19 marzo 1994
Capi di Stato di tutto il mondo
Signor Presidente,
La comunità delle nazioni è entrata da poco nella celebrazione dell'Anno Internazionale della Famiglia, opportunamente promosso dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.
La Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo, parimenti convocata dall'ONU e che si terrà a Il Cairo nel mese di settembre 1994, costituirà anch'essa un importante appuntamento di quest'anno.
I responsabili delle nazioni avranno in tal modo l'occasione di fare il punto sulle riflessioni e sugli impegni delle precedenti Conferenze che, su temi analoghi, sono state tenute a Bucarest ( 1974 ) ed a Città del Messico ( 1984 ).
Ma l'opinione pubblica attende soprattutto dall'incontro de Il Cairo orientamenti per il futuro, cosciente delle grandi sfide che il mondo ha dinanzi, quali
il benessere e lo sviluppo dei popoli,
l'incremento demografico nel mondo,
l'invecchiamento della popolazione in alcuni paesi industrializzati,
la lotta contro le malattie,
l'esodo forzato di intere popolazioni.
La Santa Sede, fedele alla sua missione e con gli strumenti che le sono propri, volentieri si associa a tutti questi sforzi, posti al servizio della grande famiglia umana.
Anche per la Chiesa Cattolica, il 26 dicembre scorso, è iniziato un « Anno della Famiglia », che invita tutti i fedeli ad una riflessione spirituale e morale su tale realtà umana, fondamento della vita degli individui e delle società.
Io stesso ho voluto rivolgermi personalmente a tutte le famiglie mediante una Lettera.
Essa ricorda a ciascuno che ogni essere umano « è chiamato a vivere nella verità e nell'amore » ( Giovanni Paolo II, Gratissimam Sane, n. 16 ) e che il focolare domestico resta quella scuola di vita, dove le tensioni tra autonomia e comunione, tra unità ed alterità sono vissute ad un livello privilegiato ed originale.
Vi è lì, io credo, una sorgente di umanità da cui sgorgano le migliori energie creatrici del tessuto sociale, che ogni Stato dovrebbe gelosamente preservare.
Senza invadere l'autonomia di una realtà che esse non possono né produrre, né sostituire, le Autorità civili hanno il dovere di cercare di favorire lo sviluppo armonioso della famiglia, non solamente dal punto di vista della sua vitalità sociale, ma anche di quello della sua salute morale e spirituale.
Ecco perché il progetto di documento finale della prossima Conferenza de Il Cairo ha attirato la mia attenzione.
È stata per me una dolorosa sorpresa.
Le innovazioni che contiene, a livello sia di concetti che di terminologia, ne fanno un testo molto differente dai documenti delle Conferenze di Bucarest e di Città del Messico.
Non si può non aver paura degli sbandamenti morali, che potrebbero trascinare l'umanità verso una sconfitta, la cui prima vittima sarebbe proprio l'uomo.
Si noterà, per esempio, che il tema dello sviluppo, iscritto all'ordine del giorno dell'incontro de Il Cairo, con la problematica molto complessa del rapporto tra popolazione e sviluppo che dovrebbe costituire il cuore del dibattito, passa invece quasi inosservato, tanto ridotto è il numero delle pagine ad esso dedicate.
L'unica risposta alla questione demografica e alle sfide poste dallo sviluppo integrale della persona e delle società sembra ridursi alla promozione di uno stile di vita le cui conseguenze, se esso fosse accettato come modello e piano d'azione per l'avvenire, potrebbero rivelarsi particolarmente negative.
I responsabili delle nazioni hanno il dovere di riflettere in profondità e secondo coscienza su tale aspetto della realtà.
Inoltre, la concezione della sessualità sottesa a questo testo è totalmente individualista, nella misura in cui il matrimonio appare ormai superato.
Ma un'istituzione naturale così fondamentale ed universale come la famiglia non può essere manipolata da nessuno.
Chi potrebbe dare un tale mandato ad individui o ad istituzioni?
La famiglia appartiene al patrimonio dell'umanità!
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, d'altronde, afferma senza equivoci che la famiglia è « l'elemento naturale e fondamentale della società » ( Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, art. 16,3).
L'Anno Internazionale della Famiglia dovrebbe dunque costituire l'occasione privilegiata, perché la famiglia riceva, da parte della società e dello Stato, la protezione che la Dichiarazione Universale riconosce doverlesi garantire.
Non farlo sarebbe tradire i più nobili ideali dell'ONU.
Ancora più gravi appaiono le numerose proposte di un riconoscimento generalizzato, su scala mondiale, del diritto all'aborto senza restrizione alcuna: il che va ben al di là di quanto purtroppo consentono già diverse legislazioni nazionali.
In realtà, la lettura di questo documento che, è vero, costituisce solo un progetto, lascia l'amara impressione di un'imposizione: quella di uno stile di vita tipico di certe frange delle società sviluppate, materialmente ricche, secolarizzate.
I paesi più sensibili ai valori della natura, della morale e della religione accetteranno senza reagire una simile visione dell'uomo e della società?
Guardando all'anno Duemila, come non pensare ai giovani?
Che cosa viene loro proposto?
Una società di « cose » e non di « persone ».
Il diritto di fare liberamente tutto fin dalla più giovane età, senza freni, ma con il massimo della « sicurezza » possibile.
Il dono disinteressato di sé, il controllo degli istinti, il senso della responsabilità sono nozioni considerate legate ad un'altra epoca.
Sarebbe auspicabile, ad esempio, trovare in queste pagine qualche considerazione per la coscienza e per il rispetto dei valori culturali ed etici, che ispirano altri modi di concepire l'esistenza.
V'è da temere che domani questi stessi giovani, divenuti adulti, chiederanno conto ai responsabili di oggi per averli privati di ragioni di vita, avendo omesso di indicare loro i doveri propri di un essere dotato di cuore e di intelligenza.
Rivolgendomi a Vostra Eccellenza, non ho soltanto voluto farLa partecipe della mia inquietudine dinanzi ad un progetto di documento.
Ho voluto soprattutto attirare la Sua attenzione sulle gravi sfide, che i partecipanti alla Conferenza de Il Cairo hanno il dovere di raccogliere.
Questioni tanto importanti come la trasmissione della vita, la famiglia, lo sviluppo materiale e morale delle società hanno bisogno sicuramente di un approfondimento maggiore.
Ecco perché faccio appello a Lei, Signor Presidente, che ha a cuore il bene dei Suoi concittadini e di tutta l'umanità.
È importante non indebolire l'uomo, il senso che egli ha del carattere sacro della vita, la sua capacità di amare e di sacrificarsi.
Si toccano qui alcuni punti sensibili attraverso i quali le nostre società si costruiscono o si distruggono.
Prego Dio di ispirarLe discernimento e coraggio, perché Le sia dato di tracciare, con la collaborazione di molti uomini di buona volontà nel Suo Paese e nel mondo, strade nuove, dove tutti possano camminare mano nella mano e costruire insieme quel mondo rinnovato che sia veramente una famiglia, la famiglia dei popoli.