Le Mansioni o Castello Interiore |
- Ancora sul medesimo argomento
- Differenza che passa tra l'unione e il matrimonio spirituale, spiegata con graziosi paragoni
1 - Veniamo ora a parlare del divino e spirituale matrimonio, che credo quaggiù non si debba effettuare in tutta la sua perfezione, perché basta che ci allontaniamo da Dio per subito perderne la grazia.
La prima volta che l'accorda, il Signore si compiace di mostrarsi all'anima nella sua Umanità sacratissima mediante una visione immaginaria affinché ella lo conosca e comprenda il gran dono che sta per farle.
Forse ad altre persone si mostrerà in altra forma; ma a quella di cui parliamo si presentò appena fatta la comunione, circonfuso di grande splendore, e le disse esser tempo che ella si curasse delle cose di Lui come fossero sue proprie, mentre Egli s'interesserebbe delle sue.
Ed aggiunse altre parole che sono più da sentire che da dire.
2 - Si direbbe che per quella persona non fosse una novità, perché il Signore le si era mostrato così varie altre volte.
Ma allora lo fece in tal modo da lasciarla fuor di sé e tutta piena di spavento: primo, per la grande violenza con cui la visione le avvenne; secondo, per le parole che le furono dette; e infine perché non aveva mai avuto altre visioni, tranne quella di cui ho parlato.
Dovete sapere che la differenza fra le visioni precedenti e quelle di queste mansioni è molto grande: quella che passa tra il fidanzamento e il matrimonio spirituale è come quella tra due fidanzati e coloro che più non possono separarsi.
3 - Ho già detto che si ricorre a questi paragoni perché non ve ne sono altri di più adatti.
Però si tenga presente che qui al corpo non si pensa, non altrimenti che se l'anima ne fosse separata, e nient'altro che puro spirito.
Meno ancora poi nel matrimonio spirituale, perché questa misteriosa unione si fa nel centro più intimo dell'anima, ove deve abitare lo stesso Dio che per entrarvi non ha bisogno di alcuna porta.
Se ho detto che non ha bisogno di alcuna porta, è perché nelle grazie fin qui descritte i sensi e le potenze gli erano come di mezzo, ai quali doveva pur ricorrere quando appariva nella sua sacratissima Umanità.
Ma ben diversa è la cosa nell'unione del matrimonio spirituale.
Il Signore appare nel centro dell'anima - non per visione immaginaria ma intellettuale - in un modo più delicato che non in quello già detto, come apparve agli apostoli senza passare per la porta quando disse loro: Pax vobis
Ed è un segreto così grande, un così intenso diletto, un così sublime e subitaneo favore che non so a qual paragone ricorrere.
Sembra che Dio voglia mostrare all'anima la gloria del cielo, ma in un modo più elevato che non con ogni altra visione o gusto spirituale.
Soltanto questo si può dire: che l'anima, o meglio il suo spirito, diviene una cosa sola con Dio.
Così a quanto si può capire.
Dio, spirito pur Lui, volendo mostrarci l'amore che ci porta, fa conoscere ad alcune persone fin dove il suo amore sa giungere, affinché lodiamo la sua grandezza, la quale si compiace di così unirsi a una creatura da non volersi mai più da essa dividere, come coloro che per il matrimonio non si possono più separare.
4 - Non è così nel fidanzamento spirituale nel quale spesso i due soggetti si separano, come nemmeno nell'unione, nella quale, pure avendosi congiunzione di due cose in una, tuttavia queste si possono dividere, e sussistere ognuna da sé.
Ordinariamente infatti si tratta di una grazia che passa rapidamente, lasciando l'anima priva della compagnia che aveva: priva nel senso che non la sente più.
Non così invece nel matrimonio spirituale, perché l'anima rimane sempre in quel centro con il suo Dio.
Possiamo paragonare l'unione a due candele di cera unita insieme così perfettamente da formare una sola fiamma, oppure come se il lucignolo, la fiamma e la cera non siano che una cosa sola.
Nondimeno le candele si possono separare, ricavandone due candele distinte: così pure il lucignolo dalla cera.
Ma nel caso nostro è come l'acqua del cielo che cade in un fiume o in una fonte, dove si confonde in tal modo da non saper più distinguere quella del fiume da quella del cielo; oppure come un piccolo ruscello che va a finire nel mare, da cui non è più possibile separarlo; o come una gran luce che entra in una stanza per due finestre: vi entra divisa, e dentro si fa un tutt'uno.
5 - Ciò forse intendeva S. Paolo quando disse: Chi si accosta e si unisce a Dio si fa un solo spirito con Lui, accennando a questo sublime matrimonio nel quale si presuppone che Dio si sia già avvicinato all'anima mediante l'unione.
Dice ancora l'Apostolo: "Il mio vivere è Cristo e il morire un guadagno"
Così mi pare che possa dire pur l'anima, perché qui la farfalletta muore con suo grandissimo gaudio, essendo Cristo la sua vita.
6 - Col tempo s'intenderà meglio questa cosa dagli effetti che si avranno, e la si vedrà chiaramente per via di certe segrete aspirazioni, talvolta così vive da rendere impossibile ogni dubbio.
Sì, è Dio che dà vita all'anima.
Ella non si sa esprimere, ma lo sente molto bene.
E alle volte, non potendo più contenere i grandi sentimenti che l'agitano, prorompe in parole di tenerezza, come: "O Vita della mia vita! O Sostegno che mi sostieni! " ed altre simili.
Intanto, dalle divine mammelle a cui è attaccata, escono certi spruzzi di latte che confortano tutti gli abitanti del castello, quasi voglia il Signore che anch'essi partecipino al godimento dell'anima, e che dal fiume immenso in cui la fontanella si è sperduta zampillino alcune polle di acqua in sostegno di coloro che devono attendere nel corporale ai due sposi.
Sono operazioni che si avvertono e delle quali si rimane sicurissimi, a guisa di persone che vengano improvvisamente bagnate e che non possano a meno di avvertirlo, neppure se in quell'istante fossero distratte.
Ma a quel modo che non si può avere alcun getto d'acqua senza un principio che la muova, così nel nostro interno quanto alle operazioni che ho detto: vi dev'essere qualcuno che scagli quelle saette e che dia vita a quella vita, un sole fortemente luminoso che dall'interiore dell'anima diffonda luce per tutte le potenze.
Ciò nonostante l'anima non si muove dal suo centro, né perde la sua pace.
Colui che dette la pace agli apostoli quando stavano insieme, può darla anche a lei.
7 - Penso che questo saluto del Signore, non meno delle parole con cui mandò in pace la gloriosa Maddalena, dovettero operare più di quello che suonavano, perché in noi le parole di Dio sono parole ed opere.
In quelle anime ben disposte dovevano operare in tal modo da spogliarle di ogni cosa corporea, lasciandole nello stato di puri spiriti, acciocché potessero congiungersi, mediante questa unione celeste, con lo Spirito increato, essendo ormai fuor di dubbio che tanto più Egli ci riempie di sé, quanto più ci vuotiamo di ogni cosa creata, distaccandocene per amor suo.
Per questo Gesù Cristo Signor Nostro pregando una volta per i suoi apostoli, domandò - non so bene in che circostanza - che fossero una cosa sola col Padre e con Lui, come Egli, Gesù Cristo Signor Nostro, è nel Padre e il Padre in Lui.
Non so se possa darsi maggiore amore!
Anche noi vi siamo comprese, perché il Signore disse: Non prego soltanto per essi, ma anche per coloro che crederanno in me.
Aggiunse inoltre: Io sono in essi."
8 - Oh, come sono vere queste parole!
Come le intende e le sperimenta bene l'anima in questa orazione!
Anche noi le intenderemmo se non fosse per nostra colpa, perché le parole di Gesù Cristo, nostro Re e Signore, non possono mancare.
Ma siccome manchiamo noi, non disponendoci e non allontanandoci da quanto ci può intercettare questa luce, così non riusciamo a vederci in questo specchio, nel quale la nostra immagine è pure impressa.
9 - Ritornando a quello che dicevo, Dio introduce l'anima nella sua stessa mansione che è il centro della medesima anima.
Ora, come il cielo empireo, dove sta Dio, dicono che non si muove come gli altri cieli, così questa mansione, per cui l'anima che vi fu introdotta non va più soggetta ai movimenti che suole avere nelle potenze e nella immaginazione, o per lo meno esse non le sono di danno, né le tolgono la pace.
Sembro voler dire che una volta arrivata a questa grazia, l'anima sia sicura della sua eterna salute, e non tornerà più a cadere.
No. Ovunque accenno a tale sicurezza, si deve intendere finché Dio tenga l'anima per mano, ed ella non l'offenda.
Per quanto riguarda quella persona, so di certo che, nonostante si veda in questo stato e vi perseveri da vari anni, tuttavia, lungi dal tenersi sicura, va innanzi con maggior timore di prima, guardandosi da ogni più piccola colpa.
Vivissimi i suoi desideri di servire Iddio, ma, come si dirà più innanzi, vedendo il poco che può fare di fronte al molto a cui è obbligata, non meno viva e continua è la sua pena e confusione: il che non è piccola croce, ma grandissima penitenza.
Quanto alle penitenze, più ne fa, più ne sperimenta diletto.
Ma la sua vera penitenza è quando il Signore le toglie la salute e le forze necessarie per farla.
Come ho detto altrove, qui la sua pena è assai più grande, e le deve venire dalla radice a cui ella è attaccata.
Se un albero piantato in riva all'acqua corrente si conserva più fresco e dà frutti più copiosi, nessuna meraviglia di quest'anima, né dei suoi desideri, dato che il suo vero spirito si è ormai fatto una cosa sola con l'acqua celeste di cui abbiamo parlato.
10 - Tornando a quello che dicevo, non bisogna credere che le potenze, i sensi e le passioni si mantengano sempre in questa pace.
Invece l'anima sì, benché nelle sue mansioni inferiori non manchino di tanto in tanto guerre, fatiche e sofferenze, le quali, però, non sono mai tali da toglierla dal suo luogo, né da farle perdere la pace, almeno in via ordinaria.
Il centro dell'anima nostra, ossia il nostro spirito, è così difficile da spiegare e da credere che, per non saper io farmi intendere, temo che siate tentate di non credermi.
Non è forse assai strano affermare che vi sono pene e travagli, e che nel medesimo tempo l'anima rimane in pace?
Ma eccovi una o due similitudini.
Piaccia a Dio che mi servano per dirne qualche cosa.
Tuttavia so di dire la verità, anche se esse non sono molto appropriate.
11 - Come un re nel suo palazzo non lascia di stare sul suo trono perché il regno è funestato da grandi guerre e calamità, così qui: benché nelle altre mansioni vi sian bestie velenose, grande confusione e se ne oda il tumulto, l'anima rimane al suo posto e non vi è nulla che la smuova.
Il rumore che sente le può dare un po' di noia, ma non l'inquieta, né le fa perdere la pace, perché le passioni sono vinte e temono di entrare da lei, per non doverne uscire più umiliate.
Ecco che abbiamo il corpo indolenzito ma la testa sana.
Ora, non perché ci duole il corpo, ci deve pur dolere la testa …
Mi rido di questi paragoni, non mi soddisfano; ma non ne so altri.
Pensate quello che volete. Ciò che ho detto é vero.
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