Filotea |
Rm 7,23; 2 Cor 12,7-9; Gal 5,17
Immagina, Filotea, una giovane principessa molto amata dal suo sposo; pensa ora che qualcuno mal intenzionato, per trascinarla a disonorare il letto nuziale, le invii un infame messaggio d'amore per portare avanti con lei il suo esecrando disegno.
Per prima cosa il messaggero propone alla principessa l'intenzione del suo padrone; in un secondo momento la principessa trova piacevole o ripugnante la proposta e la stessa ambasceria; in terzo luogo, dice di sì o dice di no.
Allo stesso modo Satana, il mondo e la carne, vedendo un'anima sposa al Figlio di Dio, le mandano tentazioni e suggerimenti con i quali:
1. il peccato viene proposto;
2. a quella proposta prova piacere o prova dispiacere;
3. infine acconsente o rifiuta.
I gradini per scendere al male sono tre: la tentazione, la dilettazione, il consenso.
È vero che questi tre momenti non sempre è facile distinguerli chiaramente in ogni genere di peccato, ma sono molto evidenti e distinti concretamente nei peccati di chiara gravità.
Anche se la tentazione ad un peccato ci tormentasse tutta la vita, non potrebbe renderci sgraditi alla divina Maestà; l'essenziale è che non ci piaccia e che non acconsentiamo.
Il motivo è che nella tentazione noi non siamo attivi, ma passivi, e siccome non proviamo alcun piacere, non possiamo essere colpevoli.
S. Paolo sofferse lungamente le tentazioni della carne e non per questo dispiaceva a Dio; anzi Dio era glorificato nelle tentazioni; la Beata Angela da Foligno provava tentazioni carnali così crudeli che, solo al racconto, si prova compassione per lei.
Anche le tentazioni patite da S. Benedetto e S. Francesco, allorché uno si gettò nella neve e l'altro nelle spine per mitigarle, erano terribili; ma non per questo persero la grazia di Dio; anzi la grazia in essi aumentò.
Devi essere molto coraggiosa, Filotea, quando sei afflitta da tentazioni, e non sentirti mai vinta finché ti disgustano; tieni sempre presente la differenza che c'è tra sentire e acconsentire; è possibile sentirle pur continuando a provarne dispiacere, ma invece non è possibile acconsentire senza provare piacere in esse; il motivo è presto detto: il piacere è il gradino al consenso.
I nostri nemici possono presentarci tutti gli inviti e le esche che vogliono, possono piazzarsi sulla soglia della porta del nostro cuore cercando di entrare, possono farci tutte le promesse immaginabili; finché da parte nostra saremo decisi a rifiutare, non è possibile che offendiamo Dio.
Ricordati l'esempio della principessa: il principe sposo non può incolparla del messaggio che le è stato inviato, se ella non si è compiaciuta.
Tuttavia tra l'anima e quella principessa c'è una differenza: la principessa, dopo aver ricevuto la proposta peccaminosa, se lo vuole, può cacciare il messaggero e non più ascoltarlo; mentre non è sempre in potere dell'anima non continuare a provare la tentazione, anche se è in suo potere non acconsentire: ecco perché, anche se la tentazione persiste e rimane a lungo, non può nuocerci finché la troviamo disgustosa.
Quanto alla dilettazione che può seguire la tentazione, siccome abbiamo due parti nell'anima, una inferiore e l'altra superiore, e visto anche che l'inferiore non sempre segue la superiore, anzi se ne mantiene indipendente, può capitare spesso che la parte inferiore si compiaccia nella tentazione, senza il consenso, anzi contro il gradimento della parte superiore: è questa la lotta e la guerra descritta da S. Paolo, quando dice che la sua carne brama contro il suo spirito, che c'è una legge delle membra e una dello spirito, e altre cose simili.
Hai mai visto, Filotea, un grande braciere con il fuoco coperto sotto la cenere?
Quando dieci-dodici ore dopo vieni per cercare il fuoco, ne trovi soltanto un po' nel mezzo, e si fatica a trovarlo; tuttavia c'era, visto che si può trovare!
E con quello si possono riaccendere tutti gli altri carboni spenti.
La stessa cosa avviene della carità, che è la nostra vita spirituale, soffocata da grandi e violente tentazioni: la tentazione provoca alla dilettazione la parte inferiore e può dare l'impressione di coprire tutta l'anima di cenere e ridurre l'amore di Dio allo stremo, perché non si trova più da nessuna parte, meno che al centro del cuore, nascosto in fondo allo spirito; sembra proprio che non ci sia più e si fatica a trovarlo.
Eppure c'è e c'è sul serio, perché anche se tutto è torbido nella nostra anima e nel nostro corpo, noi abbiamo fatto il proposito di non acconsentire al peccato e nemmeno alla tentazione; la dilettazione che piace al nostro uomo esteriore, dispiace a quello interiore, e anche se circonda da ogni parte la nostra volontà, l'importante è che non sia entrata in essa: da ciò appare evidente che si tratta di una dilettazione involontaria, e quindi che non può essere peccato.
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