Diuturni luctuosissimique
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
È giunto finalmente il giorno che ha segnato per la vostra nazione la fine della lunga e luttuosa guerra.
Con la firma del trattato di pace è stato finalmente rimosso quel blocco marittimo che specialmente costà fece tante vittime fra coloro che non parteciparono alla guerra.
Pertanto, Venerabili Fratelli, Noi che con paterno animo abbiamo abbracciato i belligeranti di ambo le parti e abbiamo tentato tutti i mezzi per estinguere un così grande incendio o per lenirne le conseguenze, rendiamo a Dio onnipotente speciali grazie, insieme con voi e con tutta la vostra nazione.
Ora deve essere vostro pensiero far sì che quanto prima vengano riparati gl'immensi danni prodotti dalla guerra, e appunto poiché a tale scopo nulla può giovare quanto l'opera della Chiesa Cattolica, congiunta all'aiuto della grazia divina, abbiamo pensato d'indirizzarvi questa lettera.
In primo luogo, perché non avvengano in Germania pubblici sconvolgimenti che porterebbero al vostro paese ed alla stessa Europa quella rovina che sovrasta altre nazioni, occorre compiere ogni sforzo affinché alla popolazione non manchino i viveri necessari.
A tal fine, Venerabili Fratelli, per mezzo dei parroci e degli altri ecclesiastici che sono in più stretto contatto col popolo, raccomandate vivamente ai fedeli delle campagne che non ricusino di fornire agli abitanti delle città che soffrono la fame, quel tanto di cibarie di cui possono privarsi.
Ciò è assolutamente imposto, in così gravi ristrettezze, dalla legge della carità che - se abbraccia tutti, perfino i nemici - vuole che noi amiamo in modo speciale coloro che hanno con noi comune il vincolo della patria.
Nutriamo inoltre fiducia che quanti appartengono a nazioni civili e particolarmente cattoliche, si apprestino a soccorrere codeste popolazioni che sappiamo ridotte all'estremo; e ciò facciamo, non tanto per i pericoli che incombono sulla società, quanto perché membri della stessa umana famiglia e per impulso di cristiana carità.
Infatti dobbiamo tutti rammentare quanto insegna l'apostolo San Giovanni: « Chi avrà dei beni di questo mondo, e vedrà il suo fratello in necessità e chiuderà il suo cuore alla compassione, come mai la carità di Dio può rimanere in lui?
Figlioli miei, non amiamo a parole e con la lingua, ma con le opere e con la verità » ( 1 Gv 3,17-18 ).
In secondo luogo, Venerabili Fratelli, ciascuno di voi deve interporre tutta l'autorità del sacro ufficio allo scopo di risanare le piaghe spirituali che la guerra ha inflitto o inasprito alla vostra nazione.
È necessario soprattutto eliminare ogni sentimento di odio, sia verso gli stranieri coi quali si fu in guerra, sia verso i concittadini appartenenti ad altro partito, e sostituire all'odio quella fraterna carità, che è di Gesù Cristo, e che non conobbe né barriere, né confini, né lotte di classe.
E qui ripetiamo il voto che esprimemmo recentemente nel sacro Concistoro, cioè che « gli uomini e i popoli tornino ad abbracciarsi nella carità cristiana, perché se questa viene a mancare ogni trattato di pace sarà inutile ».
Siamo sicuri, Venerabili Fratelli, che voi, come buoni pastori e ministri di pace e di carità, metterete in questo impegno tutta la vostra solerzia e diligenza, e non cesserete di propiziare Iddio con le preghiere assieme al vostro clero e al vostro popolo.
Per quanto Ci riguarda, non vi mancherà il Nostro concorso in questo delicatissimo frangente della vostra patria, poiché il Nostro cuore di padre si porta spontaneamente con maggiore pietà, sull'esempio del Nostro Redentore, amantissimo degli uomini, che compassionando le gravi sofferenze della moltitudine uscì in quelle memorabili parole: « Ho pietà della folla ».
Frattanto, quale auspicio dei doni celesti e a testimonianza della Nostra particolare benevolenza, a voi, Venerabili Fratelli, e a tutti coloro che sono affidati alle vostre cure impartiamo di cuore l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 luglio 1919, nel quinto anno del Nostro Pontificato.
Benedictus PP. XV