22 febbraio 1992
Gorée ( Senegal )
Cari fratelli e sorelle,
1. Vi saluto di tutto cuore.
Lasciate che vi esprima la mia gioia e la mia emozione nel farvi visita in questa famosa isola di Gorée, la cui storia e le qualità architettoniche delle sue antiche case l'hanno fatta iscrivere nel patrimonio mondiale dell'umanità.
Sì, mentre vi partecipo la mia gioia, vi partecipo anche la mia viva emozione, l'emozione che si prova in un luogo come questo, profondamente segnato dalle incoerenze del cuore umano, teatro di una eterna lotta fra la luce e le tenebre, fra il bene e il male, fra la grazia e il peccato.
Gorée, simbolo della venuta del Vangelo della libertà, è anche, purtroppo, il simbolo dell'orribile aberrazione di coloro che hanno ridotto in schiavitù i fratelli e le sorelle ai quali era destinato il Vangelo della libertà.
Il Papa, che sente profondamente le gioie e le speranze come pure le tristezze e le angosce degli uomini, non può rimanere insensibile a tutto ciò che Gorée rappresenta.
2. Venendo qui, cari fratelli e sorelle, compio innanzitutto un pellegrinaggio alle fonti della Chiesa cattolica in Senegal.
In effetti, sin dal XV secolo, Gorée ha accolto i primi sacerdoti cattolici, i cappellani delle caravelle portoghesi che vi facevano scalo.
Certo, la Buona Novella della Salvezza in Gesù Cristo non si è diffusa tanto presto nel continente, ma in seguito Gorée e Saint-Louis divennero autentici focolai di evangelizzazione; il Papa è felice di rendere omaggio al loro splendore.
Inoltre, Gorée rivendica l'onore di aver donato alla Chiesa i primi sacerdoti senegalesi dei tempi moderni, ed è da Gorée che i missionari del Venerabile Padre Libermann andarono a fondare nel 1846 la missione di Dakar.
In questa chiesa consacrata a Carlo Borromeo, un santo che mi è particolarmente caro, è bello raccoglierci e prendere coscienza della grande grazia che la venuta del Regno di Dio in questa parte del mondo rappresenta.
Noi ci rallegriamo che venga esaudita, nella misura del segreto disegno della Provvidenza divina, la preghiera del Signore, che abbiamo appena ascoltato, e che la Chiesa ripete instancabilmente in tutte le epoche: "Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; Venga il tuo regno" ( Mt 6,10 ).
Sì, noi ringraziamo Dio per aver inviato qui i suoi apostoli e, riprendendo le parole del salmista, lo lodiamo perché "Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola" ( Sal 18,5 ).
Quando egli affidò ai suoi discepoli quello che lui chiama il "suo" comandamento, "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati", Cristo aggiunse queste parole: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" ( Gv 15,13 ).
Egli annunciava che lo avrebbe messo in pratica egli stesso con la sua morte sulla croce, con il suo sangue versato per noi e per tutti gli uomini.
Gli Apostoli e i martiri, uniti alla Passione del Salvatore, lo hanno imitato in questa testimonianza, così come i santi di tutti i tempi che hanno saputo fare dono della loro vita per la causa del Regno di Dio.
È a questa gloriosa schiera di araldi del Vangelo che appartengono i pionieri della fede venuti in questo paese per gettarvi i semi della parola di Dio e offrire la loro vita per i loro amici africani.
Sono felice di rendere grazie con voi per tutto ciò che è stato realizzato da generazioni di missionari: sacerdoti e catechisti, religiosi e religiose, fra cui la bella figura della Beata Anne-Marie Javouhey, che ha dato un notevole esempio, con tante altre, di autentico amore verso Dio e verso il prossimo.
Questi operai del Vangelo hanno formato dei quadri locali solidi in vista del suo radicamento.
Oggi, la Chiesa cattolica occupa il suo posto in Senegal, un posto modesto certo, ma molto reale; ed essa testimonia un autentico slancio evangelico, come dimostra particolarmente il sinodo della vostra Arcidiocesi al quale date il vostro contributo come comunità cattolica dell'isola di Gorée.
