3 novembre 1984
Collegio Borromeo ( Pavia )
Fratelli e sorelle.
1. Porgo il mio cordiale saluto a tutti e a ciascuno di voi, ringraziandovi per la vostra presenza in quest'aula del Collegio Borromeo, vanto della città ed espressione emblematica della grandezza della mente e del cuore del fondatore.
Ringrazio il rettore monsignor Angelo Comini per le deferenti parole con le quali ha espresso i comuni sentimenti, e rivolgo un particolare pensiero al senatore Mino Martinazzoli, ministro di Grazia e giustizia ed ex alunno della grande famiglia borromaica, al principe Gilberto Borromeo, patrono del collegio, e agli illustri rettori degli altri collegi universitari pavesi.
Saluto cordialmente la schiera degli alunni e quella più folta degli ex alunni, le loro famiglie, il circolo Fuci di cui ricorre il centenario di fondazione e quanti si sono associati all'odierna manifestazione.
Nel calendario del mio pellegrinaggio ai luoghi legati alla memoria di san Carlo Borromeo, nel quarto centenario della morte, era doverosa una visita a questo monumentale edificio, che il fondatore chiamava, con senso di affettuoso compiacimento, "il collegio mio di Pavia" ( S. Caroli Borromaei, Lettera, 15 maggio 1566 ).
In esso san Carlo vi ha profuso non solo i tesori della sua generosità, ma lo ha reso segno della sua illuminata intelligenza nel campo della cultura e strumento della sua infaticabile attività pastorale.
Il fatto che l'opera abbia resistito all'erosione inesorabile del tempo, mentre tante istituzioni analoghe sono scomparse, ne pone in evidenza l'attualità dei fini.
Sono venuto qui appunto per sottolineare l'efficacia ispiratrice di questa istituzione, in un momento in cui più viva si fa sentire la necessità del rapporto fede-cultura.
Non si comprende nella sua portata l'istituzione del Collegio Borromeo senza pensare che il fondatore, come tutti i grandi realizzatori, aveva chiara la percezione della realtà della sua epoca, che storicamente segnava una svolta di civiltà:
sotto il profilo religioso, fu un secolo di crolli e insieme di ricostruzione;
sotto quello culturale, uno dei più ricchi e più splendidi nel cammino del progresso umano.
Con la scoperta dell'America erano cadute le antiche e millenarie barriere geografiche del vecchio mondo e si apriva un'era nuova.
Con i sommi geni del Rinascimento l'arte raggiungeva le vette in ogni campo dell'espressione, e l'umanesimo ridava fulgore alla lingua di Roma e di Grecia.
Era nata la stampa a creare le premesse della cultura di massa.
Nello stesso tempo il tessuto dell'unità cristiana subiva la lacerazione più vasta e profonda.
La Chiesa, però, non rimase alla finestra a guardare.
Con la realizzazione del Concilio di Trento compiva l'opera gigantesca di mettere a fuoco le fondamentali verità di fede, di ridarsi una disciplina interna e, con la collaborazione di un esercito fittissimo di grandi santi suscitati da Dio, d'impegnarsi nella rievangelizzazione del vecchio mondo e avviare l'evangelizzazione del nuovo.
San Carlo Borromeo, con la sua personale santità di vita e con la sua creatività pastorale, fu uno degli uomini di prima linea, all'altezza dei compiti.
L'idea e l'attuazione di un collegio universitario per giovani laici di ogni ceto fa parte di questo disegno di pastoralità concreta e anticipatrice.
La prima pietra della costruzione fu benedetta dal vescovo di Pavia nel 1564; il progetto dell'edificio, sorto in una località appartata, idonea a favorire il raccoglimento dello studio, fu affidato all'architetto Pellegrino Pellegrini, che gli diede un'impronta di spiccata originalità per la grandiosità della struttura e l'eleganza delle linee.
L'istituzione del collegio universitario pensata da san Carlo non rappresenta soltanto un frutto dello spirito del Rinascimento, un episodio del vasto movimento di rinnovamento cattolico, ma qualcosa di più, di molto di più: l'impegno primario dedicato alla formazione umana, spirituale e culturale dei giovani per la soluzione delle grandi crisi sociali, l'attenzione all'uomo come protagonista che forma le strutture e le condiziona alle sue esigenze di vita e di sviluppo.
Nell'ideare il "suo" collegio, san Carlo s'ispirò certo alla mentalità corrente del signorile mecenatismo, ma solo per raggiungere il superiore obiettivo della promozione umana; e questa fu da lui costantemente perseguita in varie direzioni: creazione dei seminari per la formazione del clero, e sviluppo della cultura superiore imbevuta di spirito religioso, come qui, per la preparazione dei quadri dirigenti laici cristiani della società emergente.
