27 febbraio 1959
Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri,
Questa festiva ricorrenza della Conversione di San Paolo, radunandoci qui intorno alla tomba dell'Apostolo, presso la sua Basilica insigne, Ci ha suggerito di aprire l'animo Nostro confidente alla vostra bontà e comprensione circa alcuni punti più luminosi di attività apostolica, che questi tre primi mesi di presenza e di contatto con l'ambiente ecclesiastico Romano Ci hanno suggerito.
Ci sta innanzi la sola prospettiva del bonum animarum e di una corrispondenza ben netta e definita del nuovo Pontificato con le spirituali esigenze dell'ora presente.
Sappiamo che da molte parti amiche e fervorose, e da altre malevole, o incerte, si guarda al nuovo Papa in attesa di ciò che di più caratteristico si è in diritto di attendere da Lui.
È ben naturale che sul tessuto della quotidiana attività, che accoglie le più accresciute e le ordinarie manifestazioni del compito pastorale, venga fissato qualche punto più distinto, quasi a segnare la nota, se non la principale e la sola, però una delle più espressive della fisionomia di un Pontificato, che sta prendendo il suo posto più o meno felicemente nella storia.
Ebbene, Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri, ripensando al duplice compito affidato ad un Successore di San Pietro, apparisce subito la duplice sua responsabilità di Vescovo di Roma e di Pastore della Chiesa universale.
Due espressioni di una sola investitura sovrumana: due attribuzioni che non si possono scindere, che si debbono anzi comporre tra loro, ad incoraggiamento e ad edificazione del clero e di tutto il popolo cristiano.
Ecco innanzitutto Roma: nel corso di quaranta anni completamente trasformata in tutt'altra città da quando la conoscemmo nella Nostra giovinezza.
Qua e là ancora si scorgono le sue linee architettoniche fondamentali più vetuste, che talora costa qualche pena il rintracciare, soprattutto alla periferia avviluppata ormai in un agglomerato di case, di case, di case, di famiglie, di famiglie, qui convenute da ogni parte del continente Italico, dalle isole circostanti, e si può dire da tutta la terra.
Un vero alveare umano da cui si svolge un brusìo ininterrotto di voci confuse, in cerca di accordi, che facilmente si intrecciano e si disfanno, rendendo faticoso e lento lo sforzo di unificazione di spiriti e di energie costruttive per un ordine corrispondente alle esigenze della vita religiosa, civica e sociale dell'Urbe.
Il Signor Cardinale Vicario Ci ha messo con grande diligenza al corrente della situazione spirituale di Roma dal punto di vista della pratica religiosa, dell'assestamento delle varie istituzioni di carattere parrocchiale, di culto, di assistenza, di istruzione cristiana: e Ci piace cogliere questa occasione per rendere omaggio alla realtà di uno sforzo commendevole, suo e dei suoi collaboratori, alacre ed incessante di vigilanza e di apostolato, esercitato dal vertice alla periferia da parte del clero secolare e regolare, fino ai collaboratori delle Associazioni cattoliche, con intenzioni rette e chiare di ciascuno, con operosità costante e sincera.
Accade per altro di dover constatare che l'episodio evangelico delle turbe chiamate a seguire il Signore e ad accostarsi a Lui, ma incapaci ed impotenti a trovarsi il cibo nutriente della grazia, si rinnova e tocca il cuore ansioso del pastore.
Pochi pani: pochi pesci: « quid sunt inter tantos? ».
Con questo accenno è detto tutto: quanto ad un incremento di energie, di coordinazione di sforzi individuali e collettivi atti a produrre, con l'aiuto del Signore, una coltivazione spirituale intensa, per una produzione più copiosa e felice di frutti benefici e santi nel senso dell'« adveniat regnum tuum », in un fervore di vita parrocchiale e diocesana più feconda.
Che se il Vescovo di Roma allarga lo sguardo Suo sul mondo tutto intero del cui governo spirituale è fatto responsabile per la divina missione affìdataGli della successione del supremo apostolato, oh lo spettacolo:
lieto da una parte dove la grazia di Cristo continua a moltiplicare frutti e portenti di spirituale elevazione, di salute e di santità in tutto il mondo:
e triste dall'altra innanzi all'abuso e al compromesso della libertà dell'uomo, che non conoscendo i cieli aperti, e rifiutandosi alla fede in Cristo Figlio di Dio, redentore del mondo e fondatore della Santa Chiesa, si volge tutto alla ricerca dei cosiddetti beni della terra,
sotto la ispirazione di colui che il Vangelo chiama principe delle tenebre, principe di questo mondo - come lo qualificò Gesù stesso nell'ultimo suo discorso dopo la Cena - organizza la contraddizione e la lotta contro la verità e contro il bene, la posizione nefasta che accentua la divisione fra quelle che il genio di Sant'Agostino chiama le due città, mantenendo sempre attivo lo sforzo della confusione per ingannare, se possibile, anche gli eletti, per trarli a rovina.
