Domenica, 8 dicembre 1968
Figli carissimi.
Sono tre i pensieri che occupano il Nostro spirito in questo momento: la celebrazione della festa di Maria Immacolata, la commemorazione del centenario dell'Azione Cattolica in Italia, e la ricorrenza del terzo anno dalla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II; e ciascuno di questi temi offre quadri immensi di meditazione; immensi e diversi, ma non così eterogenei da impedire che la nostra attenzione li contempli insieme, come se l'uno fosse sovrapposto all'altro in differente distanza ed in unica prospettiva.
La breve memoria, che ora ne facciamo, serva alla nostra presente liturgia della parola, per risvegliare in ciascuno di noi quelle disposizioni di animi le quali diano espressione lirica e vivissima alla nostra preghiera, offrano apertura di cuori all'impressione mistica che il rito eucaristico del sacrificio della Messa deve oggi più che mai solcare nella nostra intima profondità, e risveglino le energie spirituali, che un'ora come questa, quasi fosse ora di partenza per un nuovo e arduo cammino, intende in noi suscitare.
La Madonna, la Madonna Immacolata, domina dall'alto la scena.
Che cosa diremo che sia meno indegno d'una tale visione?
Fermeremo il discorso ad una sola considerazione, quando cento idee, come scintille da un unico fuoco, vorrebbero doverosa memoria e felice menzione.
La considerazione che ora scegliamo è quella dell'esemplarità di Maria.
Un'esemplarità che si riflette su tutta la Chiesa e ne costituisce il modello perfetto.
Sì, la bellezza della Chiesa quale Cristo l'ha concepita e l'Apostolo la descrive, come quella di splendida Sposa, gloriosa, intatta, santa e immacolata ( Ef 5,27 ), ha in Maria la sua espressione sublime; in Maria, che il Concilio, facendo propria la parola di Sant'Ambrogio, chiama « Ecclesiae typus », disegno tipico della Chiesa, e ciò principalmente nell'ordine delle virtù teologali, di quelle misteriose disposizioni soprannaturali dell'anima, che la abilitano alla comunione con Dio ( cfr. Lumen gentium, 63 ); così che noi, i quali oggi abbiamo tanto vivo e stimolante « il senso della Chiesa », e sempre riferiamo alla Chiesa i nostri pensieri di rinnovamento cristiano, siamo più che mai invitati a guardare a Maria, la quale, come dice Sant'Agostino, « rispecchia in sé la fiducia della Santa Chiesa » ( De Symbolo ad catech. 1; P.L. 40, 661): Maria squisitamente perfetta, la Chiesa in faticosa via di perfezione.
Non è senza importanza pratica il fatto, voluto ben più dal piano divino del Vangelo che dalla nostra fantasiosa devozione, d'aver davanti a noi un'immagine, insieme reale e ideale, d'umanità di tanta perfezione, di tanta bellezza, di tanta innocenza, di tanta armonia interiore, e di tanta, grande e umile, maestà esteriore.
Non indarno la liturgia mette sulle nostre labbra accenti di entusiasmo lirico e di incomparabile poesia: Tota pulchra es, Maria; è il grido di questa festività.
Esso corregge e sorregge il nostro pessimismo, in noi inoculato da troppe esperienze della vita moderna, sulla possibilità d'una vera purezza umana, d'una vera innocenza di cuore e di membra, della quale innocenza il bambino ci dà un incantevole profilo naturale, ma che egli stesso, diventando uomo, non lascia più trasparire; Maria ci offre la dolce luce d'una integrità vittoriosa, « sempre vergine ».
Tota pulchra: Maria ci fa vedere come la bellezza e la bontà, l'avvenenza e la virtù, tanto spesso disgiunte nelle persone presentate all'ammirazione pubblica, sono invece in lei riunite con armonia unica, in lei mai punto turbata.
