Perfectae caritatis |
15 La vita in comune perseveri nella preghiera e nella comunione di uno stesso spirito, nutrita della dottrina del Vangelo, della santa liturgia e soprattutto dell'eucaristia ( At 2,42 ), sull'esempio della Chiesa primitiva, in cui la moltitudine dei credenti era d'un cuore solo e di un'anima sola ( At 4,32 ).
I religiosi, come membri di Cristo, in fraterna comunanza di vita si prevengano gli uni gli altri nel rispetto scambievole ( Rm 12,10 ), portando gli uni i pesi degli altri ( Gal 6,2 ).
Infatti con l'amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello Spirito Santo ( Rm 5,5 ), la comunità come una famiglia unita nel nome del Signore gode della sua presenza ( Mt 18,20 ).
La carità è poi il compimento della legge ( Rm 13,10 ) e vincolo di perfezione ( Col 3,14 ), e per mezzo di essa noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita ( 1 Gv 3,14 ).
Anzi l'unità dei fratelli manifesta l'avvento di Cristo ( Gv 13,35; Gv 17,21 ), e da essa promana grande energia per l'apostolato.
Allo scopo poi di rendere più intimo il vincolo di fraternità fra i religiosi, coloro che sono chiamati conversi, coadiutori o con altro nome, siano strettamente associati alla vita e alle opere della comunità.
Se le circostanze non consigliano proprio di fare diversamente, bisogna far sì che negli istituti femminili si arrivi ad un'unica categoria di suore.
In tal caso, si manterrà solamente tra le persone la diversità richiesta dalla distinzione delle varie opere a cui le suore o per speciale vocazione divina o per particolare attitudine sono destinate.
I monasteri e gli istituti maschili non del tutto laicali possono accettare, secondo la loro indole e a norma delle costituzioni, chierici e laici, in pari misura e con eguali diritti ed obblighi, eccettuati quelli che scaturiscono dall'ordine sacro.
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