I capi non s'improvvisano, soprattutto in epoca di crisi.
Trascurare il compito di preparare nei tempi lunghi e con severità d'impegno gli uomini che dovranno risolverla, significa abbandonare alla deriva il corso delle vicende storiche.
La validità dell'iniziativa di san Carlo è riconfermata dal fatto che nella stessa Pavia, rimasta sempre al centro dell'attenzione della Chiesa, la fondazione del Borromeo fu seguita a breve distanza dal collegio Ghislieri, voluto da san Pio V, e recentemente dal collegio Santa Caterina da Siena fondato da Paolo VI.
San Carlo volle che il suo collegio fosse aperto alle giovani speranze dell'avvenire e, per non abbandonarle al pericolo dell'interruzione degli studi a motivo di mancanza di mezzi, non mancò di dotarlo con principesca larghezza di sufficienti sussidi finanziari assicurati da varie fonti, soprattutto ecclesiastiche, a cominciare dagli interventi dello zio Pio IV.
Parlando del collegio di Pavia, Giorgio Vasari scrisse che il cardinale Borromeo diede inizio a un "palazzo per la sapienza".
Non si può trovare espressione più felice ad indicare la mente del santo costruttore che, impegnato a risolvere il problema del rapporto tra fede e cultura, si proponeva tra i suoi obiettivi di elevare la scienza al livello di sapienza.
Quando l'autonomia della scienza si spinge al limite d'ignorare la fede, allora finisce col non servire più neppure l'uomo.
Abbinare il cammino della fede della gioventù universitaria col perfezionamento e la diffusione della cultura superiore, significava per il cardinale di Milano porre un argine a quei movimenti che, sotto l'apparente facciata di un rinnovamento evangelico, cadevano nel vecchio e ricorrente errore di alterare la vera essenza della Chiesa.
San Carlo, come tutti i santi, voleva una riforma cattolica nella Chiesa, non un cambiamento della Chiesa cattolica.
Nel suo collegio si discutevano e approfondivano le materie che erano oggetto delle lezioni universitarie, per sviluppare il senso critico, affinare le doti di dialettica e di eloquenza, ma anche per crescere nella luce della verità della fede.
La formazione spirituale rappresenta uno dei punti chiave delle finalità del fondatore.
Il binomio fede-cultura si sintetizza nella parola "Humilitas", che appare al centro dello stemma e diviene l'insegna del collegio.
Una divisa araldica che è una virtù.
"Gloriam praecedit humilitas. Humilitas alta petit".
La virtù che diventa il fondamento della vera grandezza dell'uomo perché spinge a puntare in alto.
Non c'è grandezza senza umiltà, e non c'è umiltà senza Dio.
Gesù insegna che la bontà dell'albero si conosce dalla qualità dei frutti.
Ora, uno sguardo retrospettivo alla storia del Borromeo conferma che tali frutti sono stati eccellenti.
Il primo studente del collegio aveva anch'egli il cognome Borromeo, e si chiamava Federico, cugino di san Carlo, anche lui cardinale, reso popolare dalle pagine del Manzoni.
Collaboratore e successore di san Carlo, fu come un secondo fondatore del collegio.
Nel quattro volte secolare elenco degli ex alunni si ritrovano i nomi illustri nel campo della cultura, della ricerca scientifica, dell'attività professionale e della vita pubblica, a servizio della Chiesa e della società.
C'è Carlo Forlanini, inventore del pneumotorace per la cura della tubercolosi.
C'è il beato Contardo Ferrini, insigne studioso di diritto romano.
Tra i molti vescovi e prìncipi della Chiesa, un alunno del Borromeo, il cardinale Ignazio Busca, è giunto alla carica di segretario di Stato.
Anche i collegi fratelli di Pavia hanno dato i loro frutti d'eccezione.
In questa lieta circostanza mi piace ricordare un ex alunno del Ghislieri, Teresio Olivelli, ucciso nel campo di sterminio di Hersbruck nel 1945, in una situazione simile a quella di san Massimiliano Kolbe.
Cari alunni ed ex alunni, avete davanti una gloriosa tradizione da seguire e da emulare.
Vi auguro di essere degni di simili modelli.
Così come auguro a tutta la grande famiglia del Borromeo e degli altri collegi pavesi di camminare su questa strada, perché il mondo contemporaneo, che è a una svolta di civiltà come all'epoca di san Carlo, sappia fare della fede cristiana l'ispiratrice d'un cammino più umano e civile.