Trattato dei miracoli |
[825] 2. L'uomo nuovo Francesco si rese famoso per un nuovo e stupendo miracolo, quando apparve insignito di un singolare privilegio, mai concesso nei secoli precedenti, quando cioè fu decorato delle sacre stimmate e reso somigliante in questo corpo mortale al corpo del Crocifisso.
Qualunque cosa si possa umanamente dire di lui sarà sempre inferiore alla lode di cui è degno.
Non c'è da chiedersi la ragione di tanto evento, perché fu cosa miracolosa, né da ricercare altro esempio, perché unico.
Tutto lo zelo dell'uomo di Dio, sia verso gli altri che nel segreto della sua vita interiore, era centrato attorno alla croce del Signore e, fin dal primo istante in cui cominciò a militare sotto il Crocifisso, diversi misteri della Croce risplendettero attorno a lui.
[826] Quando infatti, all'inizio della sua conversione, aveva deciso di abbandonare ogni vanità di questa vita, Cristo dalla croce gli parlò mentre era intento a pregare; e dalla bocca della stessa immagine scendono a lui queste parole: « Va, Francesco, e ripara la mia casa che, come vedi, va tutta in rovina ».
Da allora gli fu impresso nel cuore, a tratti profondi, il ricordo della passione del Signore, e, attuata in pieno la sua conversione interiore, la sua anima cominciò a struggersi per le parole del Diletto.
Proprio perché si era racchiuso nella stessa croce, indossò anche un abito di penitenza fatto a forma di croce.
Quell'abito, se, in quanto lo rendeva più emulo della povertà, era molto conveniente al suo proposito, tuttavia in esso il Santo testimoniò soprattutto il mistero della croce, in quanto che, come la sua mente si era rivestita del Signore crocifisso, così tutto il suo corpo si rivestiva esteriormente della croce di Cristo, e, nel segno col quale Dio aveva debellato le potestà ribelli, in quello stesso poteva militare al servizio di Dio il suo esercito.
[827] 3. Vide infatti frate Silvestro, uno dei suoi primi frati, e uomo d'ogni virtù, uscire dalla sua bocca una croce dorata, che abbracciava mirabilmente con l'estensione delle sue braccia tutto l'universo.
È stato scritto e provato da sicura fonte, come quel frate Monaldo, famoso per i suoi costumi e le opere di pietà, vide con gli occhi del corpo il beato Francesco crocifisso, mentre il beato Antonio predicava della croce.
Era usanza imposta con pio mandato ai primi figli, che ovunque scorgessero un'immagine della croce, manifestassero con un segno la dovuta riverenza.
[828] Familiare gli era la lettera Tau, fra le altre lettere, con la quale soltanto firmava i biglietti e decorava le pareti delle celle.
Infatti anche l'uomo di Dio, Pacifico, contemplatore di celesti visioni, scorse con gli occhi della carne sulla fronte del beato padre, una grande lettera Tau, che risplendeva di aureo fulgore.
Per convincimento razionale e per fede cattolica appare giusto che chi era così preso da ammirabile amore della croce, sia divenuto anche mirabile per causa della croce.
Nulla pertanto è, più veramente consono a lui, quanto ciò che si predica delle stimmate della croce.
[829] 4. Or ecco come avvenne l'apparizione.
Due anni prima di rendere lo spirito al Cielo nell'eremo detto la Verna, in Toscana, ove nel ritiro della devota contemplazione, ormai volgeva tutto se stesso verso la gloria celeste, vide in visione sopra di sé un Serafino che aveva sei ali con le mani e i piedi inchiodati alla croce.
Due ali erano poste sul suo capo, due erano distese come per il volo, due infine coprivano interamente il corpo.
A questa visione si meravigliò profondamente, ma non comprendendo che cosa essa significasse per lui, fu pervaso nel cuore da gioia mista a dolore.
Si rallegrava per le manifestazioni di grazia con le quali il Serafino lo guardava, ma nel medesimo tempo lo affliggeva l'affissione alla croce.
Cercò subito di comprendere che cosa potesse significare tale visione e il suo spirito si tendeva ansioso alla ricerca di una spiegazione.
Ma, mentre, cercando fuori di sé, l'intelletto gli venne meno, subito nella sua stessa persona gli si manifestò il senso.
D'un tratto cominciarono infatti ad apparire nelle sue mani e nei piedi le ferite dei chiodi, nella stessa maniera nella quale poco prima le aveva viste sopra di sé nell'uomo crocifisso.
Le sue mani e i suoi piedi apparivano trafitti nel centro dai chiodi, con le teste dei chiodi sporgenti nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le loro punte uscivano dall'altra parte.
Le teste dei chiodi nelle mani e nei piedi erano rotonde e nere, le loro punte erano lunghe e ribattute in modo che sorgendo dalla stessa carne sporgevano dalla carne.
