11 settembre 1966
Il Santo Padre inizia la sua Omelia rivolgendo un fervido saluto al Vescovo Diocesano, al Parroco, al Clero, ai Religiosi, alle Autorità e alle molte Personalità presenti, agli Imprenditori e Dirigenti a tutte le categorie e alle Associazioni dei diletti Lavoratori.
È la prima volta che Egli visita questa città, e ne riceve una impressione che ben potrebbe dirsi simbolica.
Simbolo di che cosa?
Dei tempi nuovi, di questo doloroso, faticato ma anche glorioso dopoguerra, che ha visto risorgere il Paese in opere grandi, buone, oneste e protese verso l'avvenire, per cui si viene sempre più affermando un'impronta, una fisionomia che non esisteva in passato e cioè: la caratteristica industriale, del lavoro organizzato, dell'uomo che opera non da solo con le sue mani, ma con le macchine e in ragguardevoli comunità.
È il lavoro moderno.
E così: volendo commemorare uno storico Documento proprio sulle condizioni dei lavoratori, il Papa si è chiesto dove cercare un incontro con il mondo operaio.
La scelta è stata per Colleferro, ed Egli ne è lietissimo; ringrazia il Signore di poter qui salutare una rappresentanza tanto qualificata e appunto del lavoro industriale.
Perciò i lavoratori sono l'oggetto principale della sua visita: alle loro persone, a quanto essi compiono, a tutte le iniziative di assistenza e di sviluppo connesse con la loro fatica vanno le sollecitudini più ardenti del Padre delle anime.
I carissimi ascoltatori sanno che il motivo precipuo della presenza del Papa tra loro è per tributare onore e gratitudine ad un suo grande Predecessore: Leone XIII.
Settantacinque anni or sono quel Pontefice pubblicò un documento, ormai a tutti noto, che si intitola Rerum novarum: la grande Enciclica che tratta della questione operaia, della questione sociale.
È stato un gesto determinante, storico, con cui la, Chiesa si è impegnata alle questioni di quanti lavorano, e da allora essa di continuo si è interessata ai bisogni, alle aspirazioni, alle fatiche, difficoltà, lotte; in una parola sola: alle anime dei singoli lavoratori.
Partendo da questa memoria è agevole riassumere il movente della visita del Papa.
Perché sono venuto?
La presenza lo dice più che il discorso: sono venuto per dirvi che la Chiesa ama il mondo del lavoro, ama i lavoratori, gli operai, tutti quelli che svolgono un'attività secondo il modo con cui il lavoro moderno è organizzato, e con la psicologia, le esigenze le angustie che esso porta con sé.
Sono venuto ad assicurarvi dell'affetto, della solidarietà, dell'interesse che la Chiesa ha per voi.
Qui forse potrebbe affacciarsi in taluno una qualche obiezione: di certo non più quella, per tanto tempo diffusa, che negava senz'altro la presenza della Chiesa nel mondo del lavoro.
Le molte prove di questo suo raggiante apostolato risplendono ovunque, ed hanno dissipato la inconsistente accusa.
Piuttosto qualcuno ancora potrebbe avanzare un dubbio: sì, riconosciamo che la Chiesa si interessa; tuttavia, in pratica, che cosa essa può fare non avendo mezzi, capacità e competenza nelle questioni economiche, nei problemi industriali, sociali, del lavoro?
La sua funzione è quella di pregare il Signore, di predicare il Vangelo, ma non di andare in mezzo ai lavoratori.
Il suo è, dunque, un amore inefficace, dimostrativo, verbale.
Orbene il dubbio dilegua quando si pensi al reale e fattivo atteggiamento.
Se ne hanno prove eloquentissime e chiare.
Si tratta - e lo si può dimostrare con tanti esempi - di una premura non soltanto teorica; e nemmeno può asserirsi che essa assuma forme antiquate, inefficienti, paternalistiche, per proteggere e beneficare.
La Chiesa veglia sul popolo; ne illumina la coscienza e la forza; lo conduce ed aiuta a sentirsi libero, arbitro dei propri destini.
Basta dare uno sguardo a quanto è stato compiuto attuando i dettami sociali della Chiesa; all'azione politica ispirata dai principi cristiani, per avere di tutto mirabile conferma.
Noi vi conosciamo e desideriamo sempre più conoscervi.
La Chiesa si è curvata sopra le vostre condizioni; ha esaminato i vostri problemi.
Essa ancor oggi studia le condizioni di vita in cui siete; non ignora affatto le odierne esigenze dei lavoratori, soprattutto le trasformazioni sociali derivanti dalla macchina; sente i desideri e le domande per raggiungere una pienezza di giustizia e di armonia nella società.
Non ignorando affatto tali istanze, la Chiesa le esamina con tutta l'attenzione onesta e diligente; guarda in faccia le cose e cerca di comprendervi non soltanto nell'aspetto esteriore che può essere anche disciplinare e apparentemente ordinato, ma vi vede nel cuore, vi studia nel profondo della vostra psicologia.
