Teologia della liberazione |
1. Il richiamo contro le gravi deviazioni, di cui sono portatrici talune "teologie della liberazione", non deve assolutamente essere interpretato come un'approvazione, neppure indiretta, di coloro che contribuiscono al mantenimento della miseria dei popoli, di coloro che ne approfittano e di coloro che questa miseria lascia rassegnati o indifferenti.
La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall'amore dell'uomo, ascolta il grido che invoca giustizia28 e vuole rispondervi con tutte le sue forze.
2. Pertanto è rivolto alla Chiesa un appello quanto mai impegnativo.
Con audacia e coraggio, con chiaroveggenza e prudenza, con zelo e forza d'animo, con un amore verso i poveri che si spinge fino al sacrificio, i pastori, come del resto già molti fanno, dovranno considerare come un compito prioritario la risposta a questo appello.
3. Tutti coloro che - sacerdoti, religiosi e laici - udendo il grido che invoca giustizia, vogliono lavorare per l'evangelizzazione e la promozione umana, dovranno farlo in comunione con i loro Vescovi e con la Chiesa, ciascuno secondo la propria specifica vocazione ecclesiale.
4. Coscienti del carattere ecclesiale della loro vocazione, i teologi collaboreranno, con lealtà e in spirito di dialogo, con il Magistero della Chiesa.
Essi sapranno riconoscere nel Magistero un dono di Cristo alla sua Chiesa ( Cf. Lc 10,16 ) e ne accoglieranno la parola e le direttive con rispetto filiale.
5. Solo partendo dalla missione evangelizzatrice intesa nella sua integralità si possono comprendere le esigenze di una promozione umana e di una liberazione autentica.
Questa liberazione ha come pilastri indispensabili la verità su Gesù Cristo, il Salvatore, la verità sulla Chiesa, la verità sull'uomo e sulla sua dignità.30
La Chiesa che vuole essere nel mondo intero la Chiesa dei poveri, intende servire la nobile lotta per la verità e per la giustizia, alla luce delle Beatitudini, e soprattutto della beatitudine dei poveri di spirito.
Essa si rivolge a ciascun uomo e, per questa ragione, a tutti gli uomini.
Essa è "la Chiesa universale.
La Chiesa dell'incarnazione.
Non è la Chiesa di una classe o di una casta soltanto.
Essa parla in nome della verità stessa.
Questa verità è realista".
Essa insegna a tener conto "di ogni realtà umana, di ogni ingiustizia, di ogni tensione, di ogni lotta".31
6. Una difesa efficace della giustizia deve appoggiarsi sulla verità dell'uomo, creato ad immagine di Dio e chiamato alla grazia della filiazione divina.
Il riconoscimento del vero rapporto dell'uomo con Dio costituisce il fondamento della giustizia, in quanto essa regola i rapporti tra gli uomini.
Per questo motivo la lotta per i diritti dell'uomo, che la Chiesa continuamente richiama, costituisce l'autentica lotta per la giustizia.
7. La verità dell'uomo esige che questa lotta sia condotta con mezzi conformi alla dignità umana.
Per questo deve essere condannato il ricordo sistematico e deliberato alla violenza cieca, da qualsiasi parte venga.32
Affidarsi ai mezzi violenti nella speranza di instaurare una maggiore giustizia significa essere vittime di un'illusione mortale.
La violenza genera violenza e degrada l'uomo.
Essa ferisce la dignità dell'uomo nella persona delle vittime e avvilisce questa stessa dignità in coloro che la praticano.
8. L'urgenza di riforme radicali delle strutture che ingenerano la miseria e costituiscono in se stesse delle forme di violenza non deve far perdere di vista che la sorgente delle ingiustizie risiede nel cuore degli uomini.
Quindi soltanto facendo appello alle capacità etiche della persona e alla continua necessità di conversione interiore si otterranno dei cambiamenti sociali che saranno veramente al servizio dell'uomo.33
Infatti man mano che collaboreranno liberamente, di propria iniziativa e solidarmente, per questi cambiamenti necessari, gli uomini, risvegliati al senso della loro responsabilità si realizzeranno sempre più come uomini.
Tale capovolgimento tra moralità e strutture è pregnante di una antropologia materialista incompatibile con la verità sull'uomo.
9. Quindi è un'illusione mortale anche credere che delle nuove strutture daranno vita, per se stesse, ad un "uomo nuovo", nel senso della verità dell'uomo.
Il cristiano non può dimenticare che la sorgente di ogni vera novità è lo Spirito Santo, che ci è stato dato, e che il signore della storia è Dio.
10. Così pure, il rovesciamento delle strutture generatrici d'ingiustizia mediante la violenza rivoluzionaria non è ipso facto l'inizio dell'instaurazione di un regime giusto.
Tutti coloro che vogliono sinceramente la vera liberazione dei loro fratelli devono riflettere su un fatto di grande rilevanza del nostro tempo.
Milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono privati da parte dei regimi totalitari e atei che si sono impadroniti del potere per vie rivoluzionarie e violente, proprio in nome della liberazione del popolo.