Anche il fianco destro, come trafitto da una lancia, era segnato da una rossa cicatrice, che emettendo spesso sangue, inzuppava di quel sacro sangue la tunica e la veste.
Infatti l'uomo di Dio Rufino, che era di purezza angelica, mentre una volta con filiale affetto curava il corpo del santo padre, sfuggendogli la mano toccò sensibilmente quella ferita.
Per questo il servo di Dio soffrì non poco e, allontanando da sé la mano, pregò gemendo che il Signore gli perdonasse.
[830] 5. Due anni dopo egli passò serenamente dalla valle del pianto alla patria beata.
Quando la mirabile notizia giunse alle orecchie degli uomini, ci fu gran concorso di popolo, che lodava e glorificava il nome di Dio.
Accorsero tutti cittadini di Assisi e della regione, desiderosi di vedere il nuovo miracolo, che Dio aveva operato in questo mondo.
La straordinarietà del miracolo mutava il pianto in giubilo e rapiva gli occhi del corpo in stupore ed estasi.
Contemplavano dunque il beato corpo divenuto prezioso per le stimmate di Cristo, nelle mani e nei piedi vedevano non già i fori dei chiodi, ma gli stessi chiodi formati per divina virtù dalla sua stessa carne, anzi innati nella sua stessa carne, tanto che premuti da qualsiasi parte, subito reagivano come nervi tutti d'un pezzo dalla parte opposta.
Contemplavano anche il fianco rosso di sangue.
[831] Abbiamo proprio visto queste cose che narriamo, con le mani con cui scriviamo le abbiamo toccate, e ciò che testimoniamo con le labbra l'abbiamo visto con commossi occhi, confermando per ogni tempo ciò che una volta sola abbiamo giurato toccando i sacri oggetti.
Molti frati con noi, mentre viveva il Santo, videro la stessa cosa; alla sua morte poi oltre cinquanta frati, con innumerevoli laici, l'hanno venerato.
Non vi sia alcuna incertezza, nessun dubbio sorga sul dono di questa eterna bontà!
E voglia Dio che per tale serafico amore molte membra aderiscano al capo, Cristo, e che in tal guerra si trovino degne di tale armatura, e che nel Regno siano elevate a simile ordine!
Chi mai, sano d'intelletto, non direbbe che ciò appartiene alla gloria di Cristo?
Ma basti, comunque, la pena già inflitta agli increduli a ripagare gli indevoti e renda dall'altra gli stessi devoti più certi.
[832] 6. Presso Potenza, città del regno di Puglia, vi era un chierico di nome Ruggero, uomo di onore e canonico della Chiesa madre.
Costui essendo straziato da lunga infermità un giorno entrò a pregare per la sua salute in una chiesa, in cui vi era dipinta l'effige del beato Francesco, rappresentante le gloriose stimmate.
E avvicinandosi per pregare presso l'immagine, si inginocchia molto devotamente.
Tuttavia, fissando le stimmate del Santo, volge i pensieri a cose vane, e non respinge con la ragione l'aculeo del dubbio che in lui sorgeva.
Infatti, illuso dall'antico nemico, col cuore turbato, cominciò a dire fra sé: « Sarà proprio vero che questo santo sia stato glorificato con tale miracolo, o piuttosto non fu una pia illusione dei suoi?
Fu una falsa scoperta e forse un inganno inventato dai frati.
Tale prodigio sarebbe superiore ad ogni umano sentire e sarebbe lontano da ogni giudizio della ragione ».
O stoltezza di uomo!
Dovevi piuttosto venerare con tanta maggiore umiltà quel miracolo, quanto più era meno inteso da te!
Era tuo dovere sapere, se eri ragionevole, che è cosa facilissima per Iddio rinnovare di continuo il mondo con nuovi miracoli, ed operare sempre in noi per la sua gloria cose che non ha operato in altri.
Che altro mai?
Mentre si disperde in tali pensieri, viene colpito da Dio con una dura piaga, perché impari dalla sofferenza a non bestemmiare.
Viene colpito sulla palma della mano sinistra, poiché era mancino, mentre ode un sibilo come di freccia scoccata dalla balestra.
Subito dopo, stupito sia dalla ferita che dal sibilo, si toglie il guanto che portava.
Dove non c'era prima alcuna ferita, scopre ora nel mezzo della mano una piaga, come di un colpo di freccia, che gli procurava tanto bruciore, che gli sembrava di venir meno dal dolore.
Mirabile a dirsi!
Nessun segno di rottura appariva sul guanto, perché alla segreta ferita del cuore rispondesse anche il dolore di una piaga segreta.
7. Si lamenta quindi per due giorni e ruggisce esacerbato dal dolore acutissimo, rivelando a tutti il mistero del suo incredulo cuore; confessa di credere che in san Francesco vi furono davvero le sacre stimmate e giura assicurando che era scomparso in lui ogni fantasma di dubbio.