Quante volte, negli anni decorsi, andando in mezzo agli operai, soprattutto durante il ministero pastorale svolto nell'Arcidiocesi di Milano, è occorso al Papa di scorgere tanti volti di lavoratori silenziosi, muti, che sembrano soltanto osservare.
In realtà non è che siano privi di un sentimento che non avvertono o che non vogliono esprimere.
Sono diffidenti e perciò rimangono quasi intimiditi.
Ebbene, la Chiesa spiega questo silenzio e questo riserbo.
Essa arriva nell'intimo del cuore e coglie il risentimento per tutto quanto è ingiusto o il rammarico per cose non bene eseguite.
Sa quindi rispondere all'interrogativo a proposito di chi realmente può bene guidare e ottenere tutto quanto è necessario non solo alla vita materiale, ma alla pace interiore.
La Chiesa difende i lavoratori.
Non sta semplicemente a guardare.
Ha precisato la sua dottrina; ha speso la sua autorità per la tutela e la promozione dei lavoratori, ha fatto suoi i loro diritti alla dignità, alla mercede.
Si schiera al di sopra d'ogni competizione e prende arditamente e risolutamente le loro difese.
E ciò compie - si intende - senza voce rivoluzionaria, senza demagogici termini altisonanti, od ostili.
Esercita, invece, tale difesa guardando le cose reali, giuste e possibili.
Si rifletta, poi, a quante opere la Chiesa ha suscitato per dare questa certezza e per venire incontro non soltanto con la parola, ma con i fatti concreti, con efficace organizzazione, alle tante necessità.
Ogni giorno essa cura e sviluppa il coordinamento delle iniziative.
Né va dimenticato che proprio la Chiesa - e ne parla diffusamente la Rerum novarum - propugna uno dei più grandi diritti della classe lavoratrice e cioè la libertà di associazione, l'elemento per sentirsi forza, per sentirsi popolo; e, in piena coerenza a questo principio, la Chiesa sempre più dispiega la sua attività illuminatrice e benefica.
Ancora un'altra mirabile realtà.
La Chiesa parla ai lavoratori.
Il Papa è venuto a Colleferro per commemorare una grande parola, pronunciata settantacinque anni or sono da Papa Leone.
Che cosa vuol dire questo continuo discorso della Chiesa?
Una grandissima cosa.
Sono le idee a guidare la vita; esse fanno trionfare le buone cause; danno al popolo la sua forza e tracciano i sentieri del suo destino.
C'è ormai una parola corrente che riassume tutto ciò: l'ideologia.
Essa è necessaria alle conquiste dell'avvenire.
Ora, sappiamo tutti che l'insegnamento della Chiesa non è parola d'interesse, di passione, di opportunismo.
Vi dice - e oggi vi ripete -: bisogna avere un pensiero; un'« ideologia ».
Sono le idee che muovono il mondo.
Sbagliare, perciò, sulle ideologie è gravissimo.
Ed è della più alta importanza attenersi alla buona, alla vera, a quella collaudata dalle esperienze della storia, su cui riposa - e dovrebbero pure ammetterlo coloro che non hanno la fortuna di condividerla - la luce del Vangelo; la luce del grande, umanissimo e divinissimo Maestro, Nostro Signore Gesù Cristo.
Egli ci insegna, nella realtà più completa e sublime, il valore della vita, la dignità del lavoro, la libertà umana e come deve essere intesa e impiegata, il mistero della fatica e del dolore che Gesù ha voluto assumere su di Sé con il sacrificio della Croce, indicandoci che, attraverso il dolore, è possibile trovare virtù e redenzione e, con questa, la speranza temporale e religiosa.
Tutto ciò proclama e insegna la Chiesa con l'autorità immensa che le deriva dal Magistero stesso di Cristo.
A suggello dunque del pio e fulgido incontro, tutti vogliano ricordare sempre che la Chiesa vuol bene ai lavoratori; li comprende; non ha alcun interesse di dominio.
Vuole liberarli, elevarli e far loro capire i reali valori della vita; dare loro la gioia di essere uniti nell'amore e non nell'odio.
Ed aggiunge un'altra parola che nessuno, all'infuori di Essa, può pronunciare: al di là di questa vita si raggiunge, attraverso il sudore, le lacrime e le speranze di quaggiù, la vita superna e senza fine.
Per ottenere questo ineffabile dono a quanti Lo ascoltano, il Santo Padre rivolgerà ora speciale preghiera al Signore durante il Divin Sacrificio, auspicando ogni grazia per i Lavoratori e per quanti procurano ad essi i mezzi della quotidiana attività; per le famiglie di ciascuno; per l'intera cittadinanza di Colleferro.
Che la benedizione di Leone XIII e del suo Successore qui presente sia ognora sulla vostra terra per l'ordine cristiano: da lui, da voi sognato, nella fede e nell'amore.