Concilio Laterano IV |
Non si deve ritenere negativo che, a seconda del mutare dei tempi, le prescrizioni umane possano mutare, specialmente se ciò sia determinato da grave necessità o da evidente utilità.
Anche Dio, infatti, nel Nuovo testamento ha mutato qualche cosa di quanto aveva stabilito nell'Antico.
Poiché, dunque, la proibizione di contrarre il matrimonio nel secondo e terzo grado di affinità, e di attribuire la prole nata dalle seconde nozze alla parentela del primo marito, importa talvolta delle difficoltà e anche pericolo per le anime, affinché cessando la proibizione cessi l'effetto, con l'approvazione del santo concilio revochiamo le costituzioni promulgate a questo riguardo e stabiliamo, con la presente la libertà di contrarre in avvenire tali matrimoni.
Anche la proibizione del matrimonio in seguito non ecceda il quarto grado di consanguineità e di affinità: oltre questi gradi, infatti, è difficile, generalmente, che si possa osservare questa proibizione senza grave incomodo.
Il numero di quattro, infatti, si addice bene alla proibizione dell'unione del corpo, di cui l'apostolo dice che l'uomo non ha la potestà del proprio corpo, ma la donna e neppure la donna ha la Potestà del sito corpo, ma l'uomo, ( 1 Cor 7,4 ) perché quattro sono gli umori nel corpo, che è formato dai quattro elementi.
Essendo, dunque, ormai, la proibizione dell'unione matrimoniale ristretta al quarto grado, intendiamo che essa abbia valore per sempre, nonostante le costituzioni emanate su questo argomento già da lungo tempo sia da altri che da noi stessi.
Cosicché se qualcuno osasse unirsi in matrimonio contro questa proibizione, non sia scusato dai molti anni trascorsi, poiché la lunghezza del tempo non diminuisce il peccato, ma lo aggrava, e poiché i delitti sono tanto più gravi, quanto più a lungo tengono incatenata l'anima infelice.
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