Concilio di Basilea

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Sessione XV ( 26 novembre 1433 )

Dei concili provinciali e sinodali

Il sacrosanto concilio generale di Basilea, legittimamente riunito nello Spirito santo, espressione della chiesa universale, a perpetua memoria.

Già da tempo questo santo sinodo ha promulgato un decreto utilissimo per dare stabilità e vigore ai concili generali, la cui frequente celebrazione costituisce la principale coltivazione del campo del Signore.

Ma poiché di questa cura non vi è dubbio che facciano parte i sinodi episcopali e i concili provinciali, gli antichi canoni prescrissero che si radunassero spesso.

Lo stesso santo sinodo desiderando che anche ai nostri tempi si osservino le antiche, lodevoli consuetudini, stabilisce e comanda che ogni vescovo - personalmente, se non è trattenuto da un impedimento canonico, altrimenti per mezzo di un suo rappresentante a ciò adatto - celebri ogni anno il sinodo episcopale in ciascuna diocesi, dopo l'ottava della resurrezione del Signore, almeno una volta all'anno, dove non vi sia la consuetudine di celebrarlo due volte.

Questo sinodo duri due o tre giorni; o tanto quanto sembrerà necessario ai vescovi.

Il primo giorno, quindi, si riuniscano il vescovo e tutti gli altri che hanno il dovere di prendere parte al sinodo; durante la messa, o dopo, il vescovo o altri in suo nome esponga la parola di Dio; esorti tutti a comportarsi bene, ad astenersi dal male e a osservare la disciplina ecclesiastica e i doveri propri di ciascuno, e specialmente che quelli, cui è affidata la cura delle anime, nei giorni festivi e nelle altre solennità istruiscano il popolo loro soggetto con la dottrina e con salutari ammonimenti.

Dopo ciò, si leggano gli statuti provinciali e sinodali; e, tra le altre cose, un buon trattato che insegni come si debbano amministrare i sacramenti, ed altre cose utili per i sacerdoti.

Quindi il vescovo stesso faccia indagini diligenti sulla vita e i costumi dei suoi sudditi; e cerchi di reprimere con la debita correzione la vergogna della perversa eresia, i contratti ispirati ad usura, il concubinato, la fornicazione, e qualsiasi altro delitto o mancanza.

Revochi le alienazioni di beni ecclesiastici proibite dal diritto; riformi e corregga in meglio gli abusi dei chierici e degli altri suoi sudditi, che mancassero circa l'ufficio divino e l'obbligo di portare l'abito ecclesiastico.

E poiché l'inosservanza della costituzione di papa Bonifacio VIII sulla clausura delle monache - che inizia con Periculoso - causa spesso molti scandali, il vescovo faccia del suo meglio, perché essa venga assolutamente osservata, secondo il contenuto della stessa costituzione, cosi pure, che i religiosi di qualsiasi ordine soggetti alla sua autorità, osservino fedelmente le loro regole e costituzioni, specie poi, che rinunzino ad ogni possesso.

Faccia anche in modo che quando essi vengono accolti nell'ordine, non si esiga nulla con simonia.

Ma la preoccupazione principale del vescovo nel Sinodo sia quella di vigilare e di usare i dovuti rimedi perché nessuna dottrina eretica, erronea, scandalosa, offensiva per orecchie delicate, o sortilegi, divinazioni, incantesimi, superstizioni, e ogni altra diabolica invenzione, contaminino la sua diocesi.

Siano istituiti, inoltre, i testi sinodali: uomini seri, prudenti e onesti, che abbiano zelo per la legge di Dio, in numero proporzionato all'estensione delle diocesi; o altri che abbiano le loro stesse facoltà, dove non vi sono altri, costituiti a questo scopo.

Se questi non sembrassero adatti al vescovo, ne scelga altri ( come egli crederà necessario ), allontanando i primi.

Questi siano obbligati a giurare nelle mani del vescovo o di chi lo rappresenta, come prescrive il canone: Episcopus in synodo; e durante l'anno visitino la diocesi e riferiscano a colui, cui spetta correggere e riformare, ciò che loro sembra degno di correzione e di riforma.

Questi punti se non fossero già stati corretti e riformati, siano portati dinanzi al prossimo sinodo, nel quale si cerchi di provvedere con i dovuti rimedi.

Ma oltre a ciò che il vescovo verrà a sapere dai testi sinodali, o da quelli che esercitano il loro ufficio, cerchi di indagare anche lui, personalmente e con diligenza sulle mancanza dei suoi sudditi, e la severità del meritato castigo colpisca talmente i trasgressori, da servire di esempio a quelli che intendessero comportarsi male.

In ogni provincia venga celebrato anche, in luogo sicuro, almeno entro due anni dalla fine del concilio generale, e poi almeno di triennio in triennio, il concilio provinciale.

Ad esso, debitamente convocati, intervengano sia l'arcivescovo che tutti i suffraganei, e gli altri che sono tenuti a partecipare a questi concili provinciali.

Se un vescovo fosse trattenuto da un impedimento canonico, designi un suo rappresentante, che non solo scusi e provi i motivi della sua assenza, ma assista anche, a suo nome, al concilio e accolga tutto quello che il concilio credesse opportuno stabilire.

In caso contrario, lo stesso vescovo per ciò stesso sia sospeso dal percepire la metà dei frutti della sua chiesa per un anno; questi saranno devoluti a favore della fabbrica della sua chiesa, da persona che dovrà esser designata nel concilio stesso.

Gli altri, che fossero negligenti nell'intervenire, siano puniti, invece, a giudizio dello stesso concilio, rimanendo, naturalmente, in vigore le altre pene stabilite dal diritto.

Durante il concilio generale, però, e nei sei mesi precedenti i concili provinciali non si celebrino.

