Concilio Laterano IV |
Alcuni, abusando del favore della sede apostolica, cercano di ottenere le lettere che rinviino a giudici lontani, di modo che il convenuto, stanco delle noie e delle spese, o rinunzi alla lite, o sia costretto a trovare un accordo con chi gli ha intentato la causa.
Ma poiché la giustizia non deve aprire la via all'ingiustizia, che l'osservanza del diritto proibisce, stabiliamo che nessuno per oltre due giornate di cammino possa esser tratto in giudizio fuori della sua diocesi con lettere apostoliche, a meno che non siano state ottenute di comune accordo dalle parti, e con espresso riferimento a questa costituzione.
Vi sono altri che, con mercimonio di nuovo genere, affinché possano risuscitare liti ormai sopite, o causare nuove questioni, inventano delle cause per le quali chiedono lettere alla sede apostolica senza il mandato dei loro signori.
Queste lettere, poi, le vendono al convenuto che teme le noie e le spese che possono derivargliene; o all'attore, perché possa infastidire l'avversario con pressioni indebite.
Poiché le liti sono piuttosto da limitarsi che da ingrandirsi, con questo generale decreto stabiliamo che se qualcuno, in seguito, osasse chiedere lettere apostoliche su qualche questione senza uno speciale mandato, queste lettere non abbiano alcun valore, ed egli sia punito come falsario, a meno che non si tratti di quelle persone, dalle quali non si deve esigere, a norma del diritto, alcun mandato.
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