Sacrum diaconatus
Fin dal tempo degli Apostoli, la Chiesa cattolica ebbe in gran venerazione l'ordine sacro del diaconato, come ne fa fede lo stesso san Paolo il quale espressamente porge il suo saluto oltre che ai vescovi anche ai diaconi ( Cf Fil 1,1 ) e a Timoteo insegna quali virtù e pregi si richiedono in essi perché siano ritenuti degni del loro ministero ( Cf 1 Tm 3,8-13 ).
Inoltre, il Concilio Ecumenico Vaticano II, nel rispetto di tale antichissima tradizione, rese attestato d'onore al diaconato nella Costituzione Lumen Gentium, laddove, dopo essersi occupato dei vescovi e dei sacerdoti, espresse l'elogio anche del terzo grado dell'ordine sacro, mettendone in luce la dignità ed enumerandone le finzioni.
Il Concilio, invero, ben riconoscendo, da un lato, come tali uffici, necessarissimi alla vita della Chiesa, difficilmente, in non pochi paesi, possano essere esercitati, attesa la disciplina vigente nella Chiesa latina e, d'altra parte, bramando di provvedere meglio a cosa di così grande interesse, sapientemente decretò che si potesse in futuro ristabilire il diaconato quale proprio e permanente grado della gerarchia ( Cf Lumen Gentium, n. 29 ).
Benché, infatti, soprattutto nei territori di missione, usualmente vengano affidati a laici non pochi uffici diaconati, tuttavia, è bene che quanti esercitano davvero il ministero diaconale siano fortificati e più strettamente associati all'altare mediante l'imposizione delle mani, che è tradizione apostolica, affinché più efficacemente essi adempiano, in virtù della grazia sacramentale del diaconato, il proprio ministero ( Ad gentes, n. 16 ).
In tal modo, sarà ottimamente chiarita la natura propria di questo Ordine che non deve essere considerato come un puro e semplice grado di accesso al sacerdozio; esso, insigne per l'indelebile carattere e la particolare sua grazia, di tanto si arricchisce che coloro i quali vi sono chiamati possono in maniera stabile dedicarsi ai ministeri di Cristo e della Chiesa ( Cf Lumen Gentium, n. 41 ).
Ancorché il diaconato permanente non necessariamente in tutta la Chiesa latina debba essere instaurato, dal momento che spetta alle competenti Conferenze Episcopali nazionali, con l'approvazione del Sommo Pontefice, decidere se e dove sia opportuno istituire, per la cura delle anime, tale specie di diaconi ( Ibid., n. 29 ), tuttavia, giudichiamo non soltanto opportuno, ma anche indispensabile che si pubblichino delle norme ben determinate per l'adattamento della vigente disciplina ai nuovi insegnamenti del Concilio Ecumenico e per la determinazione di giuste condizioni per mezzo delle quali non soltanto venga opportunamente ordinato il ministero diaconale, ma la preparazione stessa dei candidati corrisponda più adeguatamente alle varie loro condizioni di vita, ai loro comuni uffici, alla sacra dignità.
Prima di tutto, quindi, se non si sarà provveduto altrimenti, confermiamo e dichiariamo valido anche per quelli che permarranno stabilmente nel diaconato quanto è stabilito nel CIC circa i diritti e i doveri dei diaconi, siano, tali diritti e doveri, comuni a tutti i chierici, siano loro propri.
Per i diaconi, inoltre, stabiliamo quanto segue.
1. È compito delle legittime Assemblee dei Vescovi o Conferenze episcopali, deliberare, consentendolo il Sommo Pontefice, se e dove, in vista del bene dei fedeli, sia da istituire il diaconato come proprio e permanente grado della Gerarchia.
2. Nel chiedere alla Sede Apostolica l'approvazione si devono dichiarare sia i motivi che inducono a disporre, per un determinato paese, tale nuova disciplina, sia le circostanze che diano speranza di buon esito; similmente si dovrà indicare il modo di attuazione della nuova disciplina, se, cioè, si tratti di conferire il diaconato a giovani idonei, per i quali … la legge del celibato deve restare valida, oppure a uomini di età più matura, anche coniugati, o infine, a persone appartenenti ad ambedue le specie di candidati.