Pensando all'eredità del passato e a ciò che continua nel presente, ripeto di tutto cuore, col fervido missionario che fu l'Apostolo Paolo: "Grazie a Dio per questo suo ineffabile dono!" ( 2 Cor 9,15 ).
3. Ma, venendo a Gorée, ove ci si vorrebbe poter abbandonare interamente alla gioia dell'atto di grazia, come non essere colti dalla tristezza al pensiero di altri fatti che questo luogo evoca?
La visita alla "casa degli schiavi" ci riporta alla memoria quella tratta dei Neri, che Pio II, scrivendo nel 1462 a un vescovo missionario che partiva per la Guinea, definiva un "crimine enorme", "magnum scelus".
Durante un intero periodo della storia del continente africano, uomini, donne e bambini neri sono stati condotti in questo piccolo luogo, strappati dalla loro terra, separati dai loro congiunti, per esservi venduti come mercanzia.
Essi venivano da tutti i paesi e, in catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine dell'Africa natìa la massa della rocca basaltica di Gorée.
Si può dire che quest'isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera.
Quegli uomini, quelle donne e quei bambini sono stati vittime di un vergognoso commercio, a cui hanno preso parte persone battezzate ma che non hanno vissuto la loro fede.
Come dimenticare le enormi sofferenze inflitte, disprezzando i diritti umani più elementari, alle popolazioni deportate dal continente africano?
Come dimenticare le vite umane annientate dalla schiavitù?
Occorre che si confessi in tutta verità e io umiltà questo peccato dell'uomo contro l'uomo, questo peccato dell'uomo contro Dio.
Com'è lungo il cammino che la famiglia umana deve percorrere prima che i suoi membri imparino a guardarsi e a rispettarsi come immagini di Dio, per amarsi infine come figli e figlie dello stesso Padre celeste!
Da questo santuario africano del dolore nero, imploriamo il perdono del cielo.
Noi preghiamo perché in futuro i discepoli di Cristo si dimostrino pienamente fedeli all'osservanza del comandamento dell'amore fraterno lasciato dal loro Maestro.
Noi preghiamo perché essi non siano mai più gli oppressori dei propri fratelli, in nessun modo, ma cerchino sempre di imitare la compassione del Buon Samaritano del Vangelo andando in aiuto delle persone che si trovano nel bisogno.
Noi preghiamo perché scompaia per sempre il flagello della schiavitù così come le sue conseguenze: i recenti incidenti dolorosi in questo continente non invitano forse a rimanere vigili e a continuare la lunga e laboriosa conversione del cuore?
Noi dobbiamo allo stesso tempo opporci a nuove forme di schiavitù, spesso insidiose, come la prostituzione organizzata, che sfrutta vergognosamente la povertà delle popolazioni del terzo mondo.
In quest'epoca di cambiamenti cruciali, l'Africa di oggi soffre duramente della sottrazione di forze vive esercitata un tempo su di essa.
Le sue risorse umane sono state indebolite per molto tempo in alcune delle sue regioni.
Perciò, l'aiuto di cui sente il bisogno le è giustamente dovuto.
Voglia Dio che un'attiva solidarietà si manifesti nei suoi confronti affinché essa superi le sue tragiche difficoltà!
4. Per concludere questo incontro, al termine della nostra preghiera universale, invocheremo Maria, Madre misericordiosa.
Nel nostro profondo pentimento per i peccati del passato, in particolare per quelli che ci ricorda questo luogo, noi le chiederemo di essere il "nostro avvocato" presso suo Figlio.
Noi la pregheremo affinché cessino la violenza e l'ingiustizia fra gli uomini, perché non si scavino più nuovi fossati di odio e di vendetta, ma perché aumentino il rispetto, la concordia e l'amicizia fra tutti i popoli.
Nel momento in cui in Africa, in Europa, in America e in tutte le regioni del mondo, l'annuncio della Buona Novella di Cristo deve prendere un nuovo slancio con generose iniziative, noi le offriremo le nostre suppliche affinché venga il Regno di suo Figlio, "Regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" ( cf. Prefazio alla Celebrazione di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo ).