Norme pastorali circa l'assoluzione sacramentale generale
Cristo Signore istituì il Sacramento della Penitenza, perché i fedeli, che avessero peccato, ottenessero dalla misericordia di Dio il perdono dell'offesa a Lui recata, e potessero, nel medesimo tempo, riconciliarsi con la Chiesa.1
Questo Egli fece, quando conferì agli apostoli ed ai loro legittimi successori la potestà di rimettere e di ritenere i peccati. ( Cf. Gv 20,22s )
Il Concilio di Trento dichiarò con magistero solenne che, per avere la piena e perfetta remissione dei peccati, si richiedono nel penitente tre atti come altrettante parti del sacramento, cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione: dichiarò, altresì, che l'assoluzione data dal sacerdote è un atto di natura giudiziaria e che, per diritto divino, è necessario confessare al sacerdote tutti e singoli i peccati mortali, nonché le circostanze che modificano la specie dei peccati, dei quali uno si ricordi dopo un accurato esame di coscienza.2
Ora, numerosi Ordinari di luogo, preoccupati, da una parte, della difficoltà dei propri fedeli nell'accostarsi individualmente alla confessione per la penuria di sacerdoti, che si riscontra in alcune regioni e, dall'altra, di alcune teorie erronee intorno alla dottrina del sacramento della penitenza e della crescente tendenza pratica, certo abusiva, di impartire l'assoluzione sacramentale a più fedeli insieme che si siano solo genericamente confessati, si sono rivolti alla Santa Sede pregandola di richiamare al popolo cristiano, secondo la vera natura del sacramento della penitenza, le condizioni necessarie per il retto uso di questo sacramento, e di emanare nelle presenti circostanze alcune norme in proposito.
Questa Sacra Congregazione, dopo aver attentamente considerato tali questioni e tenuto conto dell'Istruzione della Sacra Penitenzieria Apostolica, in data 25 marzo 1944, dichiara quanto segue:
Dev'essere fermamente ritenuta e fedelmente applicata nella prassi la dottrina del Concilio di Trento.
È da riprovare, pertanto, la consuetudine che di recente è apparsa qua e là, per la quale si pretende di poter soddisfare al precetto di confessare sacramentalmente i peccati mortali, al fine di ottenere l'assoluzione, con la sola confessione generica o – come dicono – celebrata in forma comunitaria.
Questo urgente dovere è richiesto non solo dal precetto divino, come è stato dichiarato dal Concilio di Trento, ma anche dal grandissimo bene delle anime, che, per secolare esperienza, deriva dalla confessione individuale, quando è ben fatta e bene amministrata.
La confessione individuale e completa con l'assoluzione resta l'unico mezzo ordinario, grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa, a meno che un'impossibilità fisica o morale non li scusi da una tale confessione.
Può avvenire infatti che, verificandosi talora particolari circostanze, sia lecito, o addirittura necessario, impartire l'assoluzione in forma collettiva a più penitenti, senza che preceda la confessione individuale.
Questo può accadere, innanzitutto, quando è imminente il pericolo di morte, ed al sacerdote o ai sacerdoti, anche se son presenti, viene a mancare il tempo per ascoltare le confessioni dei singoli penitenti.
In questo caso, qualsiasi sacerdote ha la facoltà di impartire l'assoluzione a più persone insieme, premettendo, se ne ha il tempo, una brevissima esortazione perché ognuno voglia fare l'atto di contrizione.
Oltre ai casi nei quali si tratta del pericolo di morte, è lecito assolvere sacramentalmente più fedeli insieme, che si sono solo genericamente confessati, ma sono stati opportunamente esortati al pentimento, se ricorre una grave necessità, ossia quando, in considerazione del numero dei penitenti, non si hanno a disposizione dei confessori per ascoltare, come si conviene, le confessioni dei singoli entro un conveniente periodo di tempo, sicché i penitenti – senza loro colpa – sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della santa comunione.
Questo può avvenire soprattutto nelle terre di missione, ma anche in altri luoghi e presso dei gruppi di persone, ove risulti una simile necessità.
Ciò, però, non è lecito, qualora si possano avere dei confessori a disposizione, per la sola ragione di una grande affluenza di penitenti, quale può verificarsi, ad esempio, in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio.3
Gli Ordinari di luogo e, per quanto li riguarda, anche i sacerdoti, sono obbligati in coscienza ad adoperarsi perché non diventi insufficiente il numero dei confessori per il fatto che alcuni sacerdoti trascurano questo nobile ministero,4 mentre attendono ad occupazioni secolari o ad altri ministeri non egualmente necessari, soprattutto se tali compiti possono essere svolti dai diaconi o da laici idonei.
È riservato all'Ordinario del luogo, dopo averne discusso con altri componenti della Conferenza Episcopale, giudicare se ricorrano le condizioni, di cui si è detto sopra,5 e stabilire, quindi, quando sia lecito impartire l'assoluzione sacramentale in forma collettiva.
Qualora, oltre ai casi stabiliti dall'Ordinario del luogo, si presenti un'altra grave necessità di impartire l'assoluzione sacramentale generale a più persone, il sacerdote è tenuto a ricorrere in precedenza, ogni volta che gli è possibile, all'Ordinario per poter impartire lecitamente l'assoluzione; in caso contrario, abbia cura di informare quanto prima il medesimo Ordinario di questo stato di necessità e dell'assoluzione che ha dato.
