Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 7 Marzo 1919

Oggi alle 15,15 sono andato solo da Fra Leopoldo.

Mi accolse con la sua solita carità e benevolenza.

Mi parla delle meraviglie del Signore e mi dice che anche in questi giorni il Santo Crocifisso ha fatto rivelazioni che non mi può dire per i Fratelli delle Scuole Cristiane.

Siccome ieri mi aveva fatto qualche allusione sul mio stato di vita, oggi gliene chiedo spiegazioni, confessandogli prima ciò che da qualche tempo sentivo, delineandosi sempre più nettamente nessuna vocazione per la vita religiosa di convento.

E Fra Leopoldo mi dice che pregando il Signore gli aveva detto, non ricordando bene se pronunciando il mio nome o cognome: "Sarà religioso".

Io gli chiedo spiegazioni, e vedendomi un po' turbato per quanto gli avevo esposto prima, e quanto mi veniva dicendo, Fra Leopoldo sorride e mi dice che si può benissimo interpretare, e che anzi lui interpretava proprio così, dato il mio carattere, che io potevo essere un religioso in mezzo al mondo.

Il francescano aggiunge che ve n'è molto bisogno di anime di apostoli nel mondo, che forse sarebbe stato bene non mi fossi sposato, tuttavia, vedendomi ancora turbato, mi impose di continuare la mia vita come prima, senza pensarci, e se anche avessi sentito il bisogno di accasarmi sarei divenuto un buon padre di famiglia.

Non vedendomi ancora tranquillo mi impose di continuare così, prendendosene egli tutta la responsabilità.

Mi dice andando a casa di continuare la mia vita come prima, raccomandandomi però la comunione quotidiana.

Mi esorta a stringermi al Santo Crocifisso, fare ogni giorno la Santa Adorazione, mettendomelo sul cuore come usa lui, e poi di star tranquillo che sarà Egli la mia guida.

Fra Leopoldo non vuole vedermi turbato, perché questa è opera diabolica, e allora il Signore si ritira.

Egli è di una umiltà e carità straordinaria.

Accennandogli io alle miserie della vita di clausura, in contrasto con la mia natura troppo indipendente e piena di libertà, Fra Leopoldo mi dice che il pieno dovere è l'ubbidienza e la sommissione.

E accennando io a dei fatti, egli copre tutto, scusa tutti, attribuendoli a cause diverse e procurando di diminuirne la gravità per scolparne le persone.

Fra Leopoldo, parlando delle meraviglie del Signore, mi dice che non ha ancora capito perché il Santo Crocifisso desideri che egli parli di me pregando.

Mi dice che il Signore mi vuol tanto bene.

Mi ripete per la 2° e 3° volta in quest'ora come il Signore gli avesse detto di star tranquillo riguardo al mio papà, perché in qualunque modo sarebbe morto, egli l'avrebbe salvato.

"È una grazia grande, mi ripete, e lei ne può essere contento".

Mi ricorda la mia fortuna nell'aver letto le meraviglie del Signore e mi esorta a fare del bene nel mondo.

Entra il mio amico Cambiaghi, e dopo poco il Prof. Teodoreto, il quale si compiace del nostro viaggio, si rallegra delle visite fatte a Padre Alfani, alla signora Borsi, al sig. Ammiraglio, chiamandole benedizioni del Signore.

Io gli consegno una lettera del sig. Ammiraglio e prendiamo congedo alle 17.

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