Concilio di Nicea II |
Se un vescovo o un abate dà una parte dei beni del vescovado o del monastero alle autorità o a qualche altra persona, la donazione è nulla, secondo il canone dei santi apostoli, che dice: "Il vescovo abbia cura di tutti i beni ecclesiastici, e li amministri come se Dio lo vedesse.
Non gli è permesso appropriarsene o donare ai propri parenti le cose di Dio.
Se essi sono poveri, provveda ad essi come poveri; ma non avvenga che, con la scusa di essi, venda i beni della chiesa".38
Se poi adducesse la scusa che la proprietà non dà alcun frutto, neppure in questo caso può darla ai signori temporali, ma solo a dei chierici o a dei contadini.
Se poi il signore, con riprovevole astuzia comprasse la proprietà dal contadino o dal chierico, neppure cosi l'acquisto sarà valido e dovrà essere restituito al vescovado o al monastero.
Il vescovo o l'abate che hanno operato in questo modo siano cacciati, hanno dissipato, infatti, quanto non avevano raccolto.
Indice |
38 | Canoni degli apostoli, 38 |