Rito della Penitenza |
Il sacramento della Penitenza si celebra di norma, salvo un giusto motivo, nella chiesa o nell'oratorio.
Relativamente alla sede per le confessioni, vengano stabilite dalla Conferenza dei Vescovi delle norme, garantendo tuttavia che sempre ci siano, in luogo patente, dei confessionali provvisti di grata fissa tra il penitente e il confessore, in modo che i fedeli che lo desiderano possano liberamente servirsene.
Non si ricevano delle confessioni fuori della sede per le confessioni, se non per giusta causa ( cf CIC, 964 ).
La riconciliazione dei penitenti si può celebrare in qualsiasi giorno e tempo.
Conviene però che i fedeli sappiano il giorno e l'ora in cui il sacerdote è disponibile per l'esercizio di questo ministero.
S'inculchi comunque nei fedeli l'abitudine di accostarsi al sacramento della Penitenza fuori della celebrazione della Messa, e preferibilmente in ore stabilite.
La Quaresima è il tempo più adatto per la celebrazione del sacramento della Penitenza, perché fin dal giorno delle Ceneri risuona solenne l'invito rivolto al popolo di Dio: "Convertitevi, e credete al Vangelo".
È bene organizzare a più riprese, in Quaresima, varie celebrazioni penitenziali, in modo che tutti i fedeli abbiano modo di riconciliarsi con Dio e con i fratelli e di celebrare poi, rinnovati nello spirito, il triduo pasquale del Signore morto e risorto.
Quanto alle vesti liturgiche da usarsi nella celebrazione della Penitenza, si stia alle norme stabilite dagli Ordinari dei luoghi.
Il sacerdote e il penitente si preparino alla celebrazione del sacramento anzitutto con la preghiera.
Il sacerdote invochi lo Spirito Santo, per averne luce e carità; il penitente confronti la sua vita con l'esempio e con le parole di Cristo, e si raccomandi a Dio perché perdoni i suoi peccati.
Il sacerdote accolga il penitente con fraterna carità ed eventualmente lo saluti con espressioni di affabile dolcezza.
Quindi il penitente si fa il segno di croce, dicendo: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Anche il sacerdote può segnarsi con lui.
Poi il sacerdote con una breve formula invita il penitente alla fiducia in Dio.
Se il penitente è sconosciuto al confessore, è bene che gli precisi la sua condizione, il tempo trascorso dalla ultima confessione, le eventuali difficoltà della sua vita cristiana e tutto quanto può essere utile al confessore per l'esercizio del suo ministero.
Quindi il sacerdote, o anche il penitente stesso, legge, secondo l'opportunità, un testo della Sacra Scrittura; la lettura però si può fare anche nella preparazione al sacramento.
È infatti la parola di Dio che illumina il fedele a conoscere i suoi peccati, lo chiama alla conversione e gl'infonde fiducia nella misericordia di Dio.
Il penitente confessa poi i suoi peccati, cominciando, dove c'è l'uso, dalla formula della confessione generale ( p. es. il Confesso a Dio ).
Il sacerdote lo aiuti, se necessario, a fare con integrità la sua confessione, lo esorti a pentirsi sinceramente delle offese fatte a Dio, gli rivolga buoni consigli per indurlo a iniziare una vita nuova, e lo istruisca, qualora ce ne fosse bisogno, sui doveri della vita cristiana.
Se il penitente si fosse reso responsabile di danni, o avesse dato motivo di scandalo, il confessore gli ricordi il dovere di una congrua riparazione.
Quindi il sacerdote impone al penitente la soddisfazione; soddisfazione che sia non solo un'espiazione delle colpe commesse, ma anche un aiuto per iniziare una vita nuova, e un rimedio all'infermità del peccato; la soddisfazione deve quindi corrispondere, per quanto possibile, alla gravita e alla natura dei peccati accusati e può opportunamente concretarsi nella preghiera, nel rinnegamento di sé, e soprattutto nel servizio del prossimo e nelle opere di misericordia: con esse infatti si pone meglio in luce il carattere sociale sia del peccato che della sua remissione.
