23 febbraio 1984
1. « Lo spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione, / mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri, / a promulgare l'anno di misericordia del Signore » ( Is 61,1-2 ).
Carissimi fratelli nella grazia del sacramento del sacerdozio!
Un anno fa mi sono rivolto a voi con la Lettera per il Giovedì santo del 1983, chiedendovi di annunziare, insieme con me e con tutti i vescovi della Chiesa, l'Anno della Redenzione: il Giubileo straordinario, l'anno di misericordia del Signore.
Oggi desidero ringraziarvi per quanto avete fatto, affinché quest'anno, che ci ricorda il 1950 anniversario della redenzione, diventasse veramente « l'anno di misericordia del Signore », l'Anno Santo.
In pari tempo, incontrandomi con voi in questa concelebrazione, nella quale culmina il vostro pellegrinaggio a Roma in occasione del Giubileo, desidero rinnovare e approfondire insieme con voi la coscienza del mistero della Redenzione, che è la sorgente viva e vivificante del sacerdozio sacramentale, al quale ciascuno di noi partecipa.
In voi, qui convenuti, non soltanto dall'Italia, ma anche da altri Paesi e continenti, vedo tutti i sacerdoti: l'intero presbiterio della Chiesa universale.
E a tutti mi rivolgo con l'incoraggiamento e con l'esortazione della lettera agli Efesini: « Fratelli, vi esorto … a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto » ( Ef 4,1 ).
È necessario che noi pure, chiamati a servire gli altri nel rinnovamento spirituale dell'Anno della Redenzione, ci rinnoviamo, mediante la grazia di quest'Anno, nella nostra beata vocazione.
2. « Canterò senza fine le grazie del Signore ».
Questo versetto del Salmo responsoriale ( Sal 89,2 ) dell'odierna liturgia ci ricorda che noi siamo in maniera del tutto speciale « ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio » ( 1 Cor 4,1 ), che siamo uomini della divina economia di salvezza, che siamo uno « strumento » consapevole della grazia, ossia dell'azione dello Spirito Santo nella potenza della croce e della risurrezione di Cristo.
Che cos'è quest'economia divina, che cos'è la grazia del nostro Signore Gesù Cristo, grazia che egli ha voluto legare sacramentalmente alla nostra vita sacerdotale e al nostro servizio sacerdotale, anche se svolto da uomini tanto poveri, tanto indegni?
La grazia - come proclama il salmo dell'odierna liturgia - è una testimonianza della fedeltà di Dio stesso a quell'eterno amore, con cui egli ha amato il creato, e in particolare l'uomo, nel suo eterno Figlio.
Dice il salmo: « Perché hai detto: la mia grazia rimane per sempre; la tua fedeltà è fondata nei cieli » ( Sal 89,3 ).
Questa fedeltà del suo amore - dell'amore misericordioso - è poi la fedeltà all'Alleanza, che Dio ha concluso, sin dall'inizio, con l'uomo, e che ha rinnovato molte volte, benché l'uomo tante volte ad essa non sia rimasto fedele.
La grazia è quindi un dono puro dell'amore, il quale soltanto nell'amore stesso, e non in altra cosa, trova la sua ragione e la sua motivazione.
Il salmo esalta l'Alleanza, che Dio ha stretto con Davide e al tempo stesso, grazie al suo contenuto messianico, esso rivela come quell'alleanza storica sia soltanto una tappa e un preannunzio dell'alleanza perfetta in Gesù Cristo: « Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza » ( Sal 89,27 ).
La grazia, in quanto dono, è il fondamento dell'elevazione dell'uomo alla dignità di figlio di Dio adottivo in Cristo, Figlio unigenito.
« La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui e nel mio nome si innalzerà la sua potenza» ( Sal 89,25 ).
Proprio questa potenza, che fa diventare figli di Dio ( quei figli di cui parla il prologo del Vangelo di Giovanni ), l'intera potenza salvifica è conferita all'umanità in Cristo, nella redenzione, nella croce e nella risurrezione.
