Concilio di Basilea |
Il sacrosanto sinodo generale di Basilea, legittimamente riunito nello Spirito santo, immagine della chiesa universale, a perpetua memoria.
Come una buona madre è sempre in ansia per la salute dei figli, e non si dà pace fino a che, se vi è qualche disaccordo tra loro, la discordia non sia sopita, cosi e molto più la santa madre chiesa, che genera i figli alla vita eterna, ha sempre usato mettere in opera ogni tentativo perché tutti i cristiani, tolto di mezzo ogni dissenso, con fraterna carità conservino l'unità della stessa fede, senza la quale non può esservi salvezza.
È stata quindi precipua cura di questo santo sinodo, fin dal suo inizio, di estinguere la recente divisione dei Boemi e quella antica dei Greci, per unirli a noi con lo stesso perpetuo vincolo della fede e dell'amore.
Abbiamo quindi invitato a questo sacro concilio per primi con ogni carità i Boemi più vicini, quindi, con lettere e per mezzo di nostri inviati, i Greci, per fare questa santa unione.
E benché il caso dei Boemi fosse ritenuto da molti, in principio, non solo difficile, ma quasi impossibile e i nostri sforzi fossero ritenuti superflui ed inutili, pure il signore nostro Gesù Cristo, cui nulla è impossibile, ha diretto le cose in modo cosi salutare fino a questo momento, che ha giovato di più alla chiesa questo stesso invito dei Boemi, che i molti potentissimi eserciti che sono entrati in Boemia a mano armata.
Questo fatto ci infonde una speranza cosi grande, da farci perseguire questa unione dei Greci con ogni fiducia e perseveranza: impresa che noi affrontiamo tanto più volentieri, quanto più li vediamo inclini a questa unione.
Non appena, infatti, il serenissimo imperatore dei Greci e il patriarca di Costantinopoli sono stati richiesti dai nostri inviati, hanno subito destinato a questo santo sinodo tre dei loro uomini più insigni, tra quelli che godono fra essi di grande autorità - e il primo è consanguineo dello stesso imperatore - muniti del necessario mandato da parte sua, con bolla d'oro sottoscritta di propria mano, e di lettere del patriarca.
Tanto nella congregazione generale, quanto dinanzi ai nostri commissari, essi hanno manifestato il desiderio vivissimo dell'imperatore, del patriarca e di tutta la chiesa orientale per questa unione; e ci sollecitano in modo meraviglioso al proseguimento di un'opera cosi grande, affermando, tra l'altro due cose con fermezza e costanza: che l'unione stessa non è possibile in nessun modo senza un concilio Universale, cui partecipino sia la chiesa occidentale che quella orientale; e che in questo concilio, se sarà celebrato secondo gli accordi che seguono, la stessa unione sarà senz'altro conclusa.
All'udire queste cose, naturalmente la nostra letizia e la nostra gioia fu somma.
Cosa mai, infatti, potrebbe avvenire alla chiesa cattolica di più felice e di più glorioso di questo, che tanti popoli orientali, - che non sembra differiscano molto, per numero di abitanti da quelli che appartengono alla nostra fede - si uniscano a noi nella stessa unità della fede?
Cosa di più utile e fruttuoso di questo vide mai il popolo cristiano dall'inizio della chiesa nascente: che venga estirpato, cioè, del tutto uno scisma cosi lungo e dannoso?
Da questa unione, poi, noi ci attendiamo anche un'altra utilità, con l'aiuto di Dio, per la cristianità: che molti dalla empia religione maomettana si convertano alla fede cattolica.
Che cosa, dunque, non si dovrebbe tentare e mettere in opera dai cristiani per cosi pie e sante prospettive?
Quale cattolico non dovrebbe esporre, non diciamo i fuggevoli beni di questo mondo, ma addirittura il corpo e la vita per un cosi grande aumento del nome cristiano e della fede?
