Messaggio Urbi et Orbi di Natale 1979
25 dicembre 1979
1. "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis" ( Is 9,5 ).
Con queste parole desidero salutare oggi, in questo giorno tanto solenne, la Chiesa e la Famiglia Umana.
Ecco, ci incontriamo nel giorno della Nascita.
Nasce il Bambino.
Nasce il Figlio.
Nasce dalla Madre.
Durante nove mesi, come ogni neonato, è stato legato al suo seno.
Nasce dalla Madre nel tempo e secondo le leggi del tempo umano della nascita.
Dal Padre è nato eternamente.
È Figlio di Dio.
È il Verbo.
Egli porta con sé nel mondo tutto l'amore del Padre per l'uomo.
È rivelazione della divina "Filantropia".
In lui il Padre dà se stesso ad ogni uomo, in lui viene confermata l'eterna eredità dell'uomo in Dio.
In lui viene rivelato, fino alla fine, l'avvenire dell'uomo.
Egli parla del significato e del senso della vita umana, indipendentemente dalla sofferenza o dall'handicap che potrebbero gravare su questa vita, nelle sue dimensioni terrestri.
Tutto ciò egli annuncerà col suo Vangelo.
E alla fine con la sua Croce e la sua Risurrezione.
Tutto ciò annuncia già adesso con la sua Nascita.
2. "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis".
Oggi i nostri cuori raccolti presso di lui, presso il Neonato a Betlemme, si concentrano, contemporaneamente, su ogni bambino, su ogni fanciullo umano, su ogni uomo nuovo, nato, da genitori umani.
Su quello che deve nascere, e su quello che è già nato sul lattante, prima, poi sul piccino che incomincia a fare i primi passi, a sorridere, a parlare, a comprendere.
Ed ancora su quello che si prepara ad andare a scuola, come su quello che nella scuola si forma alla vita.
Natale è la festa di tutti i bambini del mondo, di tutti, senza differenza di razza, di nazionalità, di lingua, d'origine.
Cristo è nato a Betlemme per tutti loro.
Rappresenta tutti loro.
Di tutti e insieme di ciascuno ci parla il suo primo giorno su questa terra; il primo messaggio del Bambino di una povera Donna; della Madre che, dopo la nascita, "lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" ( Lc 2,7 ).
Ed è necessario che questo messaggio del Bambino, il messaggio del Neonato, risuoni con particolare chiarezza alla fine di quest'anno che, per iniziativa dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, tutta la famiglia umana celebra come l'Anno del Fanciullo.
3. Quel Bambino, nato a Betlemme, parli quindi, alla fine di quest'anno e alla soglia dell'anno nuovo, dei diritti di ogni bambino, parli della sua dignità, del suo significato nella nostra vita: nella vita di ogni famiglia e nazione, nella vita di tutta l'umanità.
Il bambino è sempre una nuova rivelazione della vita, che è data all'uomo dal Creatore.
È una nuova conferma dell'immagine e della somiglianza di Dio, impresse sin dall'inizio nell'uomo.
Il bambino è pure una grande e continua verifica della nostra fedeltà a noi stessi.
Della nostra fedeltà all'umanità.
È una verifica del rispetto per il mistero della vita, nel quale sin dal primo momento del concepimento il Creatore inscrive l'impronta della sua immagine e della sua somiglianza.
La dignità del bambino richiede, da parte dei genitori e della società, una vivissima sensibilità di coscienza.
Poiché il bambino è quel punto nevralgico intorno al quale si forma o si spezza la morale delle famiglie e, in seguito, la morale delle nazioni intere e delle società.
La dignità del bambino richiede la massima responsabilità dei genitori e anche la massima responsabilità sociale in ogni settore.
4. Alcuni mesi fa ho avuto l'onore di parlare davanti all'Organizzazione delle Nazioni Unite a Nuova York.
Mi permetto anche oggi di ripetere le parole che ho pronunciato in quel discorso: "Desidero … in presenza dei rappresentanti qui riuniti di tante nazioni del globo, esprimere la gioia che per ognuno di noi costituiscono i bambini, primavera della vita, anticipo della storia futura di ognuna delle presenti patrie terrestri.
Nessun Paese del mondo, nessun sistema politico può pensare al proprio avvenire diversamente se non tramite l'immagine di queste nuove generazioni che dai loro genitori assumeranno il molteplice patrimonio dei valori, dei doveri, delle aspirazioni della nazione alla quale appartengono, insieme con quello di tutta la famiglia umana.
La sollecitudine per il bambino, ancora prima della sua nascita, dal primo momento della concezione e, in seguito, negli anni dell'infanzia e della giovinezza è la prima e fondamentale verifica della relazione dell'uomo all'uomo.
E perciò, che cosa di più si potrebbe augurare a ogni nazione e a tutta l'umanità, a tutti i bambini del mondo, se non quel migliore futuro in cui il rispetto dei Diritti dell'Uomo diventi una piena realtà nelle dimensioni del Duemila che s'avvicina?
Ma in tale prospettiva dobbiamo chiederci se continuerà ad accumularsi sul capo di questa nuova generazione di bambini la minaccia del comune sterminio i cui mezzi si trovano nelle mani degli Stati contemporanei, e particolarmente nelle maggiori Potenze della terra.
Dovranno forse ereditare da noi, come un patrimonio indispensabile, la corsa agli armamenti?" ( Giovanni Paolo II, Allocutio ad Nationum Unitarum legatos, nn. 21-22, 2 ottobre 1979 ).
5. E adesso, dalla sala delle riunioni dell'ONU, torniamo alla stalla di Betlemme.
Fermiamoci, ancora una volta, davanti alla mangiatoia.
E diciamo, rivolgendoci a quel Bambino Neonato, a tutti i Bambini sulla terra: siete il nostro amore, siete il nostro futuro!
Vogliamo trasmettervi tutto ciò che possediamo di meglio.
Vogliamo trasmettervi un mondo migliore e più giusto: il mondo dell'umana fratellanza e della pace.
Vogliamo trasmettervi il frutto del lavoro di tutte le generazioni e l'eredità di tutte le culture.
Vogliamo trasmettervi, soprattutto, quella suprema Eredità, quel Dono inesauribile, che a noi uomini, ha portato il Bambino nato a Betlemme!
Venite tutti a lui!
Tutti i bambini dell'intera famiglia umana!
Cantate in tutte le lingue e in tutti i dialetti!
Cantate al Neonato!
Annunziate la gioia! Annunziate la grande gioia!
La gioia della vostra Festa.