E noi - servi di Cristo - ne siamo gli amministratori.
- Sacerdote: uomo dell'economia salvifica.
- Sacerdote: uomo plasmato dalla grazia.
- Sacerdote: amministratore della grazia!
3. « Canterò senza fine le grazie del Signore ».
Proprio questa è la nostra vocazione.
In questo consiste la specificità, l'originalità della vocazione sacerdotale.
Essa è radicata in maniera speciale nella missione di Cristo stesso, di Cristo-Messia.
« Lo spirito del Signore è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; / mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri … / per consolare tutti gli afflitti » ( Is 61,1-2 ).
Proprio nell'intimo di questa missione messianica di Cristo-Sacerdote è radicata anche la vostra vocazione e missione: vocazione e missione dei sacerdoti della nuova ed eterna Alleanza.
È la vocazione e la missione degli annunziatori della buona novella;
- di coloro che debbono fasciare le piaghe dei cuori umani;
- di coloro che debbono proclamare la liberazione in mezzo alle molteplici afflizioni, in mezzo al male che in tanti modi « tiene » l'uomo prigioniero;
- di coloro che debbono consolare.
Questa è la nostra vocazione e missione di servitori.
È vocazione e missione, cari fratelli, che racchiude in sé un grande e fondamentale servizio nei riguardi di ciascun uomo!
Nessuno può compiere un tale servizio al nostro posto.
Nessuno può sostituirci.
Dobbiamo raggiungere col Sacramento della Nuova ed Eterna Alleanza le radici stesse dell'esistenza umana sulla terra.
Dobbiamo, giorno per giorno, introdurre in essa la dimensione della redenzione e dell'Eucaristia.
Dobbiamo rafforzare la coscienza della figliolanza divina mediante la grazia.
E quale prospettiva più alta, e quale destino più eccellente di questo potrebbe esserci per l'uomo?
Dobbiamo, infine, amministrare la realtà sacramentale della riconciliazione con Dio e della santa Comunione, nella quale si viene incontro alla più profonda aspirazione dell'« insaziabile » cuore umano.
Davvero, la nostra unzione sacerdotale è inserita profondamente nella stessa unzione messianica di Cristo.
Il nostro sacerdozio è ministeriale.
Sì, noi dobbiamo servire!
E « servire » significa portare l'uomo nelle fondamenta stesse della sua umanità, nello stesso midollo più profondo della sua dignità.
Proprio là deve risuonare - mediante il nostro servizio - quel « canto di lode invece di un cuore mesto », per utilizzare ancora una volta le parole del testo di Isaia ( Is 61,3 ).
4. Cari, amati fratelli!
Noi ritroviamo, giorno dopo giorno e anno dopo anno, il contenuto e la sostanza, veramente ineffabili, del nostro sacerdozio nelle profondità del mistero della redenzione.
E io auguro che a questo serva specialmente il corrente Anno del Giubileo straordinario!
- Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per scoprire meglio che cosa vuol dire celebrare l'Eucaristia, il sacrificio di Cristo stesso, affidato alle nostre labbra e alle nostre mani di sacerdoti nella comunità della Chiesa.
- Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa significa rimettere i peccati e riconciliare le coscienze umane col Dio infinitamente santo, col Dio della verità e dell'amore.
- Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa vuol dire operare « in persona Christi », nel nome di Cristo.
Operare con la sua potenza, ossia con la potenza che, in definitiva, si radica nel suolo salvifico della redenzione.
- Apriamo inoltre sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa è il mistero della Chiesa.
Noi siamo uomini della Chiesa!
« Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo.
Un solo Dio padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti » ( Ef 4,4-6 ).
Quindi: cercate « di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace » ( Ef 4,3 ).
Sì. Proprio questo dipende, in modo particolare, da voi: « Conservare l'unità dello Spirito »!
In un'epoca di grandi tensioni, che scuotono il corpo terreno dell'umanità, il servizio più importante della Chiesa nasce dall'« unità dello Spirito », affinché non soltanto non subisca essa stessa una divisione dal di fuori, ma riconcili e unisca, altresì, gli uomini in mezzo alle contrarietà che si accumulano intorno a loro e in loro stessi nel mondo d'oggi.
Miei fratelli!
A ciascuno di voi « è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo … al fine di edificare il corpo di Cristo » ( Ef 4,7.12 ).
Siamo fedeli a questa grazia!
Siamo eroicamente fedeli a questa grazia!
Miei fratelli!
Il dono di Dio è stato grande per noi, per ciascuno di noi!
Tanto che ogni sacerdote può scoprire in sé i segni di una divina predilezione.
Ciascuno conservi fondamentalmente il suo dono in tutta la ricchezza delle sue espressioni: anche il dono magnifico del celibato volontariamente consacrato al Signore - e da lui ricevuto - per la nostra santificazione e per l'edificazione della Chiesa.
5. Gesù Cristo è in mezzo a noi, e ci dice: « Io sono il buon pastore » ( Gv 10,11.14 ).
È proprio Lui che ha « costituito » pastori anche noi.
Ed è lui che percorre tutte le città e i villaggi ( cfr. Mt 9,35 ), ovunque noi siamo mandati per assolvere il nostro servizio sacerdotale e pastorale.
È lui, Gesù Cristo, che insegna … predica il vangelo del regno e cura ogni malattia e infermità dell'uomo ( cfr. Mt 9,35 ), ovunque noi siamo mandati per il servizio del Vangelo e l'amministrazione dei sacramenti.
È proprio lui, Gesù Cristo, che sente continuamente compassione delle folle e di ogni uomo stanco e sfinito, come « pecore senza pastore » ( cfr. Mt 9,36 ).
Cari fratelli!
In questa nostra assemblea liturgica chiediamo a Cristo una sola cosa: che ciascuno di noi sappia servire meglio, più limpidamente e più efficacemente, la sua presenza di Pastore in mezzo agli uomini nel mondo odierno!
Questa è, insieme, cosa tanto importante per noi, affinché non ci prenda la tentazione dell'« inutilità », cioè la tentazione di sentirci superflui.
Perché ciò non è vero.
Noi siamo necessari più che mai, perché Cristo è necessario più che mai!
Il Buon Pastore è più che mai necessario!
Noi abbiamo in mano - proprio nelle nostre « mani vuote » - la potenza dei mezzi di azione che ci ha consegnato il Signore.
Pensate alla parola di Dio, più tagliente di una spada a doppio taglio ( cfr. Eb 1,12 ); pensate alla preghiera liturgica, segnatamente a quella delle ore, nella quale Cristo stesso prega con noi e per noi; e pensate ai sacramenti, in particolare a quello della Penitenza, vera tavola di salvezza per tante coscienze, approdo verso il quale tendono tanti uomini anche del nostro tempo.
Occorre che i sacerdoti diano nuovamente grande importanza a questo sacramento, per la propria vita spirituale e per quella dei fedeli.
È cosa certa, fratelli carissimi: col buon impiego di questi « mezzi poveri » ( ma divinamente potenti ) voi vedrete fiorire sulla vostra strada le meraviglie dell'infinita misericordia.
Anche il dono delle nuove vocazioni!
Con tale coscienza, in questa comune preghiera, riascoltiamo le parole che il Maestro rivolgeva ai discepoli: « La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate, dunque, il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe! » ( Mt 9,37-38 ).
Quanto sono attuali queste parole anche nella nostra epoca!
Preghiamo dunque!
E preghi con noi tutta la Chiesa!
E possa in questa preghiera manifestarsi la coscienza, rinnovata dal Giubileo, del Mistero della Redenzione.
Al termine di questo incontro, tanto caro al mio cuore, desidero rinnovare a tutti il mio cordiale saluto nel Signore e il mio sincero ringraziamento.
Sia lodato Gesú Cristo.