Libro delle fondazioni |
1. Quanto mi sono allontanata dal mio soggetto!
Ma può darsi che siano più opportuni alcuni di questi consigli da me dati che il racconto delle fondazioni.
Mentre, dunque, mi trovavo a San Giuseppe di Medina del Campo, ero intimamente felice nel vedere come le consorelle di questo monastero seguissero le orme di quelle di San Giuseppe di Avila, per il fervore religioso, la carità fraterna, lo spirito interiore.
Nostro Signore provvedeva man mano alla sua casa, sia di quanto era necessario per la chiesa, sia di quanto occorreva al sostentamento delle stesse consorelle.
Nel frattempo cominciarono ad entrare alcune novizie, che sembravano scelte dal Signore quali conveniva che fossero per servire di fondamento a tale edificio.
Da questi principi infatti ritengo che dipenda tutto il bene dell'avvenire perché, una volta che le prime trovino il cammino, le altre che vengono dopo non fanno che seguirlo.
2. C'era a Toledo una signora, sorella del duce di Medinaceli in casa della quale io ero stata per ordine dei superiori, come ho detto più a lungo trattando della fondazione di San Giuseppe.
Ella mi si affezionò moltissimo, e questo affetto, indubbiamente, era un mezzo di cui Dio si servì per stimolarla a fare quanto poi si fece.
Sua Maestà infatti spesso si vale, per i suoi fini, di certi mezzi che a noi, ignari del futuro, sembrano di poca importanza.
Non appena la signora seppe che avevo il permesso di fondare monasteri, cominciò a chiedermi insistentemente di aprirne uno in un suo feudo che aveva nome Malagón.
Io non volevo in alcun modo acconsentirvi per il fatto che si trattava di un villaggio così piccolo che il monastero, per potersi mantenere, aveva bisogno, senza meno, di una rendita, cosa a cui io ero assolutamente contraria.
3. Ne parlai con alcune dotte persone e con il mio confessore e tutti mi dissero che facevo male; poiché il santo Concilio consentiva di aver rendite, non si doveva, per un'opinione personale, tralasciare di fondare un monastero, dove il Signore poteva essere così ben servito.
A ciò si aggiunsero le ripetute insistenze di questa signora e mi vidi costretta a consentirvi.
Ella diede alla fondazione una rendita conveniente.
Amo sempre infatti che i monasteri o siano del tutto poveri o abbiano disponibilità sufficienti onde evitare che le religiose debbano importunare chicchessia per ovviare alle loro necessità.
4. Feci ricorso a tutte le misure possibili perché nessuna possedesse la benché minima cosa e si osservassero integralmente le Costituzioni, come negli altri nostri monasteri improntati a povertà.
Fatti tutti i documenti, mandai a chiamare alcune consorelle per provvedere alla fondazione e, insieme con quella signora, ci recammo a Malagón.
Ma siccome la casa non era ancora pronta per accoglierci, ci trattenemmo più di otto giorni in un alloggio del castello.
5. La domenica delle Palme dell'anno 1568, essendo venuti a prenderci in processione gli abitanti del luogo, noi, con i veli calati sul viso e tenendo indosso le cappe bianche, andammo nella chiesa del villaggio.
Dopo la predica, si portò il santissimo Sacramento nel nostro monastero.
Ciò fu motivo di gran devozione per tutti.
Lì mi trattenni alcuni giorni.
Una mattina, mentre, dopo essermi comunicata, stavo in orazione, udii da nostro Signore ch'egli in quella casa sarebbe stato ben servito.
Credo d'esser rimasta in quel luogo neanche due mesi, perché mi sentivo nell'intimo sollecitata a recarmi a fondare la casa di Valladolid, per la ragione che ora dirò.
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