Vita seconda |
Ritratto del Ministro Generale e degli altri ministri
[771] 184. Quando Francesco stava per giungere al traguardo della sua chiamata al Signore, un frate sempre premuroso delle cose divine, mosso da affetto per l'Ordine gli domandò: « Padre, tu passerai da questa vita, e la famiglia che ti ha seguito rimane abbandonata in questa valle di lacrime.
Indica uno, se conosci che esista nell'Ordine, che soddisfi il tuo spirito e al quale si possa addossare con tranquillità il peso di ministro generale ».
Francesco, accompagnando le singole parole con sospiri rispose: « Non conosco alcuno capace di essere guida di un esercito così vario e pastore di un gregge tanto numeroso.
Ma voglio dipingervi e, come si dice, modellare la figura, nella quale si veda chiaramente quale deve essere il padre di questa famiglia ».
185. « Deve essere - proseguì - un uomo di vita quanto mai austera, di grande discrezione e lodevole fama.
Un uomo che non conosca simpatie particolari, perché, mentre predilige una parte, non generi scandalo in tutta la comunità.
Si applichi con zelo alla preghiera e sappia distribuire determinate ore alla sua anima e altre al gregge che gli è affidato.
Così, di primo mattino deve premettere il sacrificio della Messa e raccomandare con lunga preghiera se stesso ed il suo gregge alla protezione divina.
Dopo l'orazione poi, Si metta a disposizione dei religiosi, disposto a lasciarsi importunare da tutti, pronto a rispondere e a provvedere a tutti con affabilità.
Deve essere una persona, che non presenti alcun angolo oscuro di turpe favoritismo e che abbia per i piccoli ed i semplici la stessa premura che ha per i maggiori e i dotti.
Anche ammettendo che emerga per cultura, tuttavia ancor più nella sua condotta sia il ritratto della virtuosa semplicità e coltivi la virtù.
Deve avere in orrore il denaro, principale rovina della nostra vita religiosa e della perfezione e, come capo di un Ordine povero, presentandosi modello agli altri, non abusi mai di alcuna somma di denaro ».
E continuò: « Gli deve bastare personalmente l'abito ed un registro, per i frati invece un portapenne ed il sigillo, Non sia collezionista di libri, né molto dedito alla lettura, per non sottrarre all'ufficio il tempo che dedica allo studio.
Consoli gli afflitti, essendo l'ultimo rifugio per i tribolati, perché non avvenga che, non trovando presso di lui rimedi salutari, gli infermi si sentano sopraffatti dal morbo della disperazione.
Umíli se stesso, per piegare i protervi alla mitezza, e lasci cadere parte del suo diritto, per conquistare un'anima a Cristo.
Quanto ai disertori dell'Ordine, come a pecorelle smarrite, non chiuda loro le viscere della sua misericordia, ben sapendo che sono violentissime le tentazioni, che possono spingere a tanto.
[772] 186. « Vorrei che tutti l'onorassero come rappresentante di Cristo, e si provvedesse a tutte le sue necessità con ogni benevolenza.
Da parte sua non dovrebbe lasciarsi solleticare dagli onori, né provare più gusto dei favori che delle ingiurie.
Se a volte, perché debole o stanco, avesse bisogno di un cibo più abbondante, sarebbe opportuno lo prendesse non di nascosto, ma in luogo pubblico per togliere ad altri il rossore di dovere provvedere alla propria debolezza fisica.
« È suo compito soprattutto indagare nel segreto delle coscienze per estrarre la verità dalle vene più occulte, ma non presti orecchio a chi fa pettegolezzi.
Infine, deve essere tale da non macchiare in nessun modo l'aspetto virile della giustizia per la smania di mantenere la carica, e che senta più un peso che un onore sì alto ufficio.
Guardi tuttavia che l'eccessiva bontà non generi rilassamento, né la condiscendenza colpevole il dissolvimento della disciplina, in modo da essere amato da tutti, ma anche non meno temuto da quanti operano il male.
« Vorrei anche che avesse come collaboratori persone fornite di onestà e che si presentino, come lui, esempio di ogni virtù: rigidi contro le attrattive mondane, forti contro le difficoltà, e tanto convenientemente affabili, da accogliere con santa affabilità quanti ricorrono a loro.
« Ecco - concluse - come dovrebbe essere il ministro generale dell'Ordine ».
[773] 187. Il beato padre pretendeva tutti questi requisiti anche nei ministri provinciali, quantunque nel ministro generale le singole qualità debbano eccellere in modo particolare.
Li voleva affabili verso gli inferiori, e tanto benigni e sereni che i colpevoli non avessero timore di affidarsi al loro affetto.
Come pure, che fossero moderati nei comandi, benevoli nelle mancanze, più facili a sopportare che a ritorcere le offese, nemici dichiarati dei vizi e medici per i peccatori.
In una parola, esigeva in essi una condotta tale che la loro vita fosse specchio di disciplina per tutti gli altri.
Però voleva anche che fossero circondati di ogni onore ed affetto, come coloro da portano il peso delle preoccupazioni e delle fatiche.
E diceva che sono degni di grandissimi premi davanti a Dio quelli che con tale animo e tale norma governano le anime loro affidate.
[774] 188. Fu interrogato una volta da un frate perché avesse rinunciato alla cura di tutti i frati e li avesse affidati a mani altrui, come se non gli appartenessero in nessun modo.
« Figlio, - rispose - io amo i frati come posso.
Ma se seguissero le mie orme, li amerei certamente di più e non mi renderei estraneo a loro.
Vi sono alcuni tra i prelati, che li trascinano per altre strade, proponendo loro gli esempi degli antichi e facendo poco conto dei miei ammonimenti.
Ma si vedrà alla fine cosa fanno ».
E poco dopo, mentre era molto ammalato, nella veemenza dello spirito, si drizzò sul lettuccio: « Chi sono - esclamò - questi che mi hanno strappato dalle mani l'Ordine mio e dei frati?
Se andrò al Capitolo generale, mostrerò loro qual'è la mia volontà ».
Insisté il frate: « Non cambierai forse anche quei ministri provinciali, che così a lungo hanno abusato della libertà? ».
Il Padre gemendo diede questa terribile risposta: « Vivano pure come a loro piace, perché la perdizione di pochi è di minor danno che quella di molti! ».
Non si riferiva a tutti, ma ad alcuni che per l'eccessiva lunghezza di superiorato sembravano pretenderlo come eredità.
A qualunque categoria poi di superiori regolari, raccomandava questo soprattutto: di non mutare le usanze se non in meglio, di non mendicare né cattivarsi favori; di non esercitare un potere, ma compiere un dovere.
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