Fatta l'accusa e ricevuta la soddisfazione, il penitente manifesta la sua contrizione e il proposito di una vita nuova, recitando una preghiera, con la quale chiede a Dio Padre perdono dei suoi peccati.
È bene usare una formula composta di espressioni della Sacra Scrittura.
Dopo la preghiera del penitente, il sacerdote, tenendo stese le mani, o almeno la mano destra, sul capo del penitente stesso, pronunzia la formula dell'assoluzione, nella quale sono essenziali le parole: Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Nel dire queste ultime parole, il sacerdote traccia sul penitente il segno di croce.
La formula dell'assoluzione indica che la riconciliazione del penitente viene dalla misericordia del Padre;
fa vedere il nesso fra la riconciliazione del penitente e il mistero pasquale di Cristo;
sottolinea l'azione dello Spirito Santo nella remissione dei peccati;
mette in luce infine l'aspetto ecclesiale del sacramento per il fatto che la riconciliazione con Dio viene richiesta e concessa mediante il ministero della Chiesa.
Ricevuta la remissione dei peccati, il penitente riconosce e confessa la misericordia di Dio e a lui rende grazie con una breve invocazione, tratta dalla Sacra Scrittura; quindi il sacerdote lo congeda in pace.
Il penitente prosegue poi la sua conversione e la esprime con una vita rinnovata secondo il Vangelo e sempre più ravvivata dall'amore di Dio, perché "la carità copre una moltitudine di peccati" ( 1 Pt 4,8 ).
Se una necessità pastorale lo consiglia, il sacerdote può omettere o abbreviare alcune parti del rito, purché però siano sempre conservate integralmente: la confessione dei peccati e l'accettazione della soddisfazione, l'invito alla contrizione ( n. 44 ), la formula dell'assoluzione e quella del congedo.
In caso di pericolo di morte imminente, basta che il sacerdote pronunzi le parole essenziali della formula della assoluzione, cioè: Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spinto Santo.
22. Quando più penitenti si riuniscono per ottenere la riconciliazione sacramentale, è bene che vi si preparino con una celebrazione della parola di Dio.
A tale celebrazione possono però partecipare anche altri fedeli, che in altro tempo si accosteranno al sacramento.
La celebrazione comune manifesta più chiaramente la natura ecclesiale della penitenza.
I fedeli infatti ascoltano tutti insieme la parola di Dio, che proclama la sua misericordia e li invita alla conversione, confrontano la loro vita con la Parola stessa, e si aiutano a vicenda con la preghiera.
Dopo che ognuno ha confessato i suoi peccati e ha ricevuto l'assoluzione, tutti insieme lodano Dio per le meraviglie da lui compiute a favore del popolo, che egli si è acquistato con il sangue del Figlio suo.
Se necessario, ci siano a disposizione più sacerdoti, che in luoghi adatti possano ascoltare e assolvere i penitenti.
Quando i fedeli sono riuniti, si esegue secondo l'opportunità un canto adatto.
Quindi il sacerdote saluta i fedeli, ed egli stesso o un altro ministro fa, se necessario, una breve introduzione alla celebrazione con indicazioni pratiche sul suo svolgimento concreto.
Quindi invita tutti alla preghiera, e dopo una sosta di silenzio recita l'orazione.
Il sacramento della Penitenza deve prendere l'avvio dall'ascolto della parola di Dio, perché proprio con la sua Parola Dio chiama a penitenza, e porta alla vera conversione del cuore.
Si possono scegliere una o più letture.
Se più, s'intercali fra di esse un salmo, o un altro canto adatto, o uno spazio di silenzio, per favorire una più profonda intelligenza della parola di Dio e il conseguente assenso del cuore.
Se si fa una sola lettura, è bene trarla dal Vangelo.