Tota pulchra: in lei i termini più sacri e anche più contaminati della nostra vita umana: l'amore, la donna, la vergine, la madre, il gaudio, il dolore, il silenzio della interiorità, la voce del pio e libero canto … riprendono il loro autentico e primigenio significato; tutto è nuovo, tutto è santo in questa creatura, la cui perfezione sembra allontanarla senza confronto da noi, e la cui missione invece avvicina a noi come sorella, come madre, come speranza a tutti accessibile.
Fratelli e Figli!
Non è senza importanza, ripetiamo, che la figura della Madonna Immacolata sovrasti il sentiero di cercatori, quali noi siamo, del regno di Dio: ella lo illumina, ella sostiene i nostri passi, ella ci insegna, con la realtà del suo esempio, che anche noi, mediante l'aiuto del Signore, abbiamo la capacità d'essere cristiani veri e santi; ella ci conforta a osare, a sperare; non solo ne abbiamo il dovere, ne abbiamo la possibilità.
Il nostro idealismo cristiano acquista una forza realizzatrice nella misura che il fascino del culto mariano ci attira all'imitazione e alla grazia di Cristo.
Questo è il primo pensiero, che ci introduce nel secondo, la commemorazione centenaria dell'Azione Cattolica in Italia.
Noi non guarderemo, in questo momento, al passato.
Altri egregiamente hanno rievocato questa visione retrospettiva.
Noi guardiamo al presente e all'avvenire.
Dal passato trarremo soltanto il conforto della sostanziale e rettilinea coerenza, la quale lo fa rivivere nella definizione terminale che l'Azione Cattolica si è guadagnata e che il Concilio ha in un certo senso canonizzata e inserita ormai nel disegno costituzionale e nel programma operativo della Chiesa.
L'Azione Cattolica è un'attività, è un organismo di Laici.
Salute a voi, Laici cattolici, che nella Chiesa di Dio assumete un posto di particolare evidenza, e una funzione di particolare efficienza!
Dotati e coscienti della personalità soprannaturale propria dei fedeli componenti il Popolo di Dio, a voi non è bastato essere insigniti dell'incomparabile e comune dignità cristiana e della inestimabile fortuna d'appartenere alla Chiesa cattolica; voi avete voluto essere membra vive ed operanti.
In mezzo alla folla di fratelli indifferenti, apatici, distratti, pieni di occupazioni temporali, forse timorosi di apparire bigotti o fanatici, o attestati su posizioni critiche e polemiche, assenti insomma dal campo organizzato della spirituale milizia cattolica,
voi avete sentito l'obbligo di affermare innanzi tutto il vostro carattere di credenti,
avete cercato di rendervi conto dei bisogni interni della comunità ecclesiale,
avete avvertito le penose condizioni religiose, morali e sociali della società circostante,
e vi siete chiesto a voi stessi se spettava anche a voi fare qualche cosa per la causa di Cristo e per l'edificazione non mai terminata della Chiesa;
e allora con una risposta, che nasceva dentro come un imperioso dovere, come una rivelatrice vocazione, avete detto: sì; un cattolico non può essere inerte, insensibile, passivo e codardo;
e avete fatto dell'azione, dell'azione cattolica una vostra divisa.
Laici eravate, e laici siete rimasti.
Chi vi ha chiamato? Nessuno.
Esortazioni ne sono poi venute molte, e quanto autorevoli!
Ma il movimento fu spontaneo all'inizio e tale rimase.
Il che vuol dire che è movimento composto di uomini liberi.
Se un ordine gli dà disciplina e consistenza, ciò non cambia il carattere libero e volontario dei suoi membri.
L'Azione Cattolica è un'attività facoltativa.
Questo, se è uno dei suoi limiti, uno dei suoi segni e uno dei suoi pregi, è soprattutto uno dei suoi meriti, quello della gratuità, cioè dell'amore alla radice delle sue prestazioni.
Libertà di offerta, ma serietà d'impegno.
Non è stata e non è l'Azione Cattolica un effimero entusiasmo, un'impresa di dilettanti: è stata ed è tuttora un dono vero, un sacrificio serio, un servizio permanente.
Di qui è emerso un altro carattere, quello dell'organizzazione.
