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Impossibilità di un'azione sociale senza dottrina, quindi necessità della subordinazione all'insegnamento della Chiesa
6 In primo luogo, conviene rilevare con rigore la pretesa del Sillon di sfuggire alla direzione dell'autorità ecclesiastica.
Infatti, i capi del Sillon sostengono di muoversi su un terreno, che non è quello della Chiesa; di occuparsi soltanto degli interessi dell'ordine temporale e non di quelli dell'ordine spirituale; che il collaboratore del Sillon è solo e semplicemente un cattolico votato alla causa delle classi lavoratrici, alle opere democratiche, e che attinge, nelle pratiche della fede, l'energia della sua dedizione; che, né più né meno degli artigiani, dei contadini, degli economisti e dei politici cattolici, si trova sottoposto alle regole della morale comuni a tutti, senza dipendere in un modo speciale, né più né meno di loro, dall'autorità ecclesiastica.
7 La risposta a questi sotterfugi è fin troppo facile.
Infatti, a chi si farà credere che i membri cattolici del Sillon, che i sacerdoti e i seminaristi arruolati nei loro ranghi, mirino, nella loro attività sociale, solo agli interessi temporali delle classi operaie?
Pensiamo che il sostenerlo sarebbe far loro un torto.
In verità, i capi del Sillon si proclamano idealisti irriducibili, pretendono di sollevare le classi lavoratrici, sollevando in primo luogo l'umana coscienza, di avere una dottrina sociale e princìpi filosofici e religiosi per ricostruire la società su un piano nuovo, di avere una speciale concezione della dignità umana, della libertà, della giustizia e della fraternità, e, per giustificare i loro sogni sociali, si richiamano al Vangelo interpretato a modo loro, e, fatto ancor più grave, a un Cristo sfigurato e sminuito.
Inoltre insegnano queste idee nei loro circoli di studio, le inculcano ai loro compagni; le mettono in pratica nelle loro opere.
Sono dunque veramente professori di morale sociale, civica e religiosa; e, qualsiasi modifica possano introdurre nell'organizzazione del loro movimento, abbiamo il diritto di dire che il fine del Sillon, il suo carattere, la sua azione, sfociano nel campo morale, che è il campo proprio della Chiesa, e che, di conseguenza, i membri del Sillon si illudono quando credono di muoversi su di un terreno, ai confini del quale cessano i diritti del potere dottrinale e direttivo dell'autorità ecclesiastica.
8 Se le loro dottrine fossero esenti da errore, sarebbe già stata una mancanza gravissima alla disciplina cattolica il sottrarsi ostinatamente alla direzione di quanti hanno ricevuto dal Cielo la missione di guidare gli individui e le società sulla retta via della verità e del bene.
Ma il male è più profondo, lo abbiamo già detto: il Sillon, travolto da un malinteso amore dei deboli, è scivolato nell'errore.
9 Effettivamente il Sillon si propone di risollevare e di rigenerare le classi operaie.
Orbene, in questa materia, i princìpi della dottrina cattolica sono fissati, e la storia della civiltà cristiana sta ad attestarne la benefica fecondità.
Il nostro predecessore, di felice memoria, li ha richiamati in pagine magistrali, che i cattolici che si occupano di problemi sociali devono studiare e aver sempre presenti.
Egli ha insegnato, in modo particolare, che la democrazia cristiana deve "mantenere la diversità delle classi, che è certamente la condizione propria della città bene ordinata, e volere per la società umana la forma e il carattere che Dio, suo autore, ha impresso in essa".1
Egli ha condannato "una certa democrazia che giunge fino a un tal grado di perversità da attribuire al popolo la sovranità nella società e da perseguire la soppressione e il livellamento delle classi".2
Nello stesso tempo, Leone XIII imponeva ai cattolici un programma di azione, il solo capace di ricondurre e di mantenere la società sulle sue secolari basi cristiane.
Ora, che cos'hanno fatto i capi del Sillon?
Non hanno soltanto adottato un programma e un insegnamento diversi da quelli di Leone XIII ( il che sarebbe già di per sé singolarmente temerario da parte di laici, che così si pongono come direttori dell'attività sociale della Chiesa, in concorrenza con il Sommo Pontefice ); ma hanno apertamente rigettato il programma tracciato da Leone XIII e ne hanno adottato uno diametralmente opposto; inoltre, respingono la dottrina sui princìpi essenziali della società, richiamata da Leone XIII, situano l'autorità nel popolo oppure quasi la sopprimono e assumono come ideale da realizzare il livellamento delle classi.
Vanno dunque in senso contrario rispetto alla dottrina cattolica, nella direzione di un ideale condannato.