Quanto ai criteri di scelta, si dia la preferenza a quelle letture nelle quali:
a) la parola di Dio richiama gli uomini alla conversione e a una sempre maggiore conformità a Cristo Signore;
b) viene presentato il mistero della riconciliazione mediante la morte e risurrezione di Cristo e il dono dello Spirito Santo;
c) viene riportato il giudizio di Dio sul bene e sul male nella vita degli uomini, allo scopo di illuminare la coscienza e facilitarne l'esame.
25. L'omelia, impostata sul testo della Sacra Scrittura, ha lo scopo di portare i penitenti all'esame di coscienza, alla rinunzia al peccato e alla conversione a Dio.
Deve quindi far comprendere ai fedeli che il peccato contro Dio si ritorce contro la comunità, contro il prossimo, contro il peccatore stesso.
Si ponga quindi nel debito rilievo:
a) l'infinita misericordia di Dio, che supera tutte le nostre iniquità; per questa misericordia, Dio non cessa di chiamarci al suo cuore di Padre;
b) la necessità della penitenza interna, con la sincera disposizione che ne deriva, di riparare i danni del peccato;
c) l'aspetto sociale della grazia e del peccato, per cui gli atti dei singoli si ripercuotono in qualche modo su tutto il corpo della Chiesa;
d) l'impegno della nostra soddisfazione, che attinge la sua forza dalla soddisfazione di Cristo, ed esige anzitutto, oltre le opere di penitenza, l'esercizio della vera carità verso Dio e verso il prossimo.
26. Terminata l'omelia, si faccia un'opportuna sosta di silenzio, per dar modo ai penitenti di raccogliersi nell'esame di coscienza e muovere il cuore a una vera contrizione dei peccati.
Possono prestare il loro aiuto il sacerdote stesso o il diacono o un altro ministro, che suggeriscano brevi pensieri o recitino una preghiera litanica, tenendo sempre presente l'età, la condizione ecc., dei fedeli presenti.
Se lo si riterrà opportuno, l'esame comunitario di coscienza, come pure l'azione intesa a suscitare la contrizione, possono tener luogo dell'omelia; in questo caso, però, ci si deve chiaramente ispirare al brano della Sacra Scrittura letto precedentemente.
Su invito del diacono o di un altro ministro, tutti genuflettono o s'inchinano, e recitano la formula della confessione generale ( p. es. il Confesso a Dio ); quindi stando in piedi, secondo l'opportunità, recitano la preghiera litanica o eseguono un canto adatto, con cui si esprima la confessione dei peccati, la contrizione del cuore, l'implorazione di perdono e la fiducia nella misericordia di Dio.
Alla fine si dice il Padre nostro, che non si deve mai omettere.
28. Dopo la recita del Padre nostro, i sacerdoti si distribuiscono nei luoghi predisposti per l'ascolto delle confessioni.
I penitenti che desiderano fare la confessione dei loro peccati, si recano dal sacerdote di loro scelta, e accettata la soddisfazione, ricevono dal sacerdote l'assoluzione con la formula per la riconciliazione di un singolo penitente.
29. Terminate le confessioni, i sacerdoti ritornano in presbiterio.
Colui che presiede, invita tutti al rendimento di grazie, con cui i fedeli proclamano la misericordia di Dio.
Ciò si può fare con un salmo, un inno o una preghiera litanica.
A conclusione della celebrazione, il sacerdote recita un'orazione, a onore e lode di Dio per l'amore grande con cui ci ha amati.
Terminato il ringraziamento, il sacerdote benedice i fedeli.
Quindi il diacono o il sacerdote stesso congeda l'assemblea.
La confessione individuale e integra e l'assoluzione costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa; solamente una impossibilità fisica o morale scusa da una tale confessione; nel qual caso la riconciliazione si può avere in altri modi.
