Messaggio Urbi et Orbi Pasquale 1968
14 aprile 1968
Fratelli e Figli e Uomini amici, che Ci ascoltate!
Voi già conoscete con quale grido si pronunci oggi il Nostro messaggio: Cristo è risorto.
Un immenso eco risponde a questo annuncio: noi pure, uniti a Cristo, risorgeremo.
Quale sia la realtà di questa duplice voce è meraviglia, è dovere, è gaudio meditare.
Non lasciamo che essa passi sulle nostre teste, senza che il pensiero, il cuore la accolgano, ed avvertano come essa sconvolga le concezioni naturali della nostra esperienza, e introduca nel nostro modo di pensare e di vivere una formidabile e magnifica novità.
È la novità cristiana, cioè la nuova vita divina, che scorre nelle vene dell'uomo redento.
Meditare questo supremo avvenimento, e scoppiare nell'inno dell'Alleluia, d'un sentimento che supera ogni intendimento, mentre esclude ogni incertezza, viene da sé; di questa esaltazione di spirito sia pieno il tempo pasquale che noi oggi abbiamo inaugurato.
Un aspetto di questo fatto: la risurrezione di Cristo e nostra Noi vogliamo a voi ricordare: è un fatto di potenza, anzi di onnipotenza divina.
Non basta l'impiego delle cause naturali a darvi origine, a concedergli almeno un'apparenza di probabilità.
La morte è tal cosa, esercita un tale disastroso dominio, che sembra assurdo supporne la sconfitta.
Eppure così è stato in Gesù: morto, sepolto, e poi, all'alba del terzo giorno, risorto e glorioso.
Così sarà di noi, se avremo in Lui, con la fede, con la grazia, con l'onestà della nostra condotta, innestata nella sua vita immortale la nostra mortale.
La nemica, la grande nemica sarà vinta alla fine ( cfr. 1 Cor 15,26 ).
La vittoria del Figlio di Dio sulla morte
Questo avvenimento prodigioso, già perfetto in Cristo, già comunicato alla sua Madre santissima, a noi invece promesso nella sua completa realtà e fin d'ora partecipato in una sua mistica e morale efficienza, infonde nel mondo, anche profano, il senso della vittoria possibile nel campo delle cose impossibili, la speranza di quelle novità che possono rigenerare la storia dell'uomo.
Non è da Noi pensare alle mutazioni sbalorditive, che la conoscenza approfondita della natura e l'arte paziente e meravigliosa di trarne profitto possono produrre nel nostro secolo; non è di Nostra competenza il regno delle cose.
Noi pensiamo al regno degli spiriti umani.
Noi pensiamo al mondo interiore dei cuori, dove sembra tentativo vano introdurre novità veramente operanti e rinnovatrici, quelle novità che vincano la naturale gravità dell'uomo verso le sue congenite debolezze, verso le sue ricorrenti e risorgenti cattiverie, verso le sue ataviche e moderne deformazioni del concetto vero della vita e dei suoi superiori destini.
Noi pensiamo ad una continua e progressiva rigenerazione dell'uomo.
Noi abbiamo un'invincibile fiducia nella sua perfettibilità.
La risurrezione di Cristo, inaugurazione vittoriosa della sua contestata, ma salvatrice regalità, Ci autorizza a sperare che lo sforzo caratteristico dell'uomo moderno, rivolto alla tenace conquista del regno della creazione ( Gen 1,28 ), avrà anch'esso dall'alto, cioè dal regno di Cristo, che pur non è di questo mondo, un contributo di luce, una testimonianza di verità ( Gv 18,37 ) che conforterà l'opera dell'uomo, alle volte stanco e alle volte aberrante, a perseverare e a progredire senza posa verso l'autentico perfezionamento umano.
Noi speriamo cioè che la virtù della risurrezione di Cristo possa, in qualche misura, essere infusa anche nella caducità della vicenda temporale dell'uomo.
Non crediate astruso questo modo di pensare.
Non giudicatelo lontano dalla realtà storica dei nostri giorni.
Voi potete piuttosto facilmente indovinare dove ora corre il Nostro pensiero.
Corre dove i voti del mondo civile sono oggi rivolti, alla pace, alla difficile pace di quel lembo estremo di terra asiatica, dove la guerra pare non poter finire mai, e dove lo scontro delle più grandi Potenze tiene sospeso il respiro del mondo nell'angoscioso timore d'un gigantesco conflitto, che tutti coinvolga in spaventosa rovina.
Ebbene sia lecito a Noi fugare, in questo giorno di vita e di speranza, nel nome di Cristo risorto, l'incubo di quella persistente minaccia; sia lecito scongiurare tutte le parti in causa a entrare risolutamente in pensieri di tregua militare e di trattative onorevoli e leali.
Noi guardiamo avidamente, e voi tutti con Noi, ai sintomi promettenti di una prossima intesa tra i popoli in lotta, e li accompagniamo con l'augurio, reso suadente dalla Nostra assoluta neutralità e dalla Nostra appassionata affezione per le Nazioni in causa e soprattutto per le popolazioni sofferenti, l'augurio che questi primi passi giungano presto a buon fine.
Si trasformi la prova di forza in gara di generosità; vinca non una presunta giustizia delle armi, ma la giustizia consapevole dei diritti reciproci alla libertà e dei bisogni comuni di lavoro e di pace; si trasformi il sentimento d'emulazione e di odio in proposito di perdono e di fratellanza.
Il mondo ha avuto una scossa paurosa dai recenti conflitti nell'estremo Oriente e nel medio Oriente, come pure in terra d'Africa, nel suo sistema costruttivo della concordia mondiale: risorgano invece i grandi ideali della organizzazione ordinata e pacifica del mondo; non trionfi lo scetticismo circa l'inettitudine costituzionale dell'umanità a progredire nella libertà, nella giustizia e nella pace: ma si confermi la speranza e, con la speranza, l'azione risolutiva dei conflitti presenti e preventiva d'altri futuri.
Ed un altro auspicio, fra i tanti che il bene della umanità suggerisce, vogliamo vivificare col carisma pasquale, quello dell'affermazione più chiara, più autorevole, più operante dei Diritti dell'uomo, alla quale affermazione quest'anno il mondo civile dedica una speciale e solenne celebrazione.
Dopo l'infausto, ma ammonitore episodio dell'uccisione, che tanto ha commosso il mondo, ottima cosa sarebbe se i grandi e chiusi egoismi collettivi, come il razzismo, il nazionalismo, l'odio di classe, il predominio dei popoli privilegiati su altri più deboli avessero ad aprirsi alla coraggiosa e generosa avventura dell'amore universale.
Con quale autorità osiamo Noi pronunciare questi presagi?
Con l'autorità di chi ama e di chi crede.
La Pasqua Ce ne dà intimo sentimento, e avvalora gli auguri che a voi tutti, a chi soffre per le lotte in corso, a chi lavora per risolvere in bene le questioni mondiali pendenti, all'umanità intera, in nome di Cristo risorto, con la Nostra Benedizione Noi presentiamo.