Carattere maturato appunto dalla relativa stabilità dell'impegno, dal moltiplicarsi degli aderenti, dalla necessità d'un programma ordinato ed efficiente, da una metodologia sociologica, non certo fine a se stessa, né irrigidita in quadri e forme immutabili, ma indispensabile per i compiti formativi, come per quelli apostolici, che il movimento si propone: azione ed unione è il binomio che definisce questo movimento di Laici a questo punto, che non è l'ultimo.
Un nuovo punto succede, ed è quello che maggiormente qualifica l'Azione Cattolica: il suo rapporto con la comunità ecclesiale; rapporto che si è gradualmente espresso nella collaborazione con la Gerarchia della Chiesa, cioè con l'autorità pastorale, a cui è affidata la promozione, la guida, la santificazione della comunità stessa.
L'Azione Cattolica ha fatto di questo rapporto di collaborazione qualificata con i Pastori della Chiesa la sua nota distintiva, la sua ragion d'essere.
Non vanto, non prestigio, non vantaggio; ma servizio.
Non servitù, ma corresponsabilità.
Non clericalismo, ma apostolato.
Non invadenza, ma obbedienza.
Non burocrazia, ma carità; carità vissuta nella forma ecclesiale più alta, più autentica, più disinteressata, più efficace, e ancora: più meritoria.
Fra le tante forme encomiabili in cui può svolgersi il genio associativo, formativo e operativo dei cattolici in seno alla Chiesa e intorno ad essa, questa dell'Azione Cattolica ha aspirato a quella più vincolata e più disponibile alla Gerarchia, non per avere il primo posto, ma si potrebbe dire per non averne alcuno proprio, ma per accettare con filiale prontezza quello che, da un lato, la Gerarchia stessa, nel quadro dell'utilità generale del ministero pastorale, giudica più conveniente, e, d'altro lato, quello che la necessità dei tempi e degli ambienti dimostra essere scoperto, attraente o ingrato che sia.
Oh! com'è bella, Figli carissimi, quest'analisi della realtà che voi siete, e che Ci porta a rilevare un'ultima nota della vostra grande associazione, la nota d'un'intenzionale e completa solidarietà con la Chiesa, la nota del fine generale a cui intendete offrire l'opera vostra, la nota del fine totale, il fine globale, come ora si dice.
Voi accettate a vostro carico le necessità della Chiesa, senza scelta, quali sono; le sue responsabilità, senza distinguere da esse la vostra; la sua impopolarità e le sue avversità ( se necessario ), senza mettervi al riparo di pur giuste ragioni di disimpegno.
Voi siete così il tessuto connettivo più resistente della comunità ecclesiale,
voi realizzate il grado più pieno e più intenso di comunione, al quale sia dato a Laici fedeli di accedere;
voi siete i più vicini alla sua preghiera, i più impegnati nell'azione apostolica, i più associati al sacrificio, che l'avvento del regno di Dio sempre comporta.
Sono venute alle Nostre labbra le tre celebri parole - preghiera, azione, sacrificio -, in cui si è sintetizzato lungo il secolo scorso lo spirito e il programma ascetico dell'Azione Cattolica giovanile, donde poi gli altri rami sono germogliati; e la loro venerata anzianità solleva nel Nostro animo, come certo nel vostro, una domanda: non sono forse parole vecchie, forme sorpassate, formule spente, quelle di cui andiamo discorrendo?
Non v'è forse bisogno oggi d'un rinnovamento radicale, che sciolga le file della secolare organizzazione, lasciando che forme nuove di vita comunitaria sorgano da sé?
La domanda è grave, e richiederebbe lunga risposta, estranea alla celebrazione che stiamo compiendo; e non vogliamo ora pregiudicare con affrettati giudizi fenomeni nuovi e vari di vita cattolica, a cui pure guardiamo con rispettoso e paterno interesse.
Ci basta invece ricordare, nella ricorrenza annuale della fine del Concilio, ciò ch'esso suggerisce alla nostra presente riflessione; ed è questo il terzo pensiero, che vi presentiamo, e che più degli altri riguarda il futuro dell'Azione Cattolica.
