Legenda Maior |
[1038] 1. Il servo dell'Altissimo, in questa sua nuova esperienza, non aveva altra guida, se non Cristo, perciò Cristo, nella sua clemenza, volle nuovamente visitarlo con la dolcezza della sua grazia.
Un giorno era uscito nella campagna per meditare.
Trovandosi a passare vicino alla chiesa di San Damiano, che minacciava rovina, vecchia com'era, spinto dall'impulso dello Spirito Santo, vi entrò per pregare.
Pregando inginocchiato davanti all'immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: « Francesco, va e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina! ».
All'udire quella voce, Francesco rimane stupito e tutto tremante, perché nella chiesa è solo e, percependo nel cuore la forza del linguaggio divino, si sente rapito fuori dei sensi.
Tornato finalmente in sé, si accinge ad obbedire, si concentra tutto nella missione di riparare la chiesa di mura, benché la parola divina si riferisse principalmente a quella Chiesa, che Cristo acquistò col suo sangue, come lo Spirito Santo gli avrebbe fatto capire e come egli stesso rivelò in seguito ai frati.
[1039] Si alzò, pertanto, munendosi del segno della croce, e, prese con sé delle stoffe, si affrettò verso la città di Foligno, per venderle.
Vendette tutto quanto aveva portato; si liberò anche, mercante fortunato, del cavallo, col quale era venuto, incassandone il prezzo.
Tornando ad Assisi, entrò devotamente nella chiesa che aveva avuto l'incarico di restaurare.
Vi trovò un sacerdote poverello e, dopo avergli fatta debita reverenza, gli offrì il danaro per la riparazione della chiesa e umilmente domandò che gli permettesse di abitare con lui per qualche tempo.
Il sacerdote acconsentì che egli restasse; ma, per timore dei suoi genitori, non accettò il denaro - e quel vero dispregiatore del denaro lo buttò su una finestra, stimandolo polvere abbietta.
[1040] 2. Mentre il servo di Dio dimorava in compagnia di questo sacerdote, suo padre, lo venne a sapere e corse là con l'animo sconvolto.
Ma Francesco, atleta ancora agli inizi, informato delle minacce dei persecutori e presentendo la loro venuta, volle lasciar tempo all'ira e si nascose in una fossa segreta.
Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori e portasse a compimento, con la sua bontà e il suo favore, i pii propositi che gli aveva ispirato.
[1041] Sentendosi, così, ricolmo di una grandissima gioia, incominciò a rimproverare se stesso per la propria pusillanimità e viltà e, lasciato il nascondiglio e scacciata la paura, affrontò il cammino verso Assisi.
I concittadini, al vederlo squallido in volto e mutato nell'animo, ritenendolo uscito di senno, gli lanciavano contro il fango e i sassi delle strade, e, strepitando e schiamazzando, lo insultavano come un pazzo, un demente.
Ma il servo di Dio, senza scoraggiarsi o turbarsi per le ingiurie, passava in mezzo a loro, come se fosse sordo.
Quando suo padre sentì quello strano baccano, accorse immediatamente, non per liberare il figlio, ma piuttosto per rovinarlo: messo da parte ogni sentimento di pietà, lo trascina a casa e lo perseguita, prima con le parole e le percosse, poi mettendolo in catene.
Però quest'esperienza rendeva il giovane più pronto e più deciso nel mandare a compimento l'impresa incominciata, perché gli richiamava quel detto del Vangelo: Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
[1042] 3. Ma dopo un po' di tempo - mentre il padre si trovava lontano da Assisi - la madre, che non approvava l'operato del marito e che non sperava di poter far recedere il figlio dalla sua inflessibile decisione, lo sciolse dalle catene e lo lasciò libero di andarsene.
Egli, allora, rendendo grazie al Signore onnipotente, ritornò al luogo di prima.
Ma quando il padre ritornò e non lo trovò in casa, rimproverata aspramente la moglie, corse a quel luogo, fremente di rabbia, nell'intento, se non poteva farlo ritornare, almeno di farlo mettere al bando.
Francesco, però, reso forte da Dio, andò incontro spontaneamente al padre infuriato, gridandogli con libera voce che stimava un nulla le sue catene e le sue percosse e dichiarando, per di più, che per il nome di Cristo avrebbe affrontato con gioia qualsiasi tormento.
Il padre, vedendo che non poteva farlo ritornare, si preoccupò di estorcergli il denaro e quando, finalmente, lo trovò sulla finestrella, mitigò un po' il suo furore: quella sorsata di denaro aveva in qualche misura mitigato la sete dell'avarizia.
[1043] 4. Quel padre carnale cercava, poi, di indurre quel figlio della grazia, ormai spogliato del denaro, a presentarsi davanti al vescovo della città, per fargli rinunciare, nelle mani di lui, all'eredità paterna e restituire tutto ciò che aveva.
Il vero amatore della povertà accettò prontamente questa proposta.
Giunto alla presenza del vescovo, non sopporta indugi o esitazioni; non aspetta né fa parole; ma, immediatamente, depone tutti i vestiti e li restituisce al padre.
Si scoprì allora che l'uomo di Dio, sotto le vesti delicate, portava sulle carni un cilicio.
Poi, inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: « Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d'ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in Lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza ».
Il vescovo, vedendo questo e ammirando l'uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e, pietoso e buono com'era, lo ricoprì con il suo stesso pallio.
Comandò, poi, ai suoi di dare qualcosa al giovane per ricoprirsi.
Gli offrirono, appunto, il mantello povero e vile di un contadino, servo del vescovo.
Egli, ricevendolo con gratitudine, di propria mano gli tracciò sopra il segno della croce, con un mattone che gli capitò sottomano e formò con esso una veste adatta a ricoprire un uomo crocifisso e seminudo.
Così, dunque, il servitore del Re altissimo, fu lasciato nudo, perché seguisse il nudo Signore crocifisso, oggetto del suo amore; così fu munito di una croce, perché affidasse la sua anima al legno della salvezza, salvandosi con la croce dal naufragio del mondo.
[1044] 5. D'allora in poi, affrancato dalle catene dei desideri mondani, quello spregiatore del mondo abbandonò la città, e, libero e sicuro, si rifugiò nel segreto della solitudine, per ascoltare, solo e nel silenzio, gli arcani colloqui del cielo.
E, mentre se ne andava per una selva, l'uomo di Dio Francesco, e cantava giubilante le lodi di Dio nella lingua di Francia, fu assalito dai briganti, sbucati all'improvviso.
Costoro, con intenzioni omicide, gli domandarono chi era.
Ma l'uomo di Dio, pieno di fiducia, rispose con espressione profetica: « Io sono l'araldