisfacente e definitiva: nella venuta di Cristo nel mondo è la salvezza; il suo nome è Gesù, che vuol dire Salvatore ( Cfr. Mt 1,21 ).
Ed ecco allora, sfolgorante come un vessillo, issato sulla faccia della terra, e per ogni tempo della vita umana, il nome di Gesù Cristo, Salvatore del mondo ( Cfr. At 3,25 ).
Noi lasceremo ancora gridare a San Pietro, da questo foro delle genti, che gli è a buon diritto intitolato: all'infuori di Gesù Cristo, « non vi è altro nome dato all'umanità sotto il cielo, nel quale … noi possiamo essere salvati » ( At 4,12 ).
Gesù, Gesù! erompe lo spirito di chi ha accolto, di chi ha compreso il Natale: Gesù,
Tu sei il Cristo,
Tu la salvezza,
Tu la verità,
Tu la fortezza,
Tu la beatitudine,
Tu la gloria,
Tu la vita del mondo!
Tu solus Sanctus.
Tu solus Dominus.
Tu solus Altissimus, Iesu Christe!
sclameremo, come il Popolo di Dio canta celebrando i santi misteri della Messa.
Ma qui il nostro lieto annuncio natalizio suscita un nuovo dramma.
Un dramma nel quale noi tutti siamo coinvolti, come vigorosamente ci ricorda San Paolo: chi mai crede a ciò che ascolta da noi? ( Rm 10,16 ) chi accoglie la nostra evangelizzazione?
Il frastuono soverchiante delle mille voci, che riempiono l'atmosfera della vita moderna, con i potenti megafoni dei famosi mezzi delle comunicazioni sociali,
ovvero con il suggestivo incantesimo delle immagini e dei suoni che trasferisce il linguaggio dal regno del pensiero a quello dei sensi,
oppure il narcotico imponderabile, ma formidabile della pressione dell'opinione pubblica e della propaganda politica, che quasi insensibilmente priva la libertà personale del suo attivo esercizio per sostituirvi quello passivo di un altrui dominio,
vi consente ancora, Fratelli e Figli, di distinguere e di afferrare la flebile, la dolce, la vera onda dello Spirito, la voce vibrante del Vangelo di Cristo, l'eco del grido profetico che sale dal deserto ( Mt 3,3 );
ovvero il Verbo arcano che, a bene ascoltare, risuona nel silenzio interiore dei cuori, non è più avvertito?
e quasi temuto e soffocato, come il richiamo ad una verità, che si preferisce ignorare?
A questo punto si pone un fatto nuovo, che a noi pare, proprio in questo anno di grazia, altrettanto autentico che consolante:
qualcuno ascolta!
qualcuno sa cogliere l'annuncio della buona novella, come un messaggio rivelatore e rinnovatore.
Chi sono questi inattesi, e pur predestinati uditori del Verbo segreto e risolutivo?
Sono i giovani, a noi pare.
Siete voi, giovani, nella cui generazione si è svelato, quasi con impeto sovversivo, il disinganno della capziosa, della insufficiente almeno, sapienza delle generazioni a voi precedenti, quelle che vi hanno inoculato l'insania della guerra per la potenza, del materialismo come sola giustizia, del piacere come torbida norma prevalente sui doveri ed i destini superiori della vita.
Il vuoto vi ha devastato, giovani; ed un anelito intimo e potente vi ha riportato quasi inconsciamente nel circuito d'un invito, che non si può respingere: « Venite a me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, e Io vi ristorerò » ( Mt 11,28 ).
Il dramma è a questo punto preciso, del sì o del no, della generazione che sale, e che dimostra l'intuito d'un possibile e felice incontro con Cristo.
Egli parla, anche dal suo presepio, col suo accento inconfondibile, penetrante e soave: « beati coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la osservano » ( Lc 11,28 ).
Voglia Iddio che dalla nuova gioventù, e che da noi tutti, figli della Chiesa, e cittadini del mondo, sia accolto come frutto dell'Anno Santo questo Verbo d'un inesauribile « buon Natale ».