A colmo di sventura per la schiera dei figli di Dio e della Santa Chiesa si aggiunge la tentazione e l'attraimento verso i vantaggi di ordine materiale che il progresso della tecnica moderna - per sè indifferente - ingrandisce ed esalta.
Tutto ciò - diciamo, questo progresso - mentre distrae dalla ricerca dei beni superiori, infiacchisce le energie dello spirito, conduce al rilassamento della compagine della disciplina e del buon ordine antico, con grave pregiudizio di ciò che costituì la forza di resistenza della Chiesa e dei suoi figli agli errori, i quali in realtà sempre nel corso della storia del cristianesimo, portarono a divisioni fatali e funeste, a decadimento spirituale e morale, a rovina di nazioni.
Questa constatazione desta nel cuore dell'umile sacerdote, che la indicazione manifesta della Divina Provvidenza condusse, benché indegnissimo, a questa altezza del Sommo Pontificato, desta - diciamo - una risoluzione decisa per il richiamo di alcune forme antiche di affermazione dottrinale e di saggi ordinamenti di ecclesiastica disciplina, che nella storia della Chiesa, in epoca di rinnovamento, diedero frutti di straordinaria efficacia, per la chiarezza del pensiero, per la compattezza della unità religiosa, per la fiamma più viva del fervore cristiano che noi continuiamo a riconoscere, anche in riferimento al benessere della vita di quaggiù, ricchezza abbondante « de rore coeli et de pinguedine terme » ( Gen 27,28 ).
Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri!
Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo Diocesano per l'Urbe, e di un Concilio Ecumenico per la Chiesa universale.
Per voi, Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri, non occorrono illustrazioni copiose circa la significazione storica e giuridica di queste due proposte.
Esse condurranno felicemente all'auspicato e atteso aggiornamento del Codice di Diritto Canonico, che dovrebbe accompagnare e coronare questi due saggi di pratica applicazione dei provvedimenti di ecclesiastica disciplina, che lo Spirito del Signore Ci verrà suggerendo lungo la via.
La prossima promulgazione del Codice di Diritto Orientale ci dà il preannunzio di questi avvenimenti.
Per la giornata odierna basta questa comunicazione fatta a tutto insieme il Sacro Collegio qui radunato, riservandoci di trasmetterla agli altri Signori Cardinali tornati alle varie sedi episcopali loro affidate, sparse nel mondo intero.
Gradiremo da parte di ciascuno dei presenti e dei lontani una parola intima e confidente che Ci assicuri circa le disposizioni dei singoli e Ci offra amabilmente tutti quei suggerimenti circa la attuazione di questo triplice disegno.
La conoscenza che Ci era già abbastanza familiare, e che questi tre mesi dalla Nostra introduzione al servizio « servorum Dei » ha confermata ed amplificata, Ci incoraggia a confidare nella grazia celeste: innanzitutto nella intercessione della Immacolata Madre di Gesù e Madre nostra, nella protezione dei Santi Pietro e Paolo « Apostolorum Principum »; nonché dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista, Nostri particolari patroni, e di tutti i Santi della Curia celeste.
Da tutti imploriamo un buon inizio, continuazione, e felice successo di questi propositi di forte lavoro, a lume, ad edificazione ed a letizia di tutto il popolo cristiano, a rinnovato invito ai fedeli delle Comunità separate a seguirci anch'esse amabilmente in quésta ricerca di unità e di grazia, a cui tante anime anelano da tutti i punti della terra.
Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri!
Come Ci tornano soavi ed incoraggianti le parole di San Leone Magno, che la Sacra Liturgia ci invita ora più sovente a recitare.
Oggi stesso vibra più vivo il saluto di San Paolo, il convertito di Damasco, che qui ci ha accolti presso le sue più sacre memorie: « Corona mea … et gaudium vos estis, si fides vestra, quae ab initio Evangelii in universo mundo praedicata est, in dilectione et sanctitate permanserit » ( S. Leo M., Sermo 2 ).
Oh! che saluto è questo: tutto degno della nostra famiglia spirituale.
Dilectio et sanctitas: un saluto ed un augurio.
Benedictio Dei omnipotentis Patris et Filii et Spiritus Sancti.
Amen.