3. Ottenuta l'approvazione della Sede Apostolica, è in potere di ciascun Ordinario, nell'ambito della propria giurisdizione, approvare e ordinare i candidati, a meno che non si tratti di casi particolari eccedenti tale sua facoltà.
Nel comporre la relazione sullo stato della propria diocesi, gli Ordinari facciano menzione della disciplina diaconale ivi instaurata.
4. Per legge della Chiesa, confermata dallo stesso Concilio Ecumenico, coloro che da giovani sono chiamati al diaconato sono obbligati ad osservare la legge del celibato.
5. Il diaconato permanente non si conferisca prima del compimento del venticinquesimo anno di età; tuttavia, un'età maggiore potrà essere richiesta dalle Conferenze Episcopali.
6. I giovani candidati all'ufficio diaconale vengano accolti in uno speciale Istituto ove siano messi alla prova, educati a vivere una vita veramente evangelica e preparati a svolgere utilmente le proprie specifiche funzioni.
7. Per la fondazione di un tale Istituto, i Vescovi dello stesso paese o, se sarà necessario, anche di più paesi, secondo la diversità delle circostanze, uniscano i loro sforzi.
Scelgano, quindi, per la guida di esso, superiori particolarmente idonei e stabiliscano accuratissime norme relative alla disciplina ed all'ordinamento degli studi, osservando le seguenti prescrizioni.
8. Siano ammessi al tirocinio diaconale soltanto quei giovani che abbiano manifestato una naturale propensione dello spirito al servizio della sacra Gerarchia e della comunità cristiana e che abbiano acquisito un patrimonio dottrinale sufficientemente ricco in ragione delle consuetudini ambientali e locali e conformemente ad esse.
9. Il vero e proprio tirocinio diaconale si protragga almeno per durata di tre anni; l'ordine degli studi, inoltre, sia regolato in modo che i candidati a grado a grado, progressivamente, vengano disposti ad attendere con perizia ed utilità ai vari uffici diaconali.
Nel suo complesso, poi, il ciclo degli studi potrà essere ordinato in modo tale che nel corso dell'ultimo anno venga data una specifica preparazione ai diversi uffici ai quali i diaconi, di preferenza, attenderanno.
10. A ciò si aggiungano le esercitazioni pratiche riguardanti l'insegnamento degli elementi della religione cristiana ai fanciulli ed agli altri fedeli, la divulgazione e la direzione del canto sacro, la lettura dei libri divini della Scrittura nelle assemblee dei fedeli, la predicazione e l'esortazione al popolo, l'amministrazione dei sacramenti che competono ai diaconi, la visita agli ammalati e, in genere, l'adempimento di quei servizi che ad essi possono essere commessi.
11. Possono essere chiamati al diaconato uomini di età più matura, sia celibi che congiunti in matrimonio; questi ultimi, però, non siano ammessi se prima non consti non soltanto del consenso della moglie, ma anche della sua cristiana probità e della presenza in lei di naturali qualità che non siano di impedimento né di disdoro per il ministero del marito.
12. La suddetta età si raggiunge, come limite inferiore, al compiersi del trentacinquesimo anno; tuttavia, essa è da intendersi nel senso che nessuno può essere chiamato al diaconato senza aver prima ottenuto la stima del clero e dei fedeli con il diuturno esempio di una vita veramente cristiana, con l'integrità dei costumi e l'indole incline al servizio.
13. Quando si tratti di uomini coniugati, occorre fare attenzione a che siano promossi al diaconato quanti, già da molti anni vivendo in matrimonio, abbiano dimostrato di saper dirigere la propria casa ed abbiano moglie e figli che conducano una vita veramente cristiana e si distinguano per l'onesta reputazione ( Cf 1 Tm 3,10-12 ).
14. È auspicabile che anche tali diaconi siano provvisti di non mediocre dottrina, secondo quanto è stato detto ai nn. 8, 9, 10, o che almeno essi abbiano credito per quella preparazione intellettuale che, a giudizio della Conferenza episcopale, sarà loro indispensabile per il compimento delle proprie specifiche funzioni.
Siano perciò ammessi, per un certo tempo, in uno speciale Istituto ove possano apprendere tutto ciò di cui avranno bisogno per attendere degnamente all'ufficio diaconale.
15. Che se ciò non possa farsi, l'aspirante venga affidato per l'educazione a qualche sacerdote di eminente virtù che si prenda cura di lui, lo istruisca e possa testimoniare, quindi, della di lui prudenza e maturità.