Al principio del concilio provinciale, inoltre, il metropolita, o altri in suo nome, durante o dopo la messa, tenga un'esortazione, per ricordare seriamente i doveri dello stato ecclesiastico e particolarmente quelli inerenti all'ufficio del vescovi.

E ricordi a ciascuno che se - conforme alla parola del profeta - per colpa sua venisse a perdersi l'anima di qualcuno, il Signore richiederà dalle loro mani il sangue di essi. ( Ez 3,18.20 )

In particolare si faccia, allora, una precisa ammonizione perché gli ordini e i benefici vengano assegnati a persone degne e meritevoli, la cui vita sia sufficientemente conosciuta e testimoniata; e senza alcuna macchia di simonia; e, soprattutto nell'affidare la cura delle anime, si usi somma diligenza e si faccia un maturo esame; e i beni ecclesiastici siano lodevolmente destinati non ad usi illeciti, ma ad onore di Dio, alla conservazione delle chiese, con particolare riguardo, secondo i sacri canoni, alla cura dei poveri e degli indigenti, sapendo che di tutto ciò essi dovranno rendere conto dinanzi al tribunale dell'eterno giudice fino all'ultimo soldo. ( Mt 5,26 )

In questi concili si faccia un diligente esame, secondo quanto il diritto stabilisce, dei vizi da correggere, della riforma dei costumi dei sudditi, e soprattutto del comportamento dei vescovi nell'assegnare i benefici, nel confermare le elezioni, nel conferire gli ordini, nello scegliere i confessori, nel predicare al popolo, nel punire le mancanze dei loro sudditi, nell'osservanza dei sinodi episcopali, e in tutte le cose che in qualsiasi maniera riguardano l'ufficio del vescovo, la loro giurisdizione e il loro governo sia in questioni spirituali che temporali.

In modo particolare si curi che conservino pure le loro mani dalla piaga della simonia.

E quelli che avessero mancato in ciò, siano corretti e puniti dallo stesso concilio.

Si indaghi anche diligentemente, per tutte queste cose, sul metropolita.

Il concilio ne metta in rilievo espressamente le mancanze e i difetti, e l'ammonisca e lo preghi che proprio perché è chiamato e deve essere il padre degli altri, si astenga assolutamente da tali difetti.

Ed oltre a ciò, questa indagine sul suo conto, messa in iscritto, sia trasmessa senza indugio al Romano pontefice, o ad altro suo superiore, se ne avesse, perché lo punisca e corregga come merita.

Tra le altre cose, il sacro concilio cerchi con ogni diligenza, di sedare le discordia, le contese, le inimicizie, se ve ne fossero tra qualsiasi persona, che potessero turbare la quiete e la tranquillità della provincia; e, come farebbe un buon padre, attenda con vigilanza alla pace e alla concordia dei figli.

E se avvenisse che queste discordia sorgessero fra regni, province e principati, i santi vescovi di Dio procurino che i concili delle loro province si riuniscano insieme, e i concili facciano in modo, consigliandosi e aiutandosi a vicenda di togliere di mezzo ogni fonte di discordia.

Né cerchino di evitare questo loro dovere per amore o per odio contro qualcuno; ma guardando a Dio solo e alla salvezza del popolo bandita ogni tiepidezza, attendano all'opera santa della pace.

Nel concilio provinciale che precede immediatamente il concilio generale, si discutano inoltre, tutti quei problemi che fosse sembrato bene doversi trattare nello stesso concilio generale, a gloria di Dio, ad utilità della provincia, e per la salvezza del popolo.

In esso vengano scelti in numero adeguato quelli che dovranno recarsi al prossimo concilio generale come rappresentanti di tutta la provincia; e si provveda ad essi con un sussidio o in qualche altro modo, come meglio sarà sembrato secondo le norme del diritto e le risoluzioni del concilio provinciale.

E si facciano le cose in modo, che quelli i quali oltre le persone designate - come già accennato - volessero recarsi al concilio generale, non debbano in nessun modo esserne gravati; e cosi il loro clero.

Si rilegga anche, in ogni concilio provinciale, ciò che secondo le prescrizioni canoniche deve leggersi in essi, perché venga scrupolosamente osservato; e si infliggano ai trasgressori le pene dovute.

Se poi i metropoliti o i vescovi, cessando il legittimo impedimento, fossero negligenti nel celebrare i concili provinciali e diocesani nei termini predetti, perdano con ciò stesso la metà di tutti i frutti e proventi che loro appartengono per le loro chiese, da devolversi a favore della fabbrica delle stesse chiese.

Se poi persistessero per tre mesi in questa negligenza, siano sospesi ipso facto dai loro uffici e benefici.

Passato questo tempo, il vescovo più anziano della provincia o colui che viene subito dopo il vescovo in dignità nella diocesi - a meno che ciò non spetti ad altri per consuetudine o privilegio - sia tenuto a supplire alla loro negligenza nel celebrare questi sinodi provinciali ed episcopali.

Comanda, inoltre, questo santo sinodo, a tutti i prelati degli ordini religiosi di qualsiasi specie, cui appartiene celebrare i capitoli, che ne curino e ne facciano curare la celebrazione nei tempi stabiliti e sotto minaccia delle pene predette.

In essi con ogni attenzione e diligenza si trattino i problemi della vera riforma delle singole professioni e ordini, secondo le prescrizioni canoniche e le costituzioni delle varie associazioni religiose; di modo che in seguito nei singoli monasteri sia viva, come deve, l'osservanza della regola secondo le proprie norme e costituzioni, e soprattutto siano osservati perfettamente i tre voti fondamentali della professione religiosa.

Con ciò, tuttavia, questo santo sinodo non intende in nessun modo derogare ai diritti di chiunque.

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