Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1976
25 dicembre 1976
Uomini Fratelli!
« Il Verbo di Dio si è fatto uomo, ed ha abitato fra noi »! ( Gv 1,14 )
Questo è l'avvenimento che oggi noi ricordiamo, perché esattamente, splendidamente storico, e che noi sempre celebriamo, perché esso investe i destini dell'intera umanità.
E fra tutti siamo pur noi, umili e gioiosi, e quanti dalla penombra d'una inquieta civiltà, magnifica e incantatrice, ma spesso dimentica della sua trascendente e irrevocabile vocazione, sollevano il capo al bagliore radente e irradiante del Fratello, apparso lontano nel tempo, ma vicino in una perenne presenza ( Cfr. Mt 28,20 ), il Quale si è definito, ed è la luce del mondo ( Gv 8,12; Gv 12,46 ), Cristo Signore.
Sì, perché questo è il Natale.
Ma esso ancora non ci disvela tutto il suo adorabile mistero in questa « agora » tumultuosa, ch'è il mondo, e che tenta nella sua oscurità di rivelare noi a noi stessi.
Il Natale è festa dell'umanità proprio perché l'Uomo Cristo Gesù ( 1 Tm 2,5 ) è giunto fra noi, Lui redentore, fratello, maestro, pastore, giudice, colui che tiene le chiavi delle nostre sorti supreme ( Ap 3,7 ), per la nostra salvezza.
Noi gli andiamo incontro, cantandogli la sua gloria, ricordando che la sua gloria, come dice una celebre parola di Sant'Ireneo riferendosi a Dio, « è l'uomo vivente » ( S. Irenaei Adv. Haereses, IV, 7: PG 7, 1037 ).
L'umanesimo cristiano s'inaugura così col Natale del Figlio di Dio fattosi Figlio dell'uomo ( Cfr. S. Augustini Sermo 184 ).
Salutando la nascita del nuovo primogenito del genere umano ( Cfr. Col 1,15; Rm 8,29; etc. ), gridando insieme il nostro evviva all'umanità che in Cristo trova il suo Capo.
Fratelli, onoriamo nel Natale di Cristo la vita nascente dell'uomo!
essa è creatura di Dio, stampata a sua immagine e somiglianza ( Gen 1,26 ),
concepita nell'amore che fa di due esseri, l'uomo e la donna, una vita sola ( Mc 10,8 ),
generata, sì, non senza afflizione materna, ma poi per la gioia del mondo ( Cfr. Gv 16,21 ).
Onoriamo l'infanzia, creatura anch'essa di Dio, letizia della società, e chiamata alla misteriosa rinascita del battesimo pegno della vita che non morrà.
Onoriamo la Donna, pari per dignità all'uomo, chiamata alla bellezza e all'amore privilegiato della verginità consacrata, o più sovente a quello pur sacrosanto della vita coniugale e al ministero incomparabile della maternità.
Onoriamo il Fanciullo, a cui è fratello il giovane Gesù, che « cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini » ( Lc 2,51 ).
Onoriamo l'Uomo nella pienezza dell'età virile, che in Gesù trova il tipo esemplare del lavoro, della convivenza sociale, della sapienza veggente oltre la scena dei sensi e dei fenomeni temporali.
Onoriamo nella sua infermità, la quale ebbe da Cristo il soccorso dell'umana pietà, della cura taumaturgica ed il carisma del merito che a Lui Crocifisso la assimila e la valorizza.
Onoriamo l'umanità, decaduta e peccatrice, per cui l'amore rigeneratore di Cristo ebbe la sua, a noi quasi inconcepibile, preferenza e riservò la sua ammirabile riabilitazione.
Onoriamo l'uomo, chiunque sia, nel quale le sembianze dell'immagine divina di Cristo si rispecchiano dove maggiore è il bisogno di conforto e di aiuto ( Mt 25,31-46 ).
Onoriamo l'uomo che avanza nella conquista della terra e dell'universo; a tanto Dio l'ha destinato ( Gen 1,28-29 ).
E onoriamo finalmente la vita defunta nella giustizia, a cui Cristo garantisce la sua pace e la sua prodigiosa risurrezione.
Questo è il nostro umanesimo, quello della nostra vita candidata alla sua pienezza, alla sua terminale felicità, vittoriosa un giorno sopra la morte, e destinata a fare misticamente corpo con Cristo in una realtà, che sorpassa ogni aspettativa ( 1 Cor 2,9 ).
Non è più questo l'umanesimo meraviglioso dei secoli scorsi, ideale di quanti lo hanno sognato ed espresso rievocando una tramontata classicità.
Non è nemmeno quello che urge su tanti spiriti del nostro tempo, inebriati dalla illusione di poter generare un umanesimo che scaturisca solo dal progresso scientifico e dall'evoluzione sociale, dimenticando due cose su cui l'esperienza ammonisce a riflettere: l'insufficienza innata dell'uomo ad essere in se stesso perfetto, e l'inestinguibile sete che lo destina a trovare in Dio l'infinito complemento di cui egli ha costituzionalmente bisogno ( Cfr. S. Augustini Confessiones, 1 c. ).
Ripetiamo il nostro evviva, il nostro augurio all'umanità: perché « oggi le è nato un salvatore, che è il Cristo Signore » ( Lc 2,11 ).
Nel nome di Lui noi ora vi daremo una cordiale Benedizione, che accompagniamo con i nostri auguri.