Sempre ed attentamente, però, occorre vigilare affinché soltanto uomini idonei e sperimentati siano annoverati nel sacro ordine.
16. Ricevuta l'ordinazione, i diaconi, anche quelli promossi in età più matura, sono inabili a contrarre matrimonio in virtù della tradizionale disciplina ecclesiastica.
17. Si badi che i diaconi non esercitino arti o professioni che, a giudizio dell'Ordinario del luogo, non convengano loro o impediscano il fruttuoso esercizio del sacro ministero.
18. Qualunque diacono, che non sia membro professo di qualche famiglia religiosa, deve essere regolarmente iscritto a una diocesi.
19. Le norme vigenti circa la doverosa sollecitudine per il congruo sostentamento dei sacerdoti e per la garanzia in loro favore delle cosiddette assicurazioni sociali, devono essere osservate anche per i diaconi stabilmente costituiti, tenuto conto altresì della famiglia di quanti, tra essi, vivono congiunti in matrimonio, e in armonia con il contenuto dell'art. 21 della presente Lettera.
20. Sarà compito della Conferenza episcopale emanare norme determinate, relative all'onesto sostentamento del diacono e della sua famiglia, se unito in matrimonio, secondo le diverse circostanze di tempo e di luogo.
21. I diaconi che esercitano una professione civile devono provvedere, per quanto possibile, alle necessità proprie e della propria famiglia con gli utili da essa derivanti.
22. A norma della citata Costituzione del Concilio Vaticano II, spetta al diacono, secondo che l'Ordinario del luogo gli abbia commesso di attendere a tali funzioni:
1) assistere, durante le azioni liturgiche, il vescovo ed il sacerdote per tutto ciò che, secondo le prescrizioni dei diversi libri rituali, gli compete;
2) amministrare solennemente il battesimo e supplire alle cerimonie eventualmente omesse nel conferimento di esso ai bambini e agli adulti;
3) conservare l'Eucaristia, distribuirla a sé e agli altri, portarla come viatico ai moribondi e impartire al popolo con la sacra pisside la cosiddetta benedizione eucaristica;
4) assistere ai matrimoni e benedirli, in nome della Chiesa, per delega del vescovo o del parroco, qualora manchi il sacerdote, nel rispetto di quanto stabilito nel CIC ( Cf cann. 1095 § 2 e 1096 ) e valido restando il canone 1098 le cui prescrizioni, in ciò che si riferisce al sacerdote, devono ritenersi estese anche al diacono;
5) amministrare i sacramentali, presiedere ai riti funebri e di sepoltura;
6) leggere ai fedeli i divini libri della Scrittura e istruire e animare il popolo;
7) presiedere ai servizi del culto e alle preghiere ove non sia presente il sacerdote;
8) dirigere le celebrazioni della parola di Dio, soprattutto quando manchi il sacerdote;
9) esercitare, in nome della Gerarchia, i doveri della carità e dell'amministrazione, nonché le opere di servizio sociale;
10) guidare legittimamente, in nome del parroco e del vescovo, comunità cristiane disperse;
11) promuovere e sostenere le attività apostoliche dei laici.
23. Tutte queste funzioni devono essere compiute in perfetta comunione con il vescovo e con il suo presbiterio, cioè sotto l'autorità del vescovo e del sacerdote che, nel territorio, presiedono alla cura delle anime.
24. I diaconi, per quanto possibile, siano ammessi a far parte dei Consigli Pastorali.
25. I diaconi, come quelli che si dedicano ai misteri di Cristo e della Chiesa, si astengano da qualsiasi cattiva abitudine e procurino di essere sempre graditi a Dio, pronti a qualunque opera buona ( Cf 2 Tm 2,21 ) per la salvezza degli uomini.
A motivo, dunque, dell'ordine ricevuto, essi devono superare di gran lunga tutti gli altri nella pratica della vita liturgica, nell'amore alla preghiera, nel servizio divino, nell'esercizio dell'obbedienza, della carità e della castità.
26. Sarà compito della Conferenza episcopale stabilire più efficaci norme per alimentare la vita spirituale dei diaconi, siano essi celibi o viventi nel matrimonio.
