Concilio di Trento |
La potestà di elargire indulgenze è stata concessa alla chiesa da Cristo ed essa ha usato di questo potere, ad essa divinamente concesso, fin dai tempi più antichi.
Per questo il santo sinodo insegna e comanda di mantenere nella chiesa quest'uso, utilissimo al popolo cristiano e approvato dall'autorità dei sacri concili e colpisce di anatema quelli che asseriscono che esse sono inutili o che la chiesa non ha potere di concederle.
Esso, però, desidera che nel concedere queste indulgenze si usi moderazione, secondo l'uso antico e approvato nella chiesa, perché per la troppa facilità la disciplina della chiesa non debba indebolirsi.
Desiderando poi che vengano emendati e corretti gli abusi in questo campo, in occasione dei quali questo augusto nome delle indulgenze viene bestemmiato dagli eretici, col presente decreto stabilisce, in generale, che si debba assolutamente abolire, per conseguirle, qualsiasi indegno traffico, da cui sono sgorgati per il popolo cristiano infiniti motivi di abuso.
Gli altri abusi che sono promanati in qualsiasi modo dalla superstizione, dall'ignoranza, dalla mancanza di rispetto, e da altre cause, non potendosi facilmente proibire più minutamente, per le diverse forme di corruzione delle province e dei luoghi in cui si commettono, il santo sinodo comanda a tutti i vescovi che ognuno raccolga diligentemente questi abusi nella sua chiesa, e ne faccia una relazione al primo sinodo provinciale, così che, sentita anche l'opinione degli altri vescovi, siano subito riferiti al sommo pontefice romano, il quale, nella sua autorità e prudenza stabilisca quello che giova a tutta la chiesa, affinché il dono delle sante indulgenze sia dispensato piamente, e santamente, e senza alcuna corruttela a tutti i fedeli.
Il santo concilio esorta, inoltre, e scongiura tutti i pastori, per la venuta santissima del salvatore nostro Gesù Cristo, perché, come buoni soldati, raccomandino industriosamente e con ogni diligenza a tutti i fedeli tutto ciò che stabilisce la santa chiesa romana, madre e maestra di tutte le chiese, come pure quello che è stato stabilito in questo e negli altri concili ecumenici, perché mettano in pratica ogni cosa, specialmente quello che riguarda la mortificazione della carne, come la scelta dei cibi e i digiuni, o servono ad accrescere la pietà, come la celebrazione devota e religiosa dei giorni festivi.
E ammoniscano frequentemente i popoli ad obbedire quanti sono loro preposti; ( Eb 13,17 ) poiché chi ascolta questi, troverà Dio remuneratore, chi li disprezza, proverà la sua vendetta.
Nella seconda sessione - celebrata sotto il santissimo signore nostro Pio IV422 -, il sacrosanto sinodo, scelti alcuni padri, li incaricò, perché pensassero cosa si sarebbe dovuto fare delle varie censure e dei libri sospetti o pericolosi, e ne riferissero poi allo stesso santo concilio.
Ora sente dire che essi hanno posto fine a questo incarico.
Ma per la grande diversità e per il gran numero dei libri, esso non può facilmente giudicarli, uno per uno.
Comanda quindi, che tutte le loro conclusioni siano presentate al romano pontefice, perché secondo il suo giudizio e la sua autorità quello che essi hanno fatto sia portato a termine e pubblicato.
La stessa cosa comanda che facciano i padri, che hanno ricevuto l'incarico per il catechismo, per il messale e per il breviario.
Quanto al luogo assegnato agli ambasciatori, sia ecclesiastici che secolari, sia nel sedere che nell'incedere ed in ogni loro altro atto, non è stato recato a nessuno di essi alcun pregiudizio, ma ogni loro diritto e prerogativa - come pure quelle dell'imperatore, dei re, delle repubbliche e dei loro prìncipi - sono rimasti intatti e salvi.
Essi, cioè, sono rimasti tali e quali erano prima del presente concilio.
Dovere di accettare e di osservare i decreti del concilio
È stata così grande la sventura di questi nostri tempi e la inveterata malizia degli eretici, che niente è stato mai tanto chiaro nell'affermazione della nostra fede o stabilito con tanta certezza che essi, su istigazione del nemico del genere umano, non abbiano contaminato.
Per questo motivo il santo sinodo si è curato specialmente di condannare e anatematizzare i principali errori degli eretici del nostro tempo e di presentare ed insegnare la vera dottrina cattolica, come di fatto ha condannato, anatematizzato e definito.
Poiché tanti vescovi, chiamati dalle varie province del mondo cristiano, non potrebbero senza grave danno per il gregge e senza pericolo per tutti star lontani più a lungo dalle loro chiese e poiché, d'altra parte, non c'è più speranza che gli eretici, invitati tante volte - anche con il salvacondotto, che essi avevano chiesto - e attesi per tanto tempo, possano venire ed è, quindi, necessario porre fine a questo sacro concilio; non resta altro - come si fa in realtà, - che ammonire i principi perché vogliano prestare la loro opera, e non permettano che i decreti da esso emanati siano corrotti e violati dagli eretici, ma facciano in modo che da questi e da tutti siano accettati con devozione e siano fedelmente osservati.
Se nella loro ricezione sorgesse qualche difficoltà, o sia sfuggito qualche cosa che richieda una dichiarazione o una definizione - ma il concilio non lo crede -, esso confida che oltre agli altri mezzi messi a disposizione da questo santo concilio, il santissimo pontefice romano - chiamati quelli che gli sembrerà necessario per trattare quel problema ( specie da quelle province dalle quali è sorta la difficoltà ) o con la celebrazione di un concilio generale, se lo crederà necessario, o in qualunque altro modo che gli sembri opportuno, - si preoccuperà di provvedere alle necessita delle province, per la gloria di Dio e la tranquillità della chiesa.
Poiché in diversi tempi, tanto sotto Paolo III quanto sotto Giulio III, di felice memoria, sono state stabilite e definite molte cose in questo santo concilio sulle dottrine e la riforma dei costumi, il santo concilio intende che esse siano recitate e lette.
Illustrissimi signori e reverendissimi padri, credete opportuno che a lode di Dio onnipotente si chiuda questo sacro concilio ecumenico, e che di tutte le singole cose stabilite e definite sotto i romani pontefici Paolo III e Giulio III, di felice memoria, e il nostro santissimo signore Pio IV, si chieda conferma al beatissimo pontefice romano, a nome di questo santo concilio, per mezzo dei presidenti e legati della sede apostolica?
[Risposero: sì]
Indice |
422 | Sessione XVIII |