Libro delle fondazioni

Capitolo 11

Prosegue sull'argomento iniziato, raccontando gli espedienti a cui donna Casilda de Padilla fece ricorso per realizzare i suoi santi desideri d'essere religiosa.

1. In questo tempo avvenne che prendesse l'abito nel nostro monastero della Concezione una sorella conversa, della quale forse racconterò la vocazione perché, sebbene di diversa condizione, essendo un'umile contadina, per le insigni grazie di cui Dio l'ha favorita è stata da lui elevata talmente da meritare, a lode di Sua Maestà, che se ne faccia speciale menzione.

Donna Casilda ( si chiamava così questa prediletta di Dio ), recatasi ad assistere alla vestizione con la nonna, che era la madre del suo promesso sposo, si affezionò molto a questo monastero, sembrandole che in esso le religiose, essendo in poche e povere, potessero servire meglio il Signore.

Pur tuttavia non era decisa a lasciare il suo sposo, giacché era questo – come ho detto – il legame più forte che ancora la trattenesse.

2. Considerava che, prima di fidanzarsi, era solita dedicare un po' di tempo all'orazione, abitudine in cui era cresciuta con i fratelli, per la bontà e la santità di sua madre.

Infatti questa, sin dall'età di sette anni, li conduceva di tanto in tanto in un oratorio, insegnava loro a meditare sulla passione del Signore e li faceva confessare spesso; per questo ha assistito al pieno successo dei suoi desideri, che erano di vederli consacrati a Dio.

Ella mi ha detto che glieli offriva di continuo e lo supplicava di tirarli fuori dal mondo, essendo ormai consapevole del poco conto che si deve farne.

Penso, a volte, quanto questi figli dovranno ringraziare una tale madre, una volta in possesso dei beni eterni, nel riconoscere che la madre è stata per loro il mezzo per conseguirli, e quale sarà la gioia di questa madre nel vedere i suoi figli in paradiso.

Al contrario, quanto diversa la sorte di coloro che, per non aver cresciuto i propri figli come figli di Dio ( di cui sono più figli, che non di loro stessi ), si vedranno con essi nell'inferno!

Quali maledizioni si scaglieranno e quale disperazione li tormenterà!

3. Tornando dunque a quello che dicevo, Casilda, vedendo che attendeva di malavoglia anche alla recita del rosario, temette molto di dover andare sempre peggio, e le sembrò evidente che, entrando in questo monastero, si sarebbe assicurata la salvezza.

Prese pertanto la sua risoluta decisione.

Una mattina, essendo venuta qui con sua sorella e sua madre, si diede loro l'occasione di entrare in monastero, senza il minimo sospetto da parte di alcuno che ella facesse ciò che fece.

Non appena si vide lì dentro, non ci fu verso di mandarla fuori.

Versava tali fiumi di lacrime perché ve la lasciassero e diceva tali cose commoventi, da far restare tutte le religiose sbigottite.

Sua madre, benché nel suo intimo ne godesse, temeva dei parenti e non voleva che rimanesse lì in quel modo, onde evitare di essere accusata d'averla indotta lei a fare quel passo.

Anche la priora era della stessa opinione: riteneva la fanciulla troppo giovane e pensava che fosse necessario provarla più a lungo.

Questo accadeva al mattino; dovettero restare lì fino a sera; fu mandato a chiamare il suo confessore, come anche il padre maestro fra Domingo, domenicano, di cui ho fatto menzione all'inizio, che era il mio confessore.

In quel momento non mi trovavo in tale monastero.

Questo padre riconobbe subito che si trattava dello spirito del Signore e aiutò molto Casilda, sopportando ben ardue difficoltà da parte dei suoi parenti ( così dovrebbero fare tutti coloro che pretendono di servire il Signore, quando vedono che un'anima è chiamata da Dio, e non badare tanto a considerazioni umane! ).

Egli promise di aiutarla a rientrare nel monastero un altro giorno.

4. Dopo una lunga opera di persuasione e soprattutto affinché la colpa non dovesse ricadere su sua madre, per questa volta ella se ne andò via da lì.

Ma i suoi desideri non facevano che aumentare.

La madre, allora, cominciò a parlarne segretamente con i suoi parenti, e la ragione di questa segretezza stava nella speranza che, così facendo, il fidanzato non venisse a saperlo.

Essi dissero che era una bambinata e che Casilda doveva aspettare d'avere un'età conveniente, visto che non aveva compiuto dodici anni.

Ella rispondeva che se l'avevano trovata di un'età adatta per sposarla e lasciarla nel mondo, come mai non la trovavano matura per darsi a Dio?

Diceva cose che davano ben a vedere come non fosse lei a parlare a questo riguardo.

5. La cosa, tuttavia, non poté restare così segreta, che non ne fosse informato il fidanzato.

Quando ella lo seppe, non le sembrò opportuno attendere il suo ritorno, e il giorno della festa della Concezione, trovandosi in casa di sua nonna, che era anche la sua futura suocera e che non sapeva nulla di questo, la pregò caldamente di lasciarla andare in campagna con la governante, a ricrearsi un poco.

La nonna vi acconsentì per farle piacere, dandole una carrozza con vari suoi servitori.

Casilda diede a uno di essi un po' di denaro, pregandolo di aspettarla alla porta del monastero con alcuni fasci di sarmenti, mentre ella faceva girare la carrozza in modo da essere condotta davanti a questa casa.

Appena giunta alla porta, fece chiedere alla ruota una brocca d'acqua, raccomandando di non dire per chi servisse, e scese in gran fretta dalla vettura.

Le dissero che gliel'avrebbero portata dov'era, ma ella non volle.

Già i fasci erano là.

Fece allora pregare le suore di venire alla porta per prenderli, ed ella vi rimase accanto.

Apertasi la porta, si precipitò dentro, corse ad abbracciare una statua della Madonna, piangendo e supplicando la priora di non cacciarla.

Frattanto i servi lanciavano alte grida e bussavano con violenza alla porta.

Casilda si recò alla grata per parlare con essi: disse loro che in nessun modo sarebbe uscita di là e li incaricò di riferirlo a sua madre.

Le donne che l'avevano accompagnata emettevano grandi lamenti, ma a lei importava poco di tutto questo.

La nonna, non appena ebbe la notizia di quanto era avvenuto, volle subito andare lì.

6. In conclusione, né lei né lo zio né il fidanzato che, al suo ritorno, si diede molto da fare per convincerla attraverso la grata, riuscirono ad altro che a tormentarla con la loro presenza, e lasciarla poi più radicata nella sua decisione.

Il fidanzato le diceva, dopo molti lamenti, che avrebbe potuto servir meglio il Signore facendo elemosine.

Ella gli rispondeva che le facesse lui; alle altre sue argomentazioni replicava che soprattutto doveva pensare alla propria salvezza, che si sentiva debole e che vedeva di non potersi salvare fra i pericoli del mondo; dopo tutto egli non aveva motivo di lamentarsi di lei, perché non l'aveva lasciato se non per Dio, pertanto non gli recava offesa alcuna.

Ma, vedendo che nulla riusciva a persuaderlo, si alzò e lo lasciò solo.

7. Le sue parole non la turbarono minimamente; anzi, restò del tutto sdegnata con lui perché, quando Dio dà a un'anima la luce della verità, le tentazioni e gli ostacoli frapposti dal demonio le sono di maggior aiuto, perché allora è Sua Maestà a combattere per lei; questo appariva chiaro in Casilda, essendo evidente che non era lei a parlare.

8. Quando il suo fidanzato e i suoi parenti videro che, a volerla far uscire di buon grado, non si ricavava nulla, cercarono di ricorrere alla forza.

Presentarono, così, un provvedimento reale che ordinava di metterla fuori del monastero e di lasciarla libera.

In tutto questo intervallo di tempo, cioè dalla festa della Concezione a quella degli Innocenti in cui la fecero uscire, nel monastero non le fu dato l'abito, ma ella attese a tutte le pratiche religiose come se lo avesse, e con grande gioia.

Nel giorno stabilito venne a prenderla la giustizia e fu portata in casa di un gentiluomo.

La condussero via mentre, sciogliendosi in lacrime, continuava a dire che non v'era ragione di tormentarla, poiché non avrebbe loro giovato a nulla.

In questa casa dovette subire un'insistente opera di persuasione, tanto da parte di religiosi come di altre persone: gli uni, infatti, vedevano nel suo comportamento una fanciullaggine, le altre desideravano che godesse del suo stato.

Sarebbe dilungarmi molto se dicessi le dispute che dovette sostenere e il modo in cui si liberava da tutte le argomentazioni.

Le sue risposte lasciavano tutti sbalorditi.

9. Quando videro l'inutilità dei loro sforzi, la riportarono a casa di sua madre per trattenervela un po' di tempo.

La madre, stanca ormai di tante agitazioni, non l'aiutava minimamente, anzi, a quanto sembrava, le era ostile.

Può darsi che lo facesse per provarla maggiormente; perlomeno così poi mi ha detto: è così santa che si deve assolutamente credere alle sue parole.

Ma la giovinetta non si rendeva conto di questo modo di agire.

Anche un sacerdote dal quale si confessava le era oltremodo contrario.

Così non trovava altra consolazione che in Dio e in una damigella di sua madre.

In queste lotte ed angosce trascorse il tempo che le restava per compiere dodici anni, quando scoprì che, non potendo impedirle di essere religiosa, cercavano di farla entrare nel monastero in cui stava sua sorella, perché vi si praticava minore austerità.

10. Appena si rese conto di questo, decise di adoperarsi con tutti i mezzi a sua disposizione per raggiungere l'agognata felicità, portando avanti il suo disegno.

Un giorno andò con sua madre a Messa.

Mentre erano in chiesa, sua madre entrò in un confessionale.

A quel punto, Casilda pregò la sua governante di andare a chiedere a uno dei padri di celebrare una Messa per lei; appena la vide allontanarsi, si mise le scarpette nella manica, si alzò la gonna e corse quanto più celermente poté verso il monastero, che era molto distante.

La sua governante, non trovandola più, si mise a inseguirla e, quando era già vicina a raggiungerla, pregò un uomo di fermarla.

Ma questi la lasciò andare perché, come ebbe poi a raccontare, si sentì nell'impossibilità di muoversi.

Casilda, dopo aver varcato la prima porta del monastero, la chiuse e cominciò a chiamare.

Quando giunse la governante, già era dentro.

Le diedero subito l'abito, e così poté appagare i santi desideri che il Signore le aveva messo nel cuore.

Sua Maestà prese a ricompensarla assai presto con grazie spirituali ed ella, da parte sua, a servirlo con grandissima gioia, profonda umiltà e completo distacco.

11. Sia benedetto per sempre, egli che rende felice, sotto povere vesti di bigello, colei che era prima così attaccata a quelle eleganti e ricche.

Tali povere vesti peraltro non riuscivano a nascondere la sua bellezza, giacché il Signore le aveva concesso insieme alle grazie spirituali anche quelle naturali.

Ella è dotata infatti di un carattere e di un ingegno così piacevoli che le consorelle lodano il Signore.

Piaccia a Sua Maestà che siano in molte a rispondere come lei alla sua chiamata.

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