Supplica quindi il Santo di Dio, di essere aiutato per merito delle sacre stimmate, e pregando versa molte lacrime.
Nuovo miracolo: svanita l'incredulità, la guarigione del corpo segue alla guarigione dello spirito.
Sparisce ogni sofferenza, si calma il bruciore, scompare ogni segno della ferita.
Quell'uomo diviene umile davanti a Dio, devoto al Santo e legato all'Ordine dei frati da perenne amicizia.
Questo miracolo fu sottoscritto con giuramento e controfirmato dal vescovo locale.
Mirabile benedetta potenza di Dio, che nella città di Potenza fece cose magnifiche!
[833] 8. È costume delle nobili matrone romane, sia vedove che sposate, soprattutto di quelle a cui la ricchezza consente il privilegio della generosità e a cui Cristo infonde il suo amore, di avere nelle proprie case delle camerette o un rifugio idoneo alla preghiera, in cui conservano qualche immagine dipinta e l'effige di quel Santo che venerano in modo particolare.
Orbene, una signora nobile per purezza di costumi e per fama di antenati, aveva scelto san Francesco come suo protettore.
Teneva la sua immagine dipinta nella cameretta appartata, dove in segreto pregava il Padre.
Un giorno mentre pregava devotamente e con grande attenzione cercava i santi segni, non vedendoli raffigurati, si meravigliò e se ne addolorò.
Ma non c'era nessuna ragione di meravigliarsi, dal momento che non c'era nel dipinto ciò che il pittore aveva tralasciato di raffigurare.
Per più giorni cela in cuor suo il fatto, né lo dice ad alcuno, pur guardando frequentemente l'immagine e sempre con dolore.
Ed ecco che un giorno, d'improvviso, quei meravigliosi segni apparvero sulle mani, come di solito appaiono dipinti nelle altre immagini, poiché la potenza divina aveva supplito ciò che era stato dimenticato dall'umana arte.
9. Tremante la donna chiama subito a sé la figlia, che la seguiva nel suo santo proposito e indicandole ciò che era accaduto, diligentemente le domanda se fino allora avesse visto l'immagine senza le stimmate
La fanciulla asserisce e giura che prima l'immagine era senza le stimmate e che ora invece appariva chiaramente con le stimmate.
Ma proprio perché la mente umana spesso si confonde e cade, rimettendo in dubbio la verità subentra di nuovo nel cuore della donna un dubbio ansioso, che fin dal principio così fosse stata l'immagine.
Ma la potenza di Dio, perché non venga misconosciuto il primo miracolo, ne aggiunge un secondo.
Sparirono infatti immediatamente quei segni, e l'immagine rimase priva di quegli ornamenti, in modo che attraverso un altro prodigio fosse reso evidente quello precedente.
Io stesso ho visto quella sposa piena di ogni virtù, ho visto ripeto, in abito secolare un'anima consacrata a Dio.
[834] 10. Sin dalla nascita, la ragione umana si lascia così irretire da sensazioni grossolane e da fallaci fantasie che sopraffatta da un'instabile immaginazione, è costretta qualche volta a mettere in dubbio ciò che si deve credere.
Perciò non soltanto andiamo soggetti a dubbi sui fatti meravigliosi dei santi, ma spesse volte la stessa fede nelle cose della salvezza diviene oggetto di molte obbiezioni.
Un frate dell'ordine dei minori, predicatore per ufficio e di integra vita, era fermamente persuaso del miracolo delle sacre stimmate; ma un giorno egli venne preso dal tormento del dubbio intorno al miracolo del Santo.
Puoi immaginare la guerra sorta nel suo animo, mentre la ragione d'un lato difende la verità, e dall'altro la fantasia suggerisce sempre il contrario.
La ragione, sostenuta da molti particolari, ammette che è proprio così come si dice, e, in mancanza di ulteriori argomenti, si appoggia alla verità proposta dalla santa Chiesa.
Congiurano dall'altra parte contro la credibilità del miracolo le ombre dei sensi, poiché sembra essere cosa totalmente contraria alle leggi della natura e, oltre a ciò, mai verificatasi nei secoli precedenti.
Una sera, affaticato da tale ansietà, entra in cella, ormai aggrappato alla debolezza della ragione, e quanto mai scosso dalla protervia del dubbio.
Ora, mentre dormiva, gli apparve san Francesco, coi piedi infangati, dal sembiante umilmente duro e pazientemente sdegnato.
« Perché questo contrasto e queste incertezze in te? esclamò.
Perché questi dubbi volgari? Guarda le mie mani e i miei piedi ».
Ma egli poteva vedere le mani trafitte, non vedeva però le stimmate dei piedi infangati.