Vivrà, sopravvivrà l'Azione Cattolica?
Ha essa un avvenire davanti?
È chiuso il ciclo della sua funzione?
Dicevamo: voi avete, in cento anni di vita, maturato la vostra essenziale definizione;
voi siete ora muniti d'un mandato ecclesiale, che sarebbe viltà rassegnare;
voi siete ricchi di esempi, di tradizioni, di esperienze, che non sono già un carico da portare, ma un motore che vi porta;
voi avete una presentazione anche nel mondo nazionale circostante, che dovrebbe aprirvi sempre le vie della stima e della simpatia;
citiamo una frase del Nostro venerato Predecessore Pio XII, desunta dalla promulgazione dei vostri Statuti: « Noi vorremmo … - Egli scriveva - che il popolo intero avesse a ravvisare nell'Azione Cattolica, non già una chiusa cerchia di persone iniziate ad esclusivi ideali, ovvero uno strumento di sterile lotta, o di ambiziosa conquista, ma piuttosto un'amica schiera di cittadini, che hanno fatto propria la materna intenzione della Chiesa di tutti redimere e di garantire alla società l'insostituibile fermento della vera civiltà ».
E infine, e per di più, voi avete i testi conciliari, che vi conferiscono un riconoscimento non più occasionale e marginale nell'apostolato della Chiesa, ma in esso direttamente inserito e organicamente funzionale.
Come potrebbe un Laicato cattolico, cosciente della promozione attribuitagli dal recente Concilio, considerarsi esonerato dal suo qualificato impegno di apostolato, quando una più esplicita pienezza dei suoi titoli ecclesiali è per lui codificata nei documenti del Concilio medesimo?
Potrà la Chiesa in Italia rimanere priva d'un Laicato organizzato a complemento ed a servizio della sua missione apostolica?
Chi meglio di voi potrà aiutare ogni altra buona iniziativa intesa a diffondere e a difendere i principii cristiani?
È ormai la nostra società così penetrata da questi principii da non aver più bisogno del vostro intelligente attivismo, ovvero così refrattaria alla loro esplicita e coerente affermazione da imporre l'abbandono della vostra franca e metodica testimonianza?
La vostra presenza, Figli carissimi, già risponde che voi siete convinti della necessità del vostro apostolato compaginato nella comunità ecclesiale e che siete pronti a riprendere il cammino verso il nuovo servizio che la Chiesa vi affida e che le condizioni del nostro tempo, lungi dal dimostrarlo superato e superfluo, sembrano ancora più urgentemente invocare.
Occorrerà certamente, anche nelle vostre strutture organizzative, un qualche opportuno « aggiornamento »; rimarrà certo in esse l'impronta fondamentale della fedeltà e del servizio, sarà loro accordata una maggiore autonomia nell'esercizio delle responsabilità che la fiducia può consentire ad un Laicato oggi maturo, e potrà essere al tempo stesso meglio qualificata la collaborazione con la Gerarchia nelle funzioni proprie del Laico.
L'Azione Cattolica ritornerà giovane, e tale si conserverà superando con l'evolversi dei tempi quelle forme cristallizzate della sua organizzazione e della sua attività, le quali mancassero della genialità e dell'efficacia che il carattere sperimentale, proprio dell'apostolato, reclama.
Ma ricordate sempre l'autenticità religiosa e spirituale del vostro movimento.
Non allontanatevi mai dalla sorgente dell'Azione Cattolica, da una vita cioè profondamente imbevuta della parola e della grazia di Cristo; ritornate continuamente ai principii interiori che vi assicurano una lucida e forte coscienza della vostra personalità cattolica, e rettificate continuamente la vostra direzione di marcia, che ha da essere costante e diritta sui sentieri della Chiesa a servizio del prossimo, che dentro e fuori di essa ha bisogno della verità cristiana e del pane benedetto per ogni legittima fame dell'uomo fratello.
Così vi pensa, così vi vuole, così vi benedice, sulla tomba di Pietro, l'umile suo Successore, nel nome di Cristo, e oggi, nella candida luce di Maria Immacolata.