Cognita nobis
Ci sono note la Vostra saggezza e la cura che ponete in ogni opera di ministero, e Ci è pure nota la particolare deferenza verso questa Sede Apostolica, della quale, anche nell'anno passato come pure in altre occasioni, Ci deste testimonianza sia con lettere piene di affetto, sia di persona.
Ed è gran conforto per Noi che le Vostre fatiche episcopali rendano, con l'aiuto di Dio, copiosi frutti.
Pertanto, siamo ben lieti di porgere pubblicamente a ciascuno di Voi le Nostre congratulazioni e i meritati elogi.
Se non che in codeste medesime province, Venerabili Fratelli, esiste qualche cosa per cui non siamo del tutto tranquilli.
Infatti, si scorgono qua e là germi di dissensi che potrebbero riuscire funesti qualora non venissero spenti tempestivamente.
Ci piace dunque che vogliate considerarli attentamente, e indirizziate la prudente opera Vostra a far sì che, rimossa qualsiasi causa di dissidio, rimanga salda la concordia delle menti e dei cuori, la quale, come in ogni umano consorzio, così in particolar modo nella Chiesa, è sommo e poderoso vincolo d'incolumità.
Ora tale concordia di animi corre pericolo a causa degli opposti partiti, ai quali procurano materia di contrasti un giornale Lombardo e la dottrina di un illustre personaggio la cui notorietà è assai cresciuta fra i filosofi moderni.
Quanto al primo argomento, in codeste Vostre province non mancano giornali che sostengono i principi del vero e del giusto, e valorosamente difendono le sacrosante ragioni della Chiesa, la maestà della Sede Apostolica e del Romano Pontefice.
Essi sono meritevoli del massimo incoraggiamento, e bisogna fare il possibile perché tali scrittori non solo abbiano appoggio e favore, ma trovino altresì dappertutto molti uomini della stessa loro tempra, che resistano ai quotidiani assalti dei malvagi, e mercé il patrocinio dell'onestà e della religione possano riparare alla impunita licenza di tanta parte della stampa.
Per tale motivo abbiamo approvato più di una volta il loro proposito, e li abbiamo calorosamente esortati a continuare a sostenere con gli scritti la verità e la giustizia, non lasciandosi mai in alcun modo distogliere dall'impresa.
Ma una causa di tanto rilievo e così nobile vuole essere difesa in modo altrettanto nobile e degno, oltre il quale non conviene procedere.
Certo, in coloro che ogni giorno difendono con la penna la causa cattolica, è bello il franco, costante e intrepido amore della verità: ma è pur necessario che essi stessi si guardino da qualunque cosa che possa ragionevolmente dispiacere ad un uomo onesto, e non si scostino giammai dalla moderazione, che deve essere compagna di tutte le virtù.
In proposito, nessun uomo savio vorrà approvare o la soverchia veemenza dello stile, o il muovere con troppa leggerezza sospetti a carico altrui, o allontanarsi dalla giusta riverenza e dai riguardi dovuti alle persone.
Innanzi tutto la stampa cattolica consideri come sacrosanto il nome dei Vescovi, i quali, posti in alto, negli ordini gerarchici, vanno rispettati in ragione del loro grado.
Quanto alle risoluzioni prese dai sacri Pastori in virtù del proprio ministero, non sia lecito alle persone private farsene giudici; da ciò nascerebbero senza dubbio gravi disordini e confusione insopportabile.
E codesto rispetto deve essere chiaro, evidente ed esemplare, specialmente da parte dei giornalisti cattolici.
Infatti i giornali, prodotti appunto per essere largamente diffusi, corrono ogni giorno per le mani di tutti, e non è piccola l'influenza che essi esercitano sulle opinioni e sui costumi delle moltitudini.
Quanto all'altro punto, Noi abbiamo già dichiarato a quale modello vogliamo che si ispirino le discipline filosofiche.
Nella Nostra Enciclica del 4 agosto 1879 indirizzata a tutti i Vescovi, è detto apertamente essere Nostro vivo desiderio che la gioventù studiosa venga addottrinata alla scuola di San Tommaso d'Aquino, la quale ebbe sempre meravigliosa efficacia nel formare sapientemente gli ingegni umani, ed è sommamente atta a confutare quelle ree dottrine dietro le quali operano già tanti traviati, con grandissimo rischio per la propria salute e a danno della società.
Il tenore della Nostra Enciclica poteva senz'altro mantenere concordi gli animi di tutti, esclusa una troppo sottile interpretazione e mantenuta la debita moderazione in quei punti intorno ai quali, per il desiderio di indagare la verità, gli eruditi dell'una e dell'altra parte sogliono disputare senza pregiudizio della fede e della carità cristiana.
Ma poiché vediamo, non senza pena dell'animo Nostro, che le parti nel discutere si sono accalorate più che non convenga, per motivi di pubblico interesse è necessario che si temperi tale ardore di animi.
Pertanto, siccome nelle cose che si vanno scrivendo giorno per giorno mancano per lo più profondità di riflessione e tranquilla serenità di giudizio, è desiderabile che gli scrittori di giornali cattolici quotidiani si astengano dal trattare simili questioni.
Intanto la Sede Apostolica, sempre sollecitata, per dovere d'ufficio, d'interessarsi delle cose di maggiore gravità, specialmente se riguardano l'integrità delle dottrine, non omette di rivolgere alle ridestate e inasprite controversie le vigilanti e provvide sue cure, e ciò con quella maturità di giudizio, nella quale è giusto che ogni cattolico pienamente si affidi.
Ma non vogliamo con questo che abbia a patire detrimento il religioso sodalizio detto della Carità, il quale, come fino ad ora ha speso utilmente le sue fatiche a beneficio del prossimo, secondo lo spirito dell'Istituto, così è desiderabile che fiorisca in avvenire e prosegua a rendere frutti sempre più abbondanti.
Intanto è compito Vostro, Venerabili Fratelli, impegnarVi affinché si realizzino questi Nostri propositi e perché non si ometta alcunché che possa avvalorare la concordia.
La quale, come ben comprendete, è tanto più necessaria quanto più numerosi e più fieri sono i nemici che incalzano il mondo cattolico, contro i quali occorre mettere in opera tutte le forze, non certo affievolite dalla discordia, ma ingagliardite dall'unione.
Confidando dunque moltissimo nella prudenza, nella virtù e nell'autorità Vostre, a Voi tutti, Venerabili Fratelli, ed ai fedeli affidati al Vostro zelo, auspice dei doni celesti e come pegno della Nostra particolare benevolenza, impartiamo di tutto cuore l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 gennaio 1882, anno quarto del Nostro Pontificato.
Leone XIII