Aspetti della formazione spirituale nei seminari |
Agli Ecc.mi Ordinari del luogo
La « Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis » - e, quindi, le diverse « Ratio » preparate dalle conferenze episcopali nazionali - hanno dato alla formazione spirituale nei seminari il posto che le conviene: il primo.
Numerosi indizi positivi, tuttavia, oggi inducono a pensare che la riflessione in questo settore può e deve essere opportunamente e utilmente approfondita; che gli animi sono pronti ad accogliere tale approfondimento e che ne possiamo attendere, con la grazia di Dio, grandi frutti.
Dopo aver rilevato i segni che ci incoraggiano in questo senso, la presente lettera circolare si propone - senza voler fare uno studio completo e sistematico - di richiamare l'attenzione dei seminari su alcuni punti particolari, sui quali sembra che attualmente si debba insistere.
Si suggerirà, come conclusione, un'iniziativa che potrebbe essere di grande rilevanza per l'avvenire del sacerdozio nella Chiesa.
Il segno che vorremmo prima di tutto rilevare - perché impressiona maggiormente questo Sacro Dicastero - è costituito dalla qualità veramente eccezionale dei « Piani di azione per le vocazioni », di cui ci siamo permessi di domandare la preparazione agli Ecc.mi Vescovi, e che ci giungono con un ritmo insperato.
Questi Piani manifestano, per la loro ispirazione spirituale, un tale clima di coraggiosa fede che sembra giunta l'ora propizia per iniziative che non risulteranno certo vane.
Se i progetti diocesani fossero soltanto o principalmente la testimonianza di una tecnica ingegnosa, non giustificherebbero questa circolare; ma il posto riservato alla preghiera, presente dappertutto in primo luogo come condizione essenziale e come anima di ogni iniziativa, ha l'evidenza di una grazia: noi stiamo vivendo una delle ore « favorevoli » in cui si possono richiedere impegni generosi.
D'altra parte, non ci troviamo di fronte soltanto a progetti e a speranze.
La ripresa, su larga scala, della curva delle vocazioni nel mondo conferma la presenza di un'azione provvidenziale che sta portando i suoi frutti.
Indubbiamente, ancora molte diocesi e intere nazioni - una minoranza, tuttavia - sono lente a seguire quest'ascesa e continuano a suscitare addirittura preoccupazione.
É però significativo il fatto che dove si afferma la tendenza a migliorare, e soprattutto dove la stessa è più inattesa e accentuata, si sente spesso questa interpretazione ufficiale dei Vescovi: l'inversione di tendenza si deve principalmente al rinnovamento spirituale dei seminari; rinnovamento cercato e attuato in forme diverse, ma con la presenza di punti comuni sui quali dovremo soffermarci, per profittare di questa esperienza e trovare le vie di progresso.
Non si deve trascurare un'altra considerazione.
Tutti oggi concordano nel riconoscere un po' dappertutto nella Chiesa, e anche fuori della Chiesa, un vero « invito alla preghiera ».
Non si contano più i « Centri » nei quali si va a cercare un'iniziazione alla preghiera, dove ci si incontra per questo scopo, dove si pensa di trovare un « maestro di preghiera ».
A tale fine talvolta si affrontano lunghi viaggi, con il rischio quasi certo di sviarsi e di essere delusi.
Basta che sia proposto da qualche parte un metodo, perché si presentino subito allievi disposti a provarlo.
Ma quali che possano essere le disposizioni degli spiriti, quali che siano gli errori e gli insuccessi, l'invito esiste, generale, profondo.
E, in molti modi, vi è stata già data una degna risposta.
Ma ci si rende sufficientemente conto dell'ampiezza di questo bisogno e della straordinaria possibilità che si offre così alla Chiesa per il progresso della fede?
A patto che si possa trovare nei sacerdoti dei veri « maestri di preghiera », sicuri della tradizione, viventi personalmente un'esperienza profonda, fervida, capaci di essere saggi e prudenti « direttori di anime », nella linea dei grandi modelli e degli inviti precisi del nostro tempo.
Si tratta di tutt'altra cosa che dare un giudizio su movimenti, spesso ambigui nella loro origine, ma di mettere i sacerdoti in grado di rispondere effettivamente all'invito che Dio rivolge ai suoi chiamati, perché possano essere maestri di preghiera.
Bisogna infine considerare come insignificante il contesto generale della vita della Chiesa?
Non si deve forse pensare che la Chiesa stia vivendo una serie impressionante di avvenimenti, la cui densità spirituale ha sconcertato le guide abituali della pubblica opinione, e le ha disarmate come dinanzi all'evidenza dell'intervento di un elemento superiore ai fattori puramente umani?
Chi non si è fermato commosso e pensoso davanti alla sorprendente grandezza dei funerali di Paolo VI di cui il mondo intero è stato testimone, grazie agli strumenti della comunicazione sociale?
Chi non ha almeno sospettato qualcosa di più di un « fatto diverso » nei Conclavi sorprendentemente rapidi e unanimi che seguirono, e nell'evento di un Papa « venuto da lontano », la cui semplicità e la cui fede senza ombra hanno conquistato fin dall'inizio il cuore dei fedeli?
Si può pensare che la presenza di una tale guida - dopo le tempeste postconciliari - sia un'opportunità inaudita perché possano sorgere sacerdoti forti della medesima fede, attinta alle sorgenti della medesima preghiera.
Occorre qui notare fino a quale punto le giovani generazioni sono a loro modo solidali con la situazione attuale sopra accennata.
I giovani aspettano il Cristo; aspettano che venga loro mostrato; che venga loro fatto amare.
Sono pronti ad accogliere i sacerdoti che se ne dimostrano capaci.
Essi si offrirebbero numerosi con entusiasmo a questa impresa, perciò i nostri seminari devono rispondere alla loro attesa: l'avvenire della Chiesa si decide, nell'ora presente, soprattutto nella formazione spirituale dei futuri sacerdoti.
Nell'animo del giovane di oggi il bisogno spirituale prende naturalmente e generalmente la forma della ricerca inquieta di una ragione di vivere, che il mondo circostante non gli offre.
Il mondo lo lascia così di fronte alla vita privo di ciò che le darebbe senso.
Noi sappiamo dalla fede che questa ragione di vivere è il Cristo, e nessun altro.
Il giovane che aspira al sacerdozio ha cominciato a comprenderlo: sa che altri lo intuiscono e, più o meno distintamente, pronunziano già il nome del Cristo; questo giovane vorrebbe farlo conoscere loro nella sua piena verità, e chiede al seminario di renderlo capace di questo servizio.
Nessun ambiente, come quello giovanile, è più sensibile al vuoto spirituale che deve essere colmato.
Ma è anche vero che qui più che altrove sono da temere le soluzioni disperate: attrattiva di ideologie menzognere, promesse folli di esperienze mortali, come la droga, il rifiuto di ogni norma morale, familiare, sociale; al limite, rinunzia pura e semplice a vivere.
Chi porterà a questa generazione Gesù Cristo, la sola vera risposta, dovrà egli stesso possedere una solida preparazione, e aver trovato nel Cristo non solo la luce, ma la forza: la vera ragione di vivere, il vero modello di umanità da seguire, il Salvatore con il quale comunicare, e che occorre « aiutare », secondo la parola familiare a santa Teresa d'Avila.
É da qui che si definisce il compito essenziale di un seminario, quello dei maestri che dovranno formare i futuri sacerdoti per una nuova generazione.
É il Cristo colui verso il quale la grazia ha attirato lo sguardo del giovane che aspira al sacerdozio.
A Lui egli ha già donato il suo cuore, nello slancio di una generosità che ignora ancora le esigenze della formazione, ma che ne accetta già per istinto tutti i sacrifici.
Il futuro sacerdote sa già che dovrà donare tutto, e nel fondo del suo cuore già tutto dona.
Il Cristo: i mezzi impiegati nella vita del seminario non hanno altro scopo che permettere a questa grazia iniziale di svilupparsi pienamente, secondo la misura donata a ciascuno.
Sarà necessario che il cuore del futuro sacerdote si liberi da tutto ciò che nella sua natura e nelle sue abitudini potrebbe costituire un ostacolo al progresso dell'amore del Cristo.
Sarà necessario che tutte le risorse del suo essere siano impiegate per diventare strumenti adatti a tale fine.
Il Cristo conosciuto, cercato, amato sempre più attraverso gli studi, i sacrifici personali, le vittorie su se stesso, nella lenta conquista delle virtù della giustizia, della fortezza, della temperanza, della prudenza.
Il Cristo contemplato con molta pazienza e fervida tenacia, perché a poco a poco, secondo la mirabile immagine di s. Paolo ( cfr. 2 Cor 3,18 ), il volto stesso di Lui si imprima nel volto del credente.
Il Cristo continuamente offerto al Padre per la salvezza del mondo nel mistero di cui il sacerdote sarà, in primo luogo, il ministro.
Il Cristo di cui non si può non parlare, e il cui regno, nella forza dello Spirito Santo e per la gloria del Padre, è divenuto l'impegno costante e la ragione unica di un'esistenza.
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