Riponendo, quindi, ogni nostro pensiero in Dio ( Sal 55,23; 1 Pt 5,7 ) che solo sa compiere opere meravigliose, ( Sal 136,4 ) abbiamo incaricato i cardinali della santa chiesa romana, i presidenti della sede apostolica, il patriarca di Antiochia, arcivescovi, vescovi, abati, maestri e dottori in giusto numero, perché trattassero con gli stessi ambasciatori dei Greci questo problema e il modo di condurlo in porto.
Essi, abboccatisi spesso sia tra di loro che con gli stessi ambasciatori, si sono accordati coli essi sui punti che seguono; questi, poi, deliberati dalle commissioni sacre conforme al modo di procedere di questo concilio, sono stati portati a conclusione e confermati dalla congregazione generale.
Segue il testo, con il mandato dello stesso signor imperatore e la bolla d'oro; ed è questo.
Gli ambasciatori del serenissimo signor imperatore dei Greci e del signor patriarca di Costantinopoli, cioè il signor Demetrio protonostiario, Paleologo Metodite, il venerabile Isidoro, abate del monastero di S. Demetrio, e il signor Giovanni Dissipato, familiare dell'imperatore, incontratisi con i signori deputati del sacro concilio, prima di tutto dissero che, se fosse piaciuto alla chiesa occidentale, questo sinodo avrebbe potuto essere celebrato a Costantinopoli e che la chiesa orientale si sarebbe raccolta li a proprie spese e non sarebbe stato necessario che la chiesa occidentale sostenesse spese per i prelati orientali per questo motivo.
Anzi, che lo stesso signor imperatore sarebbe venuto incontro ai prelati Latini che si fossero recati a Costantiponoli, secondo le sue possibilità.
Se poi fosse sembrato meglio che i prelati della chiesa orientale venissero nelle terre dei Latini per il sinodo suddetto allora per giusti motivi sarebbe stato necessario che si accollasse le spese la chiesa occidentale.
Poiché ai signori deputati sembrava per molte ragioni che l'unione avrebbe potuto farsi con maggiore opportunità in questa città di Basilea, dove il concilio è già in atto, hanno insistito spesso e molto presso gli ambasciatori perché fosse scelto lo stesso luogo per questa santa unione, offrendo le spese a ciò necessarie.
E tuttavia, poiché gli ambasciatori risposero che erano state date loro dall'imperatore e dal patriarca istruzioni limitate a certi luoghi, e quindi non potevano scegliere questo luogo, non nominato nelle stesse istruzioni, i deputati a nome del santo concilio, ben conoscendo l'intenzione santa e perfetta del concilio, che è quella di non guardare a disagi e spese per l'onore di Dio e l'incremento della fede cattolica, non ritennero opportuno mettere a repentaglio un bene cosi grande solo a causa del luogo.
Accettarono, quindi, se fosse piaciuto al santo concilio una delle località che seguono, con questa clausola: che - come si è convenuto sotto - venissero mandati alcuni, o uno solo, presso il signor imperatore, presso il patriarca e presso gli altri, affinché con efficaci argomenti li persuadessero a voler acconsentire su questa città di Basilea.
I luoghi proposti sono: la Calabria, Ancona, o altra città marittima, Bologna, Milano, o altra città in Italia; fuori d'Italia Buda, in Ungheria, Vienna, in Austria, e per ultimo la Savoia.
I signori deputati convennero, tuttavia, con i signori ambasciatori su quanto segue, sempre che fosse approvato dal sacro concilio.
In primo luogo gli ambasciatori promisero che a questo concilio sarebbero venuti l'imperatore e il patriarca di Costantinopoli, e gli altri tre patriarchi, ed arcivescovi e vescovi, e quegli altri ecclesiastici che avessero potuto senza grave disagio.
Ed inoltre, che sarebbero venuti anche da tutti i regni e domini dipendenti dalle chiese dei Greci, con piena potestà e con mandato, confermato da giuramento e da altre clausole opportune, sia da parte dei signori secolari che dei prelati.