10 Sappiamo bene che si vantano di rialzare la dignità umana e la condizione troppo disprezzata delle classi lavoratrici, di rendere giuste e perfette le leggi sul lavoro e le relazioni fra il capitale e i salariati, insomma di far regnare sulla terra una migliore giustizia e una maggiore carità e, per mezzo di movimenti sociali profondi e fecondi, di promuovere nell'umanità un progresso inatteso.
Da parte nostra non biasimiamo certamente questi sforzi, che sarebbero eccellenti da ogni punto di vista, se i membri del Sillon non dimenticassero che il progresso di un essere consiste nel rafforzare le proprie facoltà naturali con nuove energie e nel facilitare il gioco della loro attività nel quadro e conformemente alle leggi della sua costituzione, e che, per contro, ferendo i suoi organi essenziali, spezzando il quadro della loro attività, non si spinge l'essere verso il progresso, ma verso la morte.
Tuttavia è proprio questo che vogliono fare della società umana; il loro sogno consiste nel cambiare le sue basi naturali e tradizionali, e nel promettere una città futura edificata su altri princìpi, che osano dichiarare più fecondi, più benefici dei princìpi sui quali si basa la città cristiana attuale.
11 No, Venerabili Fratelli – bisogna ricordarlo energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -, non si costruirà la città diversamente da come Dio l'ha costruita; non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole.
Essa è esistita, essa esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica.
Si tratta unicamente d'instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta e dell'empietà: "omnia instaurare in Cristo".3
12 E perché non ci si accusi di giudicare troppo sommariamente e con un rigore non giustificato le teorie sociali del Sillon, vogliamo richiamarne i punti essenziali.
13 Il Sillon ha la nobile preoccupazione per la dignità umana.
Tuttavia questa dignità l'intende come certi filosofi di cui la Chiesa è ben lungi dal doversi vantare.
Il primo elemento di questa dignità è la libertà, intesa nel senso che, salvo in materia di religione, ogni uomo è autonomo.
Da questo principio fondamentale trae le seguenti conclusioni: Oggi il popolo è sotto la tutela di un'autorità da esso distinta; deve liberarsene: emancipazione politica.
È sotto la dipendenza di padroni, che, possedendo i suoi strumenti di lavoro, lo sfruttano, lo opprimono, e lo abbassano; deve scuotere il loro giogo: emancipazione economica.
Infine, è dominato da una casta detta dirigente, alla quale il suo sviluppo intellettuale assicura una preponderanza indebita nella direzione degli affari; deve sottrarsi al suo dominio: emancipazione intellettuale.
Il livellamento delle condizioni da questo triplice punto di vista stabilirà fra gli uomini l'uguaglianza, e questa uguaglianza è la vera giustizia umana.
Un'organizzazione politica e sociale fondata su questa duplice base, la libertà e l'uguaglianza ( alle quali presto verrà ad aggiungersi la fraternità ) è quanto chiamano Democrazia.
14 Tuttavia, la libertà e l'uguaglianza ne costituiscono solo il lato, per così dire, negativo.
Quanto fa propriamente e positivamente la Democrazia è la maggiore partecipazione possibile di ciascuno al governo della cosa pubblica.
E questo comprende un triplice elemento, politico, economico e morale.
15 In primo luogo, in politica, il Sillon non abolisce l'autorità; al contrario, la giudica necessaria; ma vuole suddividerla, o, per meglio dire, moltiplicarla in modo tale che ogni cittadino divenga una specie di re.
È vero che l'autorità deriva da Dio, ma risiede primariamente nel popolo e ne emana attraverso l'elezione o, meglio ancora, la selezione, senza per questo lasciare il popolo e diventare indipendente da esso; sarà esteriore, ma soltanto in apparenza; in realtà sarà interiore, perché si tratterà di un'autorità consentita.
16 Conservate le proporzioni, sarà lo stesso nell'ordine economico.
Sottratto a una classe particolare, il padronato sarà tanto ben moltiplicato, che ogni operaio diventerà una specie di padrone.
La forma chiamata a realizzare questo ideale economico non è, si afferma, quella del socialismo; si tratta di un sistema di cooperative sufficientemente moltiplicate da provocare una concorrenza feconda e da salvaguardare l'indipendenza degli operai, che non saranno incatenati a nessuna di esse.
17 vediamo adesso l'elemento capitale, l'elemento morale.
Dal momento che, come si è visto, l'autorità è ridottissima, occorre un'altra forza per supplirla e per opporre una reazione duratura all'egoismo individuale.
Questo nuovo principio, questa forza, è l'amore dell'interesse professionale e dell'interesse pubblico, cioè del fine stesso della professione e della società.
Immaginate una società in cui, nell'anima di ciascuno, insieme all'amore innato del bene individuale e di quello familiare, regnasse l'amore del bene professionale e del bene pubblico; dove, nella coscienza di ciascuno, questi amori si subordinassero in modo tale che il bene superiore primeggiasse sempre sul bene inferiore; una tale società non potrebbe quasi fare a meno dell'autorità, e non offrirebbe l'ideale della dignità umana, avendo ogni cittadino un'anima da re, e ogni operaio un'anima da padrone?
Il cuore umano, sottratto alla stretta dei suoi interessi privati ed elevato fino agli interessi della sua professione e, più in alto, fino a quelli dell'intera nazione, e, più in alto ancora, fino a quelli dell'umanità ( infatti l'orizzonte del Sillon non si ferma alle frontiere della patria, si estende a tutti gli uomini fino ai confini del mondo ), allargato dall'amore per il bene comune, abbraccerebbe tutti i compagni della stessa professione, tutti i compatrioti, tutti gli uomini.
Ecco quindi la grandezza e l'ideale nobiltà umana realizzate dalla celebre trilogia: Libertà, Uguaglianza, Fraternità.
18 Orbene, questi tre elementi, politico, economico e morale, sono l'uno subordinato all'altro, e il principale, l'abbiamo detto, è l'elemento morale.
Infatti, nessuna democrazia politica è realizzabile se non ha punti d'attacco profondi nella democrazia economica.
A loro volta, né l'una né l'altra sono possibili se non si radicano in uno stato d'animo in cui la coscienza si trova investita di responsabilità e di energie morali proporzionate.
Ma, supposto che questo stato d'animo sia costituito di responsabilità cosciente e di forze morali , la democrazia economica ne deriverà naturalmente con la traduzione in atti di questa coscienza e di queste energie; ugualmente, e con lo stesso sistema, dal regime corporativo uscirà la democrazia politica; e la democrazia politica ed economica, questa sostenendo l'altra, si troveranno fissate nella coscienza stessa del popolo su posizioni inattaccabili.
19 Questa è, in sintesi, la teoria, si potrebbe dire il sogno, del Sillon, e a questo tende il suo insegnamento e quanto esso chiama l'educazione democratica del popolo, cioè il portare al grado massimo la coscienza e la responsabilità civica di ciascuno, da cui deriverà la democrazia economica e politica, e il regno della giustizia, della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità.
20 Questa rapida esposizione, Venerabili Fratelli, vi mostra già con chiarezza quanto avessimo ragione dicendo che il Sillon oppone dottrina a dottrina, edifica la sua città su una teoria contraria alla verità cattolica e falsifica le nozioni essenziali e fondamentali che regolino i rapporti sociali in ogni società umana.
Questa opposizione diventerà ancora più evidente sulla base delle considerazioni seguenti.
21 Il Sillon situa in primo luogo la pubblica autorità nel popolo, da cui passa poi ai governanti, ma in modo tale che continua a risiedere in esso.
Orbene, Leone XIII ha formalmente condannato questa dottrina nella sua Enciclica Diuturnum illud sul Principato politico, in cui dice "Un gran numero di moderni, seguendo le orme di quanti, nel secolo scorso, si diedero il nome di filosofi, dichiarano che ogni potere deriva dal popolo; di conseguenza, quanti esercitano il potere nella società, non lo esercitano come di loro propria autorità, ma come un'autorità a essi delegata dal popolo e a condizione di poter essere revocata dalla volontà del popolo, da cui l'hanno.
Del tutto opposta è la convinzione dei cattolici, che fanno derivare da Dio, come dal suo principio naturale e necessario, il diritto di comandare".4
Indubbiamente il Sillon fa discendere da Dio questa autorità che situa anzitutto nel popolo, ma in modo tale che "essa risale dal basso per andare in alto, mentre, nell'organizzazione della Chiesa, il potere discende dall'alto per diffondersi in basso".5
Tuttavia, oltre il fatto che è cosa anormale che il mandato salga, perché è per sua natura discendente, Leone XIII ha confutato previamente questo tentativo di conciliare la dottrina cattolica con l'errore del filosofismo.
Infatti, prosegue: "È importante sottolinearlo qui; quanti presiedono al governo della cosa pubblica possono certamente, in determinati casi, essere eletti dalla volontà e dal giudizio della moltitudine , senza che ciò ripugni o si opponga alla dottrina cattolica.
Tuttavia, se questa scelta designa il governante, non gli conferisce l'autorità di governare; non delega il potere, ma designa la persona che ne sarà investita".6
22 D'altronde, se il popolo resta detentore del potere, che cosa diventa l'autorità?
Un'ombra, un mito; non vi è più legge propriamente detta e non vi è più ubbidienza.
Il Sillon lo ha riconosciuto; infatti, poiché pretende, in nome della dignità umana, la triplice emancipazione politica, economica e intellettuale, la città futura per cui esso lavora non avrà più né padroni né servitori; i suoi cittadini saranno tutti liberi, tutti compagni, tutti re.
Un ordine, un precetto, sarebbe un attentato alla libertà; la subordinazione a una qualsiasi superiorità sarebbe una diminuzione dell'uomo, l'ubbidienza uno svilimento.
La dottrina tradizionale della Chiesa, Venerabili Fratelli, ci presenta così le relazioni sociali nella città, anche la più perfetta possibile?
Ogni società di creature indipendenti e disuguali per natura non ha forse bisogno di un'autorità che diriga la loro attività verso il bene comune e che imponga la sua legge?
E, se nella società si trovano esseri perversi ( e ve ne saranno sempre ), l'autorità non dovrà essere tanto più forte quanto più minaccioso sarà l'egoismo dei cattivi?
Inoltre, si può dire che un'ombra di ragione che vi è incompatibilità fra l'autorità e la libertà, a meno d'ingannarsi pesantemente sul concetto di libertà?
Si può insegnare che l'ubbidienza è contraria alla dignità umana e che l'ideale consisterebbe nel sostituirla con "l'autorità consentita"?
Forse l'apostolo San Paolo non aveva presente la società umana in tutte le sue possibili tappe, quando prescriveva ai fedeli di essere sottomessi ad ogni autorità?
Forse l'ubbidienza agli uomini in quanto legittimi rappresentanti di Dio, cioè, in fin dei conti, l'ubbidienza a Dio abbassa l'uomo, e lo degrada al di sotto di sé stesso?
Forse lo stato religioso fondato sull'ubbidienza sarebbe contrario all'ideale della natura umana?
Forse i Santi, che sono stati gli uomini più ubbidienti, erano schiavi e degenerati?
Infine, forse si può immaginare uno stato sociale in cui Gesù Cristo, tornato sulla terra, non darebbe più l'esempio dell'ubbidienza e non direbbe più: "Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio"?.7
23 Dunque il Sillon, che insegna tali dottrine e le mette in pratica nella sua vita interna, semina fra la vostra gioventù cattolica nozioni erronee e funeste sull'autorità, sulla libertà e sull'ubbidienza.
Non diversamente accade per la giustizia e l'uguaglianza.
Dice di lavorare alla realizzazione di un'era di uguaglianza, che perciò stesso sarebbe un'era di migliore giustizia.
Quindi, per esso, ogni disuguaglianza di condizione costituisce un'ingiustizia, o, almeno, una giustizia minore!
Si tratta di un principio assolutamente contrario alla natura delle cose, generatore di invidia e d'ingiustizia e sovvertitore di ogni ordine sociale.
Così solamente la democrazia inaugurerà il regno della giustizia perfetta!
Non si tratta di un torto fatto alle altre forme di governo, che vengono in tal modo svilite la livello di governo di ripiego impotenti?
D'altra parte il Sillon contrasta anche su questo punto con l'insegnamento di Leone XIII.
Avrebbe potuto leggere, nella già citata Enciclica sul Principato politico che, "fatta salva la giustizia, non è proibito ai popoli darsi il governo che meglio risponde al loro carattere o alle istituzioni e ai costumi che hanno ricevuto dai loro antenati";8 e l'Enciclica fa riferimento alla ben nota triplice forma di governo.
Quindi suppone che la giustizia sia compatibile con ciascuna di esse.
E l'Enciclica sulla condizione degli operai, non afferma chiaramente la possibilità di restaurare la giustizia nelle attuali organizzazioni della società, dal momento che ne indica i mezzi?
Orbene, Leone XIII intendeva indubbiamente parlare non di una giustizia qualsiasi, ma della giustizia perfetta.
Perciò, insegnando che la giustizia è compatibile con le tre note forme di governo, insegnava che, da questo punto di vista, la Democrazia non gode di un privilegio speciale.
I membri del Sillon , che pretendono il contrario, o rifiutano di ascoltare la Chiesa, oppure si formano un concetto della giustizia e dell'uguaglianza, che non è cattolico.
24 Lo stesso accade per la nozione di fraternità, di cui stabiliscono la base nell'amore degli interessi comuni, oppure, al di la di tutte le filosofie e di tutte le religioni, nella semplice nozione di umanità, comprendendo così nello stesso amore e in un'eguale tolleranza tutti gli uomini con tutte le loro miserie, tanto intellettuali e morali quanto fisiche e temporali.
Orbene, la dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l'errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale.
Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure che la sorgente dell'amore per il prossimo si trova nell'amore di Dio, padre comune e comune fine di tutta l'umana famiglia, e nell'amore di Gesù Cristo, di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene a Gesù Cristo stesso.
Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero.
Certamente, l'esperienza umana sta a provare, nelle società pagane o laiche di tutti i tempi, che in certi momenti la considerazione dei comuni interessi o della naturale somiglianza è di scarsissimo peso di fronte alle passioni e agli affetti disordinati del cuore.
No, Venerabili Fratelli, non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana, che per amore di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, abbraccia tutti gli uomini per confortarli tutti e tutti condurre alla stessa fede e alla stessa felicità celeste.
Separando la fraternità della carità cristiana intesa in tal modo, la Democrazia, lungi dall'essere un progresso, costituirebbe un disastroso regresso per la civiltà.
Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l'anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l'unione degli spiriti nella verità, l'unione delle volontà nella morale, l'unione dei cuori nell'amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo.
Orbene, questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso, verso l'ideale della civiltà.
25 Infine il Sillon pone, alla base di tutte le falsificazioni delle nozioni sociali fondamentali, un'idea falsa della dignità umana.
A suo avviso, l'uomo sarà veramente uomo, degno di questo nome, soltanto a partire dal giorno in cui avrà acquisito una coscienza illuminata, forte, indipendente, autonoma, che può fare a meno di un padrone, che ubbidisce solo a sé stessa ed è capace di assumere e di portare senza cedere le più gravi responsabilità.
Ecco i paroloni con cui si esalta il sentimento dell'orgoglio umano; come un sogno che trascina l'uomo, senza luce, senza guida e senza soccorso, sulla via dell'illusione, dove, aspettando il gran giorno della piena coscienza, sarà divorato dall'errore e dalle passioni.
E questo gran giorno, quando verrà?
A meno di cambiare la natura umana ( il che non rientra nel potere del Sillon ), verrà mai?
E i Santi, che hanno portato la dignità umana al suo apogeo, avevano tale dignità?
E gli umili della terra, che non possono salire tanto in alto e si accontentano di tracciare modestamente il loro solco nel ruolo che la Provvidenza ha loro assegnato, compiendo con energia i loro doveri nell'umiltà, nell'ubbidienza e nella pazienza cristiana, non sarebbero degni del nome di uomini, proprio loro che il Signore sottrarrà un giorno alla loro condizione oscura, per insediarli nel cielo fra i principi del suo popolo?
Indice |
1 | "[…] dispares tueatur ordines, sane proprios bene constitutae civitatis; eam denum humano convictui velit formam atque indolem esse, qualem Deus auctor indidit" ( Leone XIII Graves de communi ) |
2 | "Hinc imperium penes plebem in civitate velint esse, ut, sublatis ordinum gradibus aequatisque civibus, ad bonorum etiam inter eos aequalitatem sit gressus" (ibidem): "Per questo vogliono che il potere nella città sia in mano al popolo, affinché, soppresse le classi sociali e livellati i cittadini, si apra fra loro la via anche all'uguaglianza dei beni" |
3 | "Instaurare tutte le cose in Cristo" (
Ef 1,10 ); l'espressione paolina fu assunta da Papa san Pio X come divisa del suo pontificato |
4 | "Immo recentiores perplures, eorum vestigiis ingredientes qui sibi superiore saculo philosophorum nomen inscripserunt, omnem inquiunt potestatem a populo sibi mandatam, et hac quidem lege, ut populi ipsius voluntate, a quo mandata est, revocari possit. Ab his vero dissentium catholici homines, qui jus imperandi a deo repetunt velut a naturali necessarioque principio" ( Leone XIII, Diuturnum illud ) |
5 | Marc Sangnier, Discorso di Rouen, 1907 |
6 | "Interest autem attendere hoc loco, eos, qui reipublicae praefuturi sint, posse in quibusdam causis voluntate iudicioque deligi multitudinis, non adversante neque repugnante doctrina catholica. Quo sane delectu designatur princeps, non conferuntur iura principatus: neque mandatur imperium, sed statuitur a quo sit gerendum" ( Leone XIII, Diuturnum illud ) |
7 | Mt 22,21 |
8 | "Quamobrem, salva iustitia, non prohibentur populi illud sibi genus comparare reipublicae, quod aut ipsorum ingenio, aut maiorum istitutis moribusque magis apte conveniat" ( Leone XIII, Diuturnum illud ) |