« Togli, aggiunse il Santo, il fango dai miei piedi e vedi i posti dei chiodi! ».
Prendendo quegli i piedi del Santo, gli sembrò di togliere il fango e di toccar con le mani i posti dei chiodi.
Subito dopo, svegliandosi, si sciolse tutto in lacrime e purificò con una pubblica confessione i sentimenti che in qualche modo gli avevano inzaccherato l'animo.
[835] 11. Perché non si ritenga che quelle sacre stimmate dell'invitto soldato di Cristo non avessero un eccezionale potere, oltre a quello d'essere segno di un dono speciale e privilegio di supremo amore, - ciò che costituisce la meraviglia di tutto il mondo; quanto siano armi potenti presso Dio quei sacri segni, lo si può vedere attraverso un fatto avvenuto in Spagna, nel regno di Castiglia, a motivo della novità di un più evidente miracolo.
Due uomini erano ferocemente divisi da una vecchia lite; essi non avevano tregua nel loro animo esacerbato; e non poteva esserci né una pace durevole né un rimedio temporaneo del loro furore se non quando l'uno o l'altro avesse crudelmente ucciso il nemico.
Ambedue armati e spalleggiati dai compagni si tendevano l'un l'altro frequenti insidie, perché non si poteva compiere in pubblico un delitto.
Una volta sul tardi, a crepuscolo ormai inoltrato, accadde che un uomo di chiara fama ed onestà dovesse passare per quella via, dove l'uno aveva preparato una insidia mortale per l'altro.
Costui si affrettava, come d'abitudine, per andare a pregare dopo l'ora di Compieta alla chiesa dei frati, essendo quanto mai devoto del beato Francesco; tutto ad un tratto i figli delle tenebre si gettarono sul figlio della luce avendolo scambiato per il loro avversario a lungo ricercato a morte.
Avendolo trafitto mortalmente da ogni parte, lo lasciarono mezzo morto.
Alla fine colui che gli era nemico più crudele gli conficcò profondamente la spada nel collo e, non potendola ritrarre, la lasciò infissa nella ferita.
12. Si accorse da ogni parte, e mentre le grida salivano fino al cielo, tutto il vicinato piangeva la morte delI'innocente.
Poiché c'era ancora un alito di vita in quell'uomo, i medici decisero di non estrarre la spada dalla gola.
Forse essi così agivano nella speranza di una confessione, affinché la vittima almeno con un segno rivelasse qualche cosa.
Lavorarono quindi tutta la notte fino all'alba, a tergere il sangue e a curare le ferite inflitte dai molti e profondi colpi; non ottenendo nessun risultato, smisero di curarlo.
Stavano attorno al letto con i medici anche i frati minori, presi da immenso dolore, in attesa della fine delI'amico.
Ed ecco, la campana dei frati chiamò al mattutino.
Al suono della campana, la moglie corse gemendo vicino al letto: « Mio signore, esclama, alzati presto vai al mattutino, perché la campana ti chiama! ».
Subito colui che si credeva sul punto di morire, dopo aver emesso un mormorio confuso dal petto, fece a fatica qualche cenno.
E, levando la mano verso la spada infitta nella gola, pareva indicare a qualcuno di estrarla.
Cosa davvero sorprendente!
Improvvisamente la spada fu come proiettata via dalla ferita e scagliata come dalla mano d'un uomo robustissimo sino alla porta di casa, sotto gli occhi di tutti.
Quell'uomo si alzò e perfettamente guarito, come se si fosse risvegliato dal sonno, prese a raccontare le meraviglie del Signore.
13. Sì grande stupore prese il cuore di tutti che, storditi, credevano che il fatto fosse frutto della fantasia.
A questo punto l'uomo guarito esclamò: « Non temete, non crediate illusione ciò che vedete!
Giacché san Francesco, cui sempre sono stato devoto, è appena uscito di qui e mi ha sanato completamente da ogni piaga.
A ogni mia ferita ha sovrapposto quelle sue sacratissime stimmate; con la loro dolcezza ha alleviato le mie piaghe; come vedete, al loro contatto, ogni ferita si è mirabilmente rimarginata.
Mentre infatti udivate i rantoli del mio petto, sembrava che il santissimo padre dopo aver dolcemente rimarginato tutte le ferite volesse allontanarsi lasciando la spada nella gola.
Non riuscendo a parlare, gli facevo debolmente cenno con la mano perché estraesse la spada, ormai sotto il pericolo della morte imminente.
Afferrandola subito, come tutti avete potuto constatare, la scagliò via con forza.
E così come prima aveva fatto, toccando e lenendo con le sacre stimmate la gola ferita, la risanò completamente, senza che rimanesse alcun segno ».
Al racconto di tali fatti nessuno potrà non stupirsi.
Chi dunque potrà mai dubitare che quanto è detto delle stimmate non sia opera divina?
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