Non si può impartire in modo generale l'assoluzione a più penitenti insieme, senza la previa confessione individuale, se non:
a) incomba il pericolo di morte e manchi al sacerdote o ai sacerdoti il tempo per ascoltare la confessione dei singoli penitenti;
b) ci sia una grave necessità; quando, cioè, dato il numero dei penitenti, non si ha a disposizione un numero sufficiente di confessori per ascoltare come si conviene le confessioni dei singoli entro un tempo conveniente, sicché i penitenti sarebbero costretti, senza loro colpa, a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della santa comunione; però la necessità non è ritenuta sufficiente quando non possono essere a disposizione dei confessori per la sola ragione di una grande affluenza di penitenti, quale si può avere in occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio. ( Cf CIC, cc.960 e 961 § 1 )
32. Giudicare se ricorrano le condizioni richieste, di cui sopra al n. 31, spetta al vescovo diocesano, il quale, tenuto conto dei criteri concordati con gli altri membri della Conferenza dei Vescovi, può determinare i casi di tale necessità. ( Cf CIC, c. 961 § 2 )
33. Affinchè un fedele usufruisca validamente dell'assoluzione sacramentale impartita simultaneamente a più persone, si richiede che non solo sia ben disposto, ma insieme faccia il proposito di confessare a tempo debito i singoli peccati gravi che al momento non può confessare.
I fedeli, per quanto è possibile, anche nell'occasione di ricevere l'assoluzione generale, vengano istruiti circa i requisiti sopra indicati, e all'assoluzione generale, anche nel caso di pericolo di morte, qualora vi sia tempo sufficiente, venga premessa l'esortazione che ciascuno provveda a fare l'atto di contrizione. ( Cf CIC, c. 962 §§ 1 e 2 )
34. Coloro ai quali vengono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione generale, si accostino quanto prima, offrendosene l'occasione, alla confessione individuale, a meno che non ne siano impediti da una giusta causa.
Sono però strettamente obbligati, tolto il caso di impossibilità morale, a presentarsi entro un anno al confessore.
Rimane infatti in vigore anche per essi il precetto, in forza del quale ogni fedele è tenuto a confessare privatamente al sacerdote, almeno una volta all'anno, i suoi peccati, s'intende quelli gravi, non ancora specificatamente confessati. ( CIC, cc. 963 e 989 )
Per la riconciliazione dei penitenti con la confessione e l'assoluzione collettiva nei casi stabiliti dal diritto, tutto si svolge come sopra, nella celebrazione della riconciliazione per più penitenti, con la confessione e l'assoluzione individuale, fatte le sole varianti che seguono:
a) Terminata l'omelia, o nel corso della omelia stessa, si avvertano i fedeli, desiderosi di ricevere l'assoluzione generale, che vi si dispongano a dovere: che, cioè, ognuno si penta dei peccati commessi, proponga di evitarli, intenda riparare gli scandali e i danni eventualmente provocati, e s'impegni inoltre a confessare a tempo debito i singoli peccati gravi, di cui al momento non può fare l'accusa; venga inoltre proposta una soddisfazione che tutti dovranno fare; i singoli poi potranno, volendo, aggiungervi qualcosa.
b) Quindi il diacono o un altro ministro o il sacerdote stesso invita i penitenti, che vogliono ricevere l'assoluzione, a indicare con qualche segno - p. es. l'inchino del capo, la genuflessione o un altro segno, secondo le norme stabilite dalle Conferenze Episcopali - questa loro volontà, e a dire insieme la formula della confessione generale ( p. es. il Confesso a Dio ); dopo di che si può fare una preghiera litanica o eseguire un canto penitenziale; tutti poi dicono o cantano il Padre nostro come è stato detto sopra, al n. 27.
c) Quindi il sacerdote pronuncia l'invocazione con la quale si chiede la grazia dello Spirito Santo per la remissione dei peccati, si proclama la vittoria sul peccato per mezzo della morte e risurrezione di Cristo, e vien data ai penitenti l'assoluzione sacramentale.
d) In ultimo, il sacerdote invita al rendimento di grazie, come e stato detto sopra, al n. 29, e omessa l'orazione conclusiva, benedice il popolo e lo congeda.
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