Inoltre, che si mandassero uno o più ambasciatori, da parte del sacro concilio, con otto mila ducati, per raccogliere i prelati della chiesa orientale a Costantinopoli.
Questi otto mila ducati saranno spesi dagli stessi ambasciatori del sacro concilio come sembrerà al signor imperatore o agli stessi ambasciatori del concilio.
A condizione, però, che se gli stessi prelati Greci non volessero venire a Costantinopoli, o se, una volta venuti a Costantinopoli, non volessero venire al predetto sinodo, l'imperatore sarebbe stato tenuto a rifondere agli stessi ambasciatori del sacro concilio quanto avessero speso.
Ancora: che la chiesa occidentale sostenesse le spese di quattro grosse galere, di cui due salpino da Costantinopoli e due da altre località, per condurre, a suo tempo, al nostro porto, e ricondurre a Costantinopoli il signor imperatore i patriarchi e i prelati della chiesa orientale con il loro seguito fino al numero di settecento persone.
Per questi la chiesa occidentale sosterrà le spese in questo modo: per le spese dell'imperatore e delle settecento persone da Costantinopoli al nostro ultimo porto, darà all'imperatore quindici mila ducati; dall'ultimo porto fino alla sede del sinodo, e poi dopo, fino a che rimarranno al concilio, e quindi fino al loro ritorno a Costantinopoli, offrirà all'imperatore e alle settecento persone adeguato trattamento.
Entro dieci mesi, a cominciare dal prossimo novembre, il sacro concilio sarà tenuto a mandare due galere grandi e due leggere a Costantinopoli con trecento balestrieri.
Esse trasporteranno gli ambasciatori del sacro concilio e il signor Demetrio pronostriario Paleologo, primo degli ambasciatori del signor imperatore.
Questi ambasciatori porteranno con sé quindicimila ducati da consegnarsi al signor imperatore, per le spese sue e per quelle dei patriarchi, dei prelati e di quanti altri verranno, fino al numero di settecento persone; per le spese, cioè, che incontreranno da Costantinopoli fino all'ultimo porto in cui sbarcheranno, come accennato sopra.
Gli ambasciatori del sacro concilio che andranno con le galere disporranno che diecimila ducati siano pronti per essere spesi, se necessario, in difesa della città di Costantinopoli, per il pericolo che potrebbe derivare dai Turchi durante l'assenza del signor imperatore.
Il denaro sarà speso da persona da destinarsi dagli ambasciatori del santo concilio, secondo le necessità.
I predetti ambasciatori del sacro concilio disporranno anche per le spese di due galere leggere e di trecento balestrieri per la difesa della città di Costantinopoli durante l'assenza del signor imperatore; il personale di queste galere e i balestrieri giureranno nelle mani dell'imperatore di comportarsi fedelmente.
I loro capitani saranno scelti dall'imperatore.
Gli ambasciatori suddetti sostengano spese equivalenti a quanto occorre per armare due galere pesanti.
Gli ambasciatori del sacro concilio, che andranno a Costantinopoli, designeranno al signor imperatore il porto nel quale da ultimo dovrà sbarcare, ed una delle località sopra nominate, in cui dovrà svolgersi il predetto sinodo universale.
Faranno tuttavia del loro meglio perché sia scelta la città di Basilea, com'è da sperare.
Intanto questo sacro concilio di Basilea continuerà a tenersi fisso in essa, né si scioglierà; in caso di legittimo impedimento: - Dio non voglia! - secondo la disposizione del capitolo Frequente, si trasferirà ad altra città per la sua continuazione.
Nel caso poi che il signor imperatore non fosse contento di questo luogo, allora, dopo un mese dallo sbarco, il sacro concilio si trasferirà ad una delle località nominate, da scegliersi, come abbiamo detto sopra, dal concilio stesso.
Tutto quanto è stato premesso sarà adempiuto dall'una e dall'altra parte in qualsiasi circostanza e il sacro concilio lo metterà in esecuzione nel modo più fermo e con il maggior vigore e sicurezza possibili: cioè con decreto e bolla.
