Segretario del Crocifisso |
Accortosi Luigi Musso di essere capitato, in Vercelli, sotto un padrone indegno, non si dette pace
finché non ne ebbe trovato, nel Canonico Mons. Miglione, un altro conforme alle sue aspirazioni religiose.
Prese allora l'abitudine del lavoro per onorar Dio, per evitare le occasioni del male;
si rese abile a cucire, a ricamare, a fare fiori artificiali per la chiesa.
Con tali occupazioni, che s'aggiungevano al suo impiego, da quel tempo fino alla morte non fu mai visto in ozio.
A Torino si iscrisse tra gli Uomini Cattolici della parrocchia di S. Dalmazzo,
e fu sempre assiduo e puntuale alle adunanze per ritrarne gli aiuti necessari alla perseveranza nel bene.
Scelse nella stessa Parrocchia, come padre spirituale, il Rev. P. Giulio Giuseppe Cozzi
di cui seguì le sagge direttive anche quando ebbe lasciato Torino.
A Viale d'Asti compiva un apostolato di persuasione individuale per indurre la popolazione a partecipare alle funzioni
religiose della parrocchia, e approfittava di tutte le circostanze per estendere i suoi santi inviti,
pure svolgendo tanta attività con molta riservatezza, come notò una buona madre di famiglia:
« egli salutava tutti senza però fissare in volto le persone, specie se donne o fanciulle ».1
Il suo aiutante di cucina scrisse: « Non solo nel tempo che passammo insieme a Viale, ma anche quando viveva a Torino,
Luigi Musso condusse sempre una vita illibatissima, cioè ritirata, modesta, religiosissima ».2
A Terruggia, nell'occasione in cui gli venne negata dal Parroco la S. Comunione,
con tanta prudenza si condusse il Servo di Dio per tutto quel tempo piuttosto lungo,
da conquistare la piena fiducia dello stesso Parroco che l'elesse Presidente dell'Azione Cattolica parrocchiale.
Sempre calmo e sereno, nella vita di famiglia parlava poco, e « non permetteva che nessuno sparlasse del prossimo,
massime dei Sacerdoti e delle persone religiose »;3 ma il suo tratto era amabile e allegro,
« raccontava qualche fatto edificante e poi, salutati garbatamente i presenti,
si ritirava nella propria camera per le sue pratiche di pietà ».4
Di poi, nella circostanza della dimostrazione ostile contro il Parroco, fatta da alcuni
per protestare contro il divieto della recita del Rosario in S. Grato e la chiusura di detta Chiesa,
il Servo di Dio non solo non ebbe parte alcuna in tali atti, ma li sconsigliò, vi si oppose e ne sentì dispiacere.
Sebbene in un primo tempo alcuni compaesani avessero ritenuto Luigi Musso principale responsabile di quei fatti,
chiarito l'incidente, riconobbero chi si era comportato in modo « irreprensibile »
e che le decisioni prese dall'autorità erano dovute a cause estranee al Servo di Dio,
della cui condotta lo stesso Parroco, da me interrogato, fece il massimo elogio,
lasciandomi di tutto l'avvenuto una relazione scritta in cui si attesta che
« Luigi Musso in Terruggia ha sempre tenuto un'ottima condotta, condotta da cristiano fervente ».5
Ancora nel mondo, il servo di Dio era stimatissimo per i suoi consigli, atti a indurre i compagni
alla pratica della vita cristiana, e tenuti da tutti in grande considerazione perché dati con vera prudenza.
Risplende altresì la sua prudente cautela nella scelta che fece dello stato religioso,
scelta preceduta da molte preghiere e dall'esperimento fatto in qualità di domestico-cuoco,
nel convento di S. Paolo in Casale Monferrato.
Fattosi religioso, la sua vita divenne ritiratissima e tutta raccolta nel suo Gesù Crocifisso.
Al Servo di Dio Paolo Pio Perazzo, suo amico intimo, che l'esortava a fare una visita, rispose:
« Mi son fatto frate per abbandonare il mondo e non intendo far nuove conoscenze ».
Fra Leopoldo non si fidava di sé, ma si raccoglieva in preghiera, richiedeva consiglio ai Sacerdoti
e specialmente ai Superiori e al Direttore di spirito, ai quali sottoponeva i suoi dubbi e le illustrazioni ricevute da Dio.
Nella sua impresa principale, ossia la diffusione della Divozione a Gesù Crocifisso,
Fra Leopoldo dimostrò una prudenza non comune.
Trovatosi in mezzo a persone che nella maggior parte non potevano curarsi di lui e delle quali alcuna ostacolava,
per incomprensione, le sue iniziative, seppe fare, senza urtare nessuno e senza uscire dal suo nascondimento,
la propaganda della Divozione al SS. Crocifisso in modo da attirare l'ammirazione di tutti.
« Pregherò e poi risponderò » era la risposta che dava a quelli che l'interrogavano su affari diversi,
mentre insistentemente raccomandava di far uso discreto delle risposte che comunicava come avute nella preghiera.
Ecco perché tutti quelli che l'avvicinavano, erano grandemente impressionati non solo della sua semplicità,
ma specialmente della grande sua prudenza e precisa sicurezza nel consigliare.
Ricorrevano a Fra Leopoldo per consigli anche persone appartenenti alle classi più alte della società:
professori, magistrati, nobili, ufficiali ed ecclesiastici, non esclusi anche prelati di gran valore e perizia.
Scrisse un religioso: « In un momento in cui ero in contrasto con i miei Superiori ed ero tentato di uscire dall'Ordine,
i consigli di Fra Leopoldo, al quale mi ero rivolto, mi salvarono da quel pericolo ».
Indice |
1 | Clara Conti da Viale d'Asti |
2 | Luigi Francesco Nebiolo |
3 | Luigia Musso, nipote di Fra Leopoldo |
4 | Angela Cavallone, cugina di Fra Leopoldo |
5 | Mons. Gerolamo Robba, Prevosto di Terruggia. |