Christus Dominus |
1) La conferenza episcopale è in qualche modo una assemblea in cui i sacri pastori di una determinata nazione o territorio esercitano congiuntamente il loro ministero pastorale, per l'incremento del bene che la Chiesa offre agli uomini, specialmente per mezzo di quelle forme di apostolato che sono appropriate alle circostanze presenti.
2) Alla conferenza episcopale appartengono tutti gli ordinari dei luoghi di ciascun rito - ad eccezione dei vicari generali - i coadiutori, gli ausiliari e gli altri vescovi titolari, incaricati di uno speciale ufficio dalla santa Sede o dalla conferenza episcopale.
Gli altri vescovi titolari e - in considerazione del particolare ufficio che esercitano nel territorio - i legati del romano Pontefice non sono, di diritto, membri della conferenza.
Agli ordinari dei luoghi e ai coadiutori spetta, nella conferenza, voto deliberativo.
Se agli ausiliari e agli altri vescovi che hanno diritto di intervenire alla conferenza spetti voto deliberativo o consultivo, sarà deciso dagli statuti della conferenza.
3) Ogni conferenza episcopale rediga i suoi statuti, che saranno sottoposti alla revisione della santa Sede; in essi vengano stabiliti, tra gli altri, gli uffici che meglio rispondono allo scopo della conferenza: come, per esempio, il comitato permanente dei vescovi, le commissioni episcopali e il segretario generale.
4) Le decisioni della conferenza episcopale, purché siano state prese legittimamente e con almeno due terzi dei suffragi dei presuli appartenenti alla conferenza con voto deliberativo e siano state sottoposte all'esame della santa Sede, obbligano giuridicamente, ma soltanto nei casi in cui ciò sia contenuto nel diritto comune, oppure ciò sia stabilito da una speciale prescrizione della santa Sede, impartita o per motu proprio o dietro domanda della stessa conferenza.
5) Se particolari circostanze lo richiedono, i vescovi di più nazioni, coll'approvazione della santa Sede, possono costituire un'unica conferenza.
Si favoriscano altresì le relazioni tra le conferenze di diverse nazioni, per promuovere e assicurare un bene più grande.
6) Si raccomanda vivamente che i presuli delle Chiese orientali, nel promuovere la disciplina delle proprie Chiese in seno ai loro sinodi, e per favorire sempre più efficacemente le attività rivolte al bene della religione, abbiano presente anche il bene comune di tutto il territorio, là dove esistono più Chiese di diverso rito, confrontando i loro pareri in adunanze interrituali, secondo le norme che saranno stabilite dalla competente autorità.
Indice |