Non si può ignorare questa vergogna del nostro tempo: proprio con la pretesa di portare loro la libertà, si mantengono intere nazioni in condizioni di schiavitù indegne dell'uomo.
Coloro che, forse per incoscienza, si rendono complici di simili asservimenti tradiscono i poveri che intendono servire.
11. La lotta di classe come via verso una società senza classi è un mito che blocca le riforme e aggrava la miseria e le ingiustizie.
Coloro che si lasciano affascinare da questo mito dovrebbero riflettere sulle amare esperienze storiche alle quali esso ha condotto.
Comprenderebbero allora che non si tratta di abbandonare un modo efficace di lotta in favore dei poveri per un ideale utopico.
Si tratta, al contrario, di liberarsi di un miraggio per appoggiarsi sul Vangelo e sulla sua forza di trasformazione.
12. Una delle condizioni per il necessario ritorno alla retta teologia è la rivalutazione dell'insegnamento sociale della Chiesa.
Questo insegnamento non è per niente chiuso, ma, al contrario, è aperto a tutti i nuovi problemi che non mancano di porsi nel corso del tempo.
In questa prospettiva, è indispensabile oggi il contributo dei teologi e dei pensatori di tutte le parti del mondo alla riflessione della Chiesa.
13. Così pure, per la riflessione dottrinale e pastorale della Chiesa è necessaria l'esperienza di coloro che lavorano direttamente all'evangelizzazione e promozione dei poveri e degli oppressi.
In questo senso occorre dire che si prende coscienza di alcuni aspetti della verità a partire dalla prassi, se per prassi si intendono una prassi pastorale e una prassi sociale che restano di ispirazione evangelica.
14. L'insegnamento della Chiesa in materia sociale fornisce i grandi orientamenti etici.
Ma perché possa guidare direttamente l'azione, esso esige delle personalità competenti sia dal punto di vista scientifico e tecnico, che nel campo delle scienze umane e della politica.
I pastori dovranno essere attenti alla formazione di tali personalità competenti, che vivano profondamente il Vangelo.
I laici, il cui compito specifico è di costruire la società, vi sono coinvolti in maniera particolare.
15. Le tesi delle "teologie della liberazione" sono largamente diffuse, sotto forma ancora semplificata, in circoli di formazione o nei gruppi di base, che mancano di preparazione catechetica e teologica.
Per questo sono accettate, senza la possibilità di un giudizio critico, da uomini e donne generosi.
16. Per questo i Pastori devono vigilare sulla qualità e sul contenuto della catechesi e della formazione, che deve sempre presentare la integralità del messaggio della salvezza e gli imperativi della vera liberazione dell'uomo nel quadro di questo messaggio integrale.
17. In questa presentazione integrale del mistero cristiano sarà opportuno mettere l'accento sugli aspetti essenziali che le "teologie della liberazione" tendono in particolar modo a misconoscere o a eliminare: trascendenza e gratuità della liberazione in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, sovranità della sua grazia, vera natura dei mezzi di salvezza, specialmente della Chiesa e dei sacramenti.
Si dovranno richiamare il vero significato dell'etica, per la quale non può essere relativizzata la distinzione tra il bene e il male, il senso autentico del peccato, la necessità della conversione e l'universalità della legge dell'amore fraterno.
Si metterà in guardia contro una politicizzazione dell'esistenza, che misconoscendo tanto la specificità del Regno di Dio, quanto la trascendenza della persona, finisce per sacralizzare la politica e per sfruttare la religiosità del popolo in favore di iniziative rivoluzionarie.
18. I difensori della "ortodossia" sono talvolta rimproverati di passività, di indulgenza o di complicità colpevoli nei confronti delle intollerabili situazioni di ingiustizia e dei regimi politici che mantengono tali situazioni.
Si richiede da parte di tutti, e specialmente da parte dei pastori e dei responsabili la conversione spirituale, l'intensità dell'amore di Dio e del prossimo, lo zelo per la giustizia e la pace, il senso evangelico dei poveri e della povertà.
La preoccupazione della purezza della fede non deve essere disgiunta dalla preoccupazione di dare, mediante una vita teologale integrale, la risposta di un'efficace testimonianza di servizio del prossimo, e in modo tutto particolare del povero e dell'oppresso.
Mediante la testimonianza della loro forza di amare, dinamica e costruttiva, i cristiani getteranno così le basi di quella "civiltà dell'amore", di cui ha parlato, dopo Paolo VI, la Conferenza di Puebla.34
Del resto sono numerosi coloro che - sacerdoti, religiosi o laici - si consacrano in maniera veramente evangelica alla creazione di una società giusta.
Indice |
28 | Cf. Doc. di Puebla, I, III, n. 3.3 |
30 | Cf. Giovanni Paolo II,
Discorso di apertura della Conferenza di Puebla; Doc. di Puebla, II, 1 |
31 | Cf. Giovanni Paolo II, Discorso alla Favela "Vidigal" a Rio de Janeiro, 2 luglio 1980 |
32 | Cf. Doc. di Puebla, II, II, n. 5.4 |
33 | Cf. Doc. di Puebla, IV, 3, n. 3.3 |
34 | Cf. Doc. di Puebla, IV, 2, n. 2.4 |