Cantico spirituale Manoscritto B

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Nota sulla strofa seguenete

1 - Per una maggior comprensione della strofa seguente è necessario ricordare che l'assenza dell'Amato di cui l'anima soffre in questo stato di fidanzamento spirituale è molto dolorosa; talvolta anzi arriva ad un punto tale da non esservi altra pena che regga al confronto.

Ciò accade perché come l'amore che l'anima ora porta a Dio è grande e forte, così, nella sua assenza, ella è grandemente e fortemente tormentata.

Si aggiunga a tale pena la molestia molto grande che a questa epoca trova in ogni genere di tratto e comunicazione con le creature.

Infatti, avendo ella un desiderio abissale dell'unione con Dio, qualunque cosa la trattenga è per lei molto grave e molesta.

Le accade come alla pietra alla quale diventa violenta qualsiasi cosa che l'urta o la trattiene nello spazio, mentre con grande impeto e velocità sta avvicinandosi al suo centro.

Inoltre poiché ha già assaporato queste dolci visite, l'anima le desidera più dell'oro e di ogni bellezza.

Perciò, temendo molto di essere priva anche per un momento solo di una presenza tanto preziosa, l'anima parlando con l'aridità e con lo Spirito del suo Sposo, dice la strofa che segue:

Strofa 17

Férmati, o borea morto,

austro vieni, che susciti gli amori,

spira per il mio orto,

sì che corran gli odori

e l'Amato si pasca in mezzo ai fiori.

Spiegazione

2 - Oltre a quanto è stato detto, anche l'aridità di spirito può essere una causa che impedisce all'anima di assaporare la soavità interiore di cui si è già parlato.

Temendo ciò, in questa strofa l'anima fa due cose: la prima è quella di impedire tale aridità chiudendole la porta per mezzo di una orazione e di una devozione continua, la seconda è quella di invocare lo Spirito Santo, affinché tenga lontano queste aridità, alimenti e cresca l'amore dello Sposo e le faccia praticare interiormente le virtù.

Tutto ciò serve perché il Figlio di Dio, suo Sposo, provi gioia e diletto in lei, che desidera solo contentare l'Amato.

Férmati, o borea morto!

3 - La tramontana è un vento molto freddo che dissecca e fa morire i fiori e le piante o, per lo meno, colpendole le fa raggrinzire e chiudere.

Poiché l'aridità spirituale e l'assenza affettiva dell'Amato producono lo stesso effetto nell'anima spegnendo in lei il gusto, il sapore e la fragranza delle virtù, perciò vengono chiamate borea morto, in quanto che hanno mortificate tutte le virtù e l'esercizio affettivo che l'anima aveva.

Per tale ragione essa dice: Fermati, o borea morto!

Queste parole vanno intese nel senso che è un atto di orazione e di esercizi spirituali che tiene lontana l'aridità.

Ma poiché le comunicazioni che Dio fa all'anima in questo stato sono tanto interiori che da sé non può metterle in atto né gustarle con nessuna azione delle sue potenze, se lo Spirito dello Sposo non fa in lei una mozione di amore, ella lo invoca dicendo:

austro vieni, che susciti gli amori.

4 - L'austro è un altro vento che volgarmente si chiama libeccio: è piacevole, genera pioggia, fa germogliare le erbe e le piante, fa aprire i fiori diffondendone il profumo; produce effetti contrari a quelli della tramontana. L'anima dunque in questo luogo intende per vento lo Spirito Santo, dicendo di Lui che risveglia gli amori. Infatti, allorché questo vento divino la investe, l'infiamma tutta, la accarezza, la ravviva, ne risveglia la volontà e ne eccita gli appetiti, che prima erano affievoliti e addormentati all'amore di Dio, in maniera tale che si può ben dire che risveglia gli amori fra Lui e lei.

È quanto ella chiede allo Spirito Santo nel verso seguente:

spira per il mio orto.

5 - Questo orto è l'anima stessa.

Come in precedenza essa è stata detta vigna fiorita perché i fiori di virtù presenti in lei producono un vino di dolce sapore, cosi ora viene chiamata orto, perché in lei sono piantati, nascono e crescono i fiori delle perfezioni o virtù di cui abbiamo parlato.

C'è da notare come la sposa non dica spira nel ma per il mio orto, poiché v'è molta differenza fra lo spirare di Dio nel e per l'anima.

Infatti spirare nell'anima significa infondere in essa grazia, doni e virtù; spirare per l'anima, esprime il tocco e la mozione nelle virtù e perfezioni già concesse rimovendole e movendole in modo tale da far loro emettere una mirabile fragranza e soavità.

Fan come le spezie aromatiche le quali, quando vengono maneggiate, spargono il loro forte profumo, che prima non si sentiva in modo cosi acuto.

L'anima non sempre sente e gusta attualmente le virtù che ha in sé acquisite o infuse poiché, come sarà detto, durante la vita se ne stanno come fiori chiusi nel germoglio o come spezie aromatiche coperte, il cui odore non si sente finché non vengono scoperte o mosse.

6 - Ma qualche volta Dio fa all'anima sposa la grazia di aprire tutti questi germogli di virtù e di scoprire queste spezie aromatiche di doni, di perfezioni e di ricchezze, spirando con il suo divino Spirito per il suo orto fiorito.

E così, aprendo il tesoro e il capitale interiore, ne manifesta tutta la bellezza.

È allora cosa meravigliosa a vedere e soave a sentire in qual modo si scopre a lei la ricchezza dei doni e la bellezza di questi fiori di virtù, già tutti aperti, e come ciascuno le dia l'odore di soavità inestimabile che gli è proprio.

Per questo fatto ella parla di odori che corrono per l'orto, allorché nel verso seguente dice:

sì che corran gli odori.

7 - Essi talvolta sono così abbondanti che all'anima pare di essere rivestita di diletti e immersa in una gloria inestimabile; di ciò non solo ha esperienza nell'intimo, ma la sente ridondare fuori di modo che se ne accorgono coloro che sanno avvertirlo, ai quali poi sembra che l'anima si trovi come in un giardino delizioso, pieno di diletti e di ricchezze di Dio.

Si vede ciò in tali anime sante non solo quando questi fiori sono aperti, ma anche ordinariamente traspare in esse una certa non so quale grandezza e dignità che genera negli altri venerazione e rispetto a causa dell'effetto soprannaturale che si diffonde in esse dalla vicinanza e dalla familiare comunicazione con Dio.

Così nell'Esodo ( Es 34,30 ) si parla di Mosè: gli altri non potevano guardarlo in volto a causa della gloria e della dignità rimaste in lui per aver trattato faccia a faccia con Dio.

8 - Nello spirare dello Spirito Santo per l'anima, che è per lei una visita amorosa, il Figlio di Dio, suo Sposo, le si comunica in un modo sublime.

Perciò prima le manda, come agli Apostoli, il suo Spirito, che, come precursore, gli prepari l'alloggio nell'anima sposa, elevandola in delizie, disponendone l'orto a suo piacere, facendone sbocciare i fiori, scoprendone i doni e ornandola con la tappezzeria delle sue grazie e ricchezze.

Perciò l'anima desidera ardentemente che la tramontana se ne vada, venga l'austro che spiri per l'orto, poiché ella in ciò guadagna insieme molte cose.

Infatti guadagna di poter godere delle virtù che si trovano al punto in cui vengono esercitate con gusto, vi gioisce dell'Amato, perché, per loro mezzo, Egli si dà a lei con amore più intimo facendole grazie più singolari che per il passato.

A causa di questo esercizio di virtù, ella ottiene che l'Amato si compiaccia di più in lei, il che è quanto di più a lei fa piacere, quello cioè di dar piacere a Lui; e infine guadagna che tale sapore e soavità delle virtù si protragga per tutto il tempo in cui lo Sposo è presente in lei nel modo detto mentre la sposa gli dà soavità con le sue virtù, secondo quanto ella dice nel Cantico: Mentre il re giaceva nel suo letto, cioè nell'anima mia, il mio arboscello profumato sparse odore di soavità ( Ct 1,11 ).

Per arboscello profumato si intende l'anima stessa che dai fiori di virtù che possiede emana profumo di soavità verso l'Amato, che dimora in lei con questo genere di unione.

9 - Pertanto si deve desiderare molto quest'aura divina dello Spirito Santo; ogni anima lo preghi di spirare per il suo orto, affinché vi scorrano i suoi divini odori.

Essendo ciò tanto necessario e di tanto bene e gloria per l'anima, la sposa dei Cantici lo desidera e lo chiede con queste parole: Levati di qui, o tramontana e vattene, e tu, o austro, vieni e spira per il mio orto; e scorreranno le sue odorose e preziose spezie ( Ct 4,16 ).

L'anima desidera questo non per il diletto e la gloria che ne seguono, ma perché sa che è cosa gradita al suo Sposo ed è preannunzio e predisposizione alla venuta del Figlio di Dio, a dilettarsi in lei.

Perciò soggiunge subito:

e l'Amato si pasca in mezzo ai fiori.

10 - Con il nome di pascolo l'anima significa il diletto che il Figlio di Dio trova in lei in questo periodo.

Usa un termine molto proprio, poiché il pascolo o cibo è una cosa che non solo dà gusto ma anche sostiene.

Infatti il Figlio di Dio si compiace e si sostenta in lei, cioè vi persevera, come in un luogo dove trova grandemente le sue compiacenze, poiché anche il luogo si ricrea grandemente in Lui.

Credo che ciò sia quanto Egli ha voluto dire per mezzo di Salomone nei Proverbi ( Pr 8,31 ): Le mie delizie sono con i figli degli uomini, quando essi si dilettano di stare con me che sono Figlio di Dio.

C'è da notare che non dice "si pascerà di fiori", ma in mezzo ai fiori.

Poiché la comunicazione e i diletti dello Sposo avvengono nell'anima mediante il corredo delle virtù suddette, ne segue che ciò di cui Egli si pasce è l'anima stessa trasformandola in sé, essendo ella già preparata, condita e resa atta con i fiori delle virtù, dei doni e delle perfezioni, che sono come la salsa con cui si pasce, le quali, per mezzo dell'Ospite suddetto, vanno offrendo a Dio nell'anima sapore e soavità affinché per loro mezzo trovi un pascolo migliore nell'amore di lei.

Questa infatti è la qualità dello Sposo: quella di unirsi con l'anima in mezzo alla fragranza di questi fiori.

Anche la sposa dei Cantici, come colei la quale conosce molto bene la natura dello Sposo, parla della cosa dicendo: Il mio Diletto è disceso nel suo orto all'erica e all'arie delle spezie aromatiche odorose, per pascerei nell'orto e cogliere i gigli ( Ct 6,1 ).

Quindi aggiunge: Io per l'Amato e l'Amato per me, che si pasce tra i gigli ( Ct 6,2 ), vale a dire, che trova diletto nell'anima mia, che è l'orto, fra i gigli delle mie virtù, perfezioni e grazie.

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