Gregorio Nazianzeno
Fa parte del celebre manipolo dei "luminari di Cappadocia" insieme con Sant'Anfìlochio d'Iconio, suo cugino, San Basilio Magno e San Gregorio di Nissa, fratello di quest'ultimo.
Gregorio "Nazianzeno" nacque verso il 330 ad Arianzo, borgata nei pressi di Nazianzo, dal cui nome deriva il celebre appellativo del santo.
Fu consacrato a Dio sin dalla più tenera infanzia dalla sua piissima madre, Santa Nonna, ed entrambi i genitori gli impartirono un'ottima educazione.
Fu inviato a scuola presso Cesarea di Palestina, poi ad Alessandria d'Egitto ed infine ad Atene, dove legò un'intima amicizia con il suo conterraneo San Basilio Magno.
Gregorio rimase per dieci anni nella capitale ellenica, allora centro della cultura pagana, dove pare diede anche lezioni di eloquenza.
Fece ritorno verso il 359 in Cappadocia e ricevette il battesimo, come consuetudine a quel tempo, all'età di trent'anni.
Da quel giorno divise i suoi giorni tra l'ascesi e lo studio in compagnia dell'amico Basilio nella solitudine della valle dell'Iris, presso Neocesarea.
Ben presto però, in seguito alle numerose richieste dei fedeli, fu suo malgrado richiamato per ricevere l'ordinazione presbiterale direttamente dalle mani di suo padre, San Gregorio di Nazianzo il Vecchio, che nel frattempo si era convertito dalla setta giudeo-pagana degli adoratori di Zeus Hypsistos al cristianesimo ed era stato insediato sulla sede episcopale di Nazianzo.
Turbato per la pressione subita ed innamorato sempre più della vita solitaria, il giovane sacerdote tornò con San Basilio nella regione del Ponto.
Dovette tuttavia accorrere nuovamente a Nazianzo per aiutare suo padre nel governo della diocesi e domarvi uno scisma imperversante.
Il vecchio pastore aveva sottoscritto, per debolezza o per inavvertenza, la formula semiariana coniata dal concilio di Rimini, e parte dei fedeli si era ribellata.
San Gregorio seppe sapientemente persuadere allora suo padre a fare una solenne professione di fede cattolica, facendo così rifiorire la calma e la concordia.
Nel 371, in seguito alla divisione della Cappadocia in due province ecclesiastiche, San Basilio, volendo creare un nuovo vescovado a Sàsima per opporsi alle intrusioni di Antimo, arcivescovo di Tiana, capitale della Seconda Cappadocia, fece appello al suo amico nominandolo a tale sede.
Questo triste borgo, polveroso e chiassoso, edificato attorno ad una stazione postale sulla via di Cilicia, non poteva certo essere l'ambiente adatto per una vita da filosofo e da teologo.
San Gregorio, dopo essersi lasciato imporre le mani di malavoglia, anziché prendere possesso della sua diocesi, fuggì segretamente nella solitudine.
Fece poi ritorno a Nazianzo soltanto in seguito alle suppliche del vecchio padre, che in età avanzata non riusciva più a portare tutto il peso della sua carica.
Quando nel 374 morì, col cuore affranto e la salute malferma il figlio si rifugiò non appena possibile nel monastero di Santa Teda, a Seleucia, nell'Isauria.
Era però volontà divina che non potesse nuovamente godere del sospirato riposo.
All'inizio del 379, infatti, i cattolici di Costantinopoli, ai quali l'imperatore Valente aveva sottratto tutte le chiese, approfittarono dell'avvento al trono di San Teodosio I il Grande per convincerlo a ristabilire la fede nicena nella capitale dell'oriente, nominando Gregorio quale nuovo patriarca, con il naturale appoggio dell'amico San Basilio.
A Gregorio non restò che accettare di trasferirsi nella metropoli constantinopolitana, ove aprì nella casa di un suo parente una cappella che denominò "Anàstasis" ( cioè Risurrezione ) e con la sua eloquenza riuscì a raccogliere attorno a sé i pochi ortodossi superstiti e senza pastore.
Ebbe così occasione di pronunciare le sue più celebri omelie, i cinque Discorsi sulla Trinità che gli valsero la fama di teologo.
Accorse dalla Siria ad ascoltare le sue parole perfino San Girolamo, che divenne suo discepolo.
Il compito del nuovo pastore si rivelò presto assai difficoltoso, non solo a causa degli ariani, ma ancor di più quando un certo Massimo, figura equivoca di filosofo cinico e di asceta, forte dell'appoggio di Pietro, vescovo di Alessandria, tentò di farsi proclamare vescovo di Costantinopoli.
Tra cotante insidie e violenze, tra cui il rischio di lapidazione, San Gregorio avrebbe preferito ancora una volta tornare a vita solitaria, se non fosse stato tormentato dal bizzarro pensiero che "insieme con lui sarebbe partita da Costantinopoli anche la Trinità".
Nel mese di novembre del 380, con l'ingresso dell'imperatore Teodosio nella capitale, le chiese furono finalmente sottratte agli ariani e riconsegnate ai legittimi detentori.
San Gregorio, dietro all'imperatore e scortato dall'esercito, fu condotto in processione nella celeberrima cattedrale di Santa Sofia ed acclamato dal clero e dal popolo vescovo della città.
Il saggio pastore non si accontentò però di quella intronizzazione e preferì farsi anche riconoscere nel maggio 381 dal V concilio ecumenico aperto a Costantinopoli sotto la presidenza di Melezio, vescovo di Antiochia.
Questi però morì e Gregorio fu chiamato a presiedere l'assemblea al suo posto.
Propose allora di nominare a successore del defunto nella sede antiochiena Paolino, che era stato vescovo di quella città durante lo scisma, ma i meleziani, che formavano la maggioranza, gli contrapposero Flaviano.
Quando poi al concilio giunsero i vescovi egiziani e macedoni, presero a contestare l'elezione di Gregorio, perché in qualità di vescovo di Sàsima, in forza del canone di Antiochia, non avrebbe potuto essere trasferito ad altra sede.
Il santo patriarca, che in realtà non aveva mai preso possesso della diocesi suddetta, amareggiato da tante ambizioni e intrighi, con pronta decisione rinunciò alla chiesa di Costantinopoli che governava da appena un biennio, stanco dei "più giovani che cinguettavano come uno stormo di gazze e si accanivano come uno sciame di vespe", mentre "i vecchi si guardavano bene dal moderare gli altri".
Si ritirò allora nuovamente nella nativa Nazianzo, che nel frattempo era rimasta priva di pastore, ed amministro tale Chiesa locale per altri due anni, quando riuscì a far eleggere in sua sostituzione a vescovo della diocesi suo cugino Eulalio.
Fatto ciò, si ritirò nella sua proprietà di Arianzo, dove morì il 25 gennaio del 389 o del 390, dopo sei anni dedicati alla contemplazione ed a studi ininterrotti.
San Gregorio, di costituzione debole e di delicata sensibilità, nella sua vita non fu mai un uomo d'azione, quanto piuttosto di meditazione, e neppure un teologo speculativo, semmai un mistico.
É unanimemente considerato un buon testimone della tradizione della Chiesa nelle questioni trinitarie e cristologiche.
Durante la sua vita si sentì talvolta condannato piuttosto che chiamato all'attività apostolica.
Tuttavia, quando non poté fuggire dall'azione, si dedicò sempre al bene delle anime affidate alla sua cura con grandissimo senso di responsabilità.
Oratore perfetto, fu a buon ragione soprannominato il "Demostene cristiano".
Ci sono pervenuti ben 45 suoi discorsi, 244 lettere e molte poesie teologiche e storiche, scritte in una lingua ricca, armoniosa e pura.
San Gregorio Nazianzeno è commemorato dal Martyrologium Romanum al 25 gennaio, anniversario della sua nascita al cielo, mentre il giorno seguente si celebre la sua memoria liturgica comunemente con il suo amico San Basilio Magno.