A tutto quello che è stato concluso e concordato il sommo pontefice dia il suo consenso con bolle ufficiali.
Tutto quanto è stato detto, inoltre, e ogni singola disposizione devono intendersi in buona fede, senza inganno e frode, e senza legittimo ed evidente impedimento.
Adempiute tutte queste clausole, gli ambasciatori dei Greci affermano e promettono che verranno assolutamente anche se vi fosse o incombesse la guerra sulla città.
E che a conferma di tutte queste cose presenteranno al sacro concilio il mandato dell'imperatore con bolla d'oro essi e gli altri giureranno in suo nome, scrivendo e sottoscrivendo a garanzia della loro ferma e vera fede che debba farsi, con Dio, il santo, universale concilio, se non sopravverrà la morte dell'imperatore o qualche impedimento chiaro e vero, che non possa essere evitato.
Da ultimo fu chiesto agli stessi ambasciatori dei Greci che dessero chiaramente su qualche espressione, contenuta nelle loro istruzioni.
E prima di tutto che cosa intendessero con il termine: sinodo universale.
Risposero: che il papa e i patriarchi partecipassero a tale sinodo personalmente o per mezzo di loro rappresentanti; e ugualmente che gli altri prelati fossero in esso personalmente o per mezzo di rappresentanti.
E promisero, conforme a quanto è stato detto sopra, che il signor imperatore dei Greci e il patriarca di Costantinopoli sarebbero intervenuti personalmente.
E cosa intendessero con le parole: libero e inviolato, Risposero: che uno potesse esprimere liberamente il proprio pensiero senza impedimento o violenza di alcuno.
Senza contesa: cioè senza polemica rissosa e offensiva.
Non si escludevano però, con ciò, le dispute e i confronti necessari, fatti con serenità, cortesia e carità.
Apostolico e canonico. Per quanto riguarda come dovessero intendersi tutte queste cose, e come procedere nel sinodo, si rimettevano a ciò che lo stesso sinodo universale dichiarerà ed ordinerà.
Similmente, che l'imperatore dei Greci e la loro chiesa avesse gli onori dovuti, quelli, cioè, che aveva al tempo in cui sorse lo scisma, salvi sempre i diritti, gli onori, i privilegi e le dignità del sommo pontefice, della chiesa di Roma e dell'imperatore dei Romani.
Se poi fosse sorto qualche dubbio, si stesse alla decisione del concilio universale predetto.
Segue il testo del mandato dell'Imperatore, con la bolla d'oro, tradotto dal Greco in Latino: Quoniam missi fuerunt ... e cioè: poiché sono stati mandati; e la lettera del signor Patriarca di Costantinopoli, dal Greco tradotta in Latino, con bolla di piombo.
Col presente decreto questo santo sinodo approva con l'autorità della chiesa universale i predetti accordi e convenzioni; li ratifica e li conferma, stabilisce, decreta e promette di osservarli sia nel loro insieme che ognuno di essi in particolare, e di adempierli senza tergiversazione, cosi come è stato predetto.
E poiché ciò porta all'incremento della vera fede e all'utilità della chiesa cattolica e di tutto il popolo cristiano deve esser sommamente gradito e accetto a tutti quelli che amano la fede di Cristo.
Poiché, come è stato già detto, i Greci richiedono per vari motivi che il santissimo signor papa Eugenio IV approvi espressamente questi accordi e convenzioni, perché a causa di ciò non sia trascurato un bene cosi grande, questo santo sinodo lo prega e lo supplica con ogni carità, lo scongiura e gli chiede per la misericordia di Gesù Cristo, ( Lc 1,8 ) quanto più istantemente, che voglia dare espressamente il suo consenso a questi accordi e convenzioni, già approvati e ratificati con decreto del sinodo in favore della fede e dell'unità ecclesiastica, con lettere bollate secondo l'uso della curia romana.
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