Concilio di Costantinopoli II

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Anatema VII

Se qualcuno, dicendo "in due nature", non confessa che nella divinità e nella umanità si deve riconoscere il solo signore nostro Gesù Cristo, così che con questa espressione voglia significare la diversità delle nature, da cui senza confusione e in modo ineffabile è scaturita l'unità, senza che il Verbo passasse nella natura della carne, e senza che la carne si trasformasse nella natura del Verbo l'uno e l'altra, infatti, rimangono ciò che sono per natura, pur operandosi l'unione secondo ipostasi;

se costui, dunque, intende tale espressione come una divisione in parti nel mistero di Cristo;

ovvero, pur ammettendo, nello stesso ed unico signore nostro Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato, la pluralità delle nature, non accetta solo in astratto la differenza dei principi da cui è costituito, non tolta certo in seguito all'unione ( uno, infatti, è da due, e due in uno ), ma in ciò si serve della pluralità delle nature per sostenere che esse sono separate e con una propria sussistenza, costui sia anatema.

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