Procurino, però, gli Ordinari che tutti i diaconi:
1) si dedichino assiduamente alla lettura e all'intima meditazione della parola di Dio;
2) spesso, o anche ogni giorno, partecipino attivamente al sacrificio della Messa, si ristorino spiritualmente con il sacramento della SS. Eucaristia e ad esso devotamente rendano visita;
3) purifichino frequentemente la propria anima con il sacramento della Penitenza e, al fine di riceverlo più degnamente, ogni giorno esaminino la propria coscienza;
4) con intenso esercizio di filiale pietà venerino e amino la Vergine Maria, Madre di Dio.
27. È cosa sommamente conveniente che i diaconi stabilmente costituiti recitino ogni giorno almeno una parte dell'Ufficio divino, da stabilirsi dalla Conferenza episcopale.
28. I diaconi diocesani, almeno ogni due anni, devono attendere agli esercizi spirituali in una qualche casa religiosa o pia opera designata dall'Ordinario.
29. I diaconi non interrompano gli studi, particolarmente quelli sacri; leggano assiduamente i libri divini della Scrittura; si dedichino all'apprendimento delle discipline ecclesiastiche in modo da poter rettamente esporre agli altri la dottrina cattolica e divenire sempre più capaci di istruire e rafforzare gli animi dei fedeli.
A tal fine, i diaconi siano invitati a partecipare ai convegni periodici in cui vengono affrontati e trattati problemi relativi alla loro vita ed al sacro ministero.
30. I diaconi, a motivo della particolare natura del ministero loro connesso, devono professare al vescovo riverenza ed obbedienza; i vescovi, da parte loro, stimino assai nel Signore questi ministri del popolo di Dio e li seguano con paterno affetto.
Se un diacono, per giusti motivi, si stabilisce temporaneamente fuori della propria diocesi, volentieri procuri di sottomettersi alla vigilanza e all'autorità dell'Ordinario del luogo per tutto ciò che riguarda i doveri e le funzioni propri dello stato diaconale ( Diritto orientale, De Personis, can 87: AAS 49 (1957), p. 462 ).
31. Quanto all'abito, dovrà rispettarsi la consuetudine locale, conformemente alle norme prestabilite dalla Conferenza episcopale.
32. Istituire il diaconato permanente tra i religiosi è diritto riservato alla Santa Sede, alla quale soltanto spetta di esaminare e approvare i voti dei Capitoli Generali in materia.
33. I diaconi religiosi esercitano il ministero diaconale sotto l'autorità del vescovo e dei propri superiori, secondo le norme vigenti per i religiosi sacerdoti; essi devono sottostare, inoltre, alle leggi da cui risultano vincolati gli altri membri della famiglia religiosa.
34. Il diacono religioso, stabilmente o temporaneamente dimorante in un territorio in cui non sia in vigore la disciplina del diaconato permanente, non eserciti le funzioni diaconali, se non con il consenso dell'Ordinario del luogo.
35. Quanto si è detto dei religiosi nei nn. 32-34, deve pure intendersi come riferito anche ai membri degli altri istituti che professano i consigli evangelici.
36. Per quanto riguarda il rito da seguirsi nel conferimento del sacro Ordine del diaconato e gli Ordini che ad esso si fanno precedere, si osservi la disciplina tuttora vigente, finché dalla Santa Sede non venga modificata.
Infine, esaurita la comunicazione delle presenti norme, un auspicio sgorga spontaneo dall'animo Nostro: i diaconi, cioè, nell'adempimento delle loro difficili mansioni nelle particolari circostanze di questo nostro tempo, seguano gli illustri esempi che noi loro proponiamo: il protomartire santo Stefano che, come afferma sant'Ireneo, per primo fu scelto dagli Apostoli per il servizio ( Adv. Haereses, IV, 15, 1: PG 7, 1013 ), e san Lorenzo Romano, che eccelleva su tutti distinguendosi non soltanto nell'amministrazione dei sacramenti ma anche nella gestione del patrimonio ecclesiastico ( S. Leone Magno, Serm. 85: PL 54, 436 ).
Ordiniamo, poi, che quanto è stato da Noi stabilito con la presente Lettera data in forma di motu proprio resti fermo e valido nonostante qualsiasi altra disposizione in contrario.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 18 giugno, festa di sant'Efrem siro, diacono, nell'anno 1967, quarto del Nostro Pontificato.
Paolo PP. VI