Per quel che riguarda i fedeli, perché essi possano usufruire dell'assoluzione sacramentale impartita a più persone insieme, si richiede assolutamente che siano ben disposti, cioè che ciascuno sia pentito dei peccati commessi, proponga di astenersene, intenda riparare gli scandali ed i danni eventualmente provocati, e proponga, altresì, di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, che al momento non può confessare.
Circa tali disposizioni e condizioni, richieste per la validità del sacramento, i fedeli debbono essere accuratamente avvertiti dai sacerdoti.
Coloro, ai quali sono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione in forma collettiva, devono accostarsi alla confessione auricolare prima di ricevere di nuovo una tale assoluzione, a meno che non siano impediti da una giusta causa.
Sono però strettamente obbligati a presentarsi entro un anno al confessore, eccetto il caso di impossibilità morale.
Rimane, infatti, in vigore anche per essi il precetto, in forza del quale ogni fedele è tenuto a confessare privatamente a un sacerdote, per lo meno una volta l'anno, i propri peccati, s'intende quelli gravi, che non ha ancora singolarmente confessati.6
I sacerdoti istruiscano i fedeli che è proibito per coloro i quali hanno coscienza di essere in peccato mortale, avendo a disposizione qualche confessore, di evitare, di proposito o per negligenza, l'assolvimento dell'obbligo della confessione individuale, aspettando l'occasione, in cui si imparte l'assoluzione a più persone insieme.7
Affinché, poi, i fedeli possano facilmente soddisfare all'obbligo di compiere la confessione individuale, si abbia cura che nelle chiese ci siano a disposizione dei confessori, nei giorni e nelle ore stabilite per la comodità dei fedeli.
Nei luoghi impervi e lontani, dove raramente il sacerdote può recarsi entro l'anno, si organizzino le cose in modo che il sacerdote, per quanto è possibile, ascolti, in ciascuna sua visita, le confessioni sacramentali di una parte dei penitenti, mentre agli altri penitenti – sempre che ricorrano le condizioni sopraindicate8 – impartirà l'assoluzione generale, in maniera tale che tutti i fedeli, almeno una volta l'anno, possano accostarsi alla confessione individuale.
Si inculchi con ogni cura ai fedeli che le celebrazioni liturgiche ed i riti penitenziali comunitari sono quanto mai utili per la preparazione di una più fruttuosa confessione dei peccati e per l'emendazione della vita.
Si eviti, però, che tali celebrazioni o riti siano confusi con la confessione sacramentale e con l'assoluzione.
Se, nel corso di tali celebrazioni, i penitenti hanno fatto la confessione individuale, ciascuno di essi riceva singolarmente l'assoluzione dal confessore, al quale si rivolge.
Nel caso, tuttavia, dell'assoluzione sacramentale data a più persone insieme, questa sia sempre impartita secondo lo speciale rito stabilito dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino.
La celebrazione di tale rito deve essere completamente distinta dalla celebrazione della Santa Messa.
Colui che si trova in una situazione tale che è di scandalo ai fedeli, può senz'altro ricevere, se è sinceramente pentito e propone seriamente di rimuovere lo scandalo, l'assoluzione sacramentale insieme con gli altri; tuttavia, non si accosti alla S. Comunione se non dopo aver rimosso lo scandalo, secondo il giudizio del confessore, al quale prima deve personalmente ricorrere.
Circa l'assoluzione dalle censure riservate, si osservino le norme del diritto vigente, calcolando il tempo del ricorso dalla prossima confessione individuale.
Per quanto riguarda la pratica della confessione frequente o « di devozione », i sacerdoti non si permettano di dissuaderne i fedeli.
Al contrario, facciano rilevare i frutti abbondanti che essa apporta alla vita cristiana,9 e si dimostrino sempre pronti ad ascoltarla, ogni qualvolta i fedeli ragionevolmente ne fanno richiesta. Bisogna assolutamente evitare che la confessione individuale sia riservata ai soli peccati gravi; ciò, infatti, priverebbe i fedeli dell'ottimo frutto della confessione e nuocerebbe al buon nome di coloro che si accostano singolarmente al sacramento.
Le assoluzioni sacramentali impartite in forma collettiva, senza che siano osservate le norme sopracitate, sono da considerare come gravi abusi.
Tutti i pastori debbono evitare con cura tali abusi, consapevoli della propria responsabilità nei riguardi del bene delle anime e della dignità del sacramento della penitenza.
Il Sommo Pontefice Paolo VI, nell'Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede il 16 giugno 1972, ha approvato in modo speciale queste norme e ne ha ordinato la promulgazione.
Roma, dal palazzo della Congregazione per la Dottrina della Fede, 16 giugno 1972.
Franjo Card. Šeper
Prefetto
Mons. Paul Philippe
Segretario
1 | Cf. Lumen gentium, n. 11 |
2 | Cf. Sess. XIV, Canones de sacramento paenitentiae 4, 6-9 |
3 | Cf. Prop. 59, ex damnatis ab Innocentio XI die 2 Martii 1679: DS 2159 |
4 | Cf. Presbiterorum Ordinis, n. 5,
n. 13; Christus Dominus, n. 30 |
5 | N. III |
6 | Cf. Concilium Lateranense IV, c. 21, cum Concilium Trid., Doctrina de Sacramento Paenitentiae, c. 5 De confessione et can. 7-8; cf. etiam Prop. 11 damnata a S. C. S. Officii in Decr. 24 Sept. 1665: DS 2031 |
7 | Cf. Instructio S. Paenit. Apost. diei 25 Martii 1944 |
8 | Cf. N. III |
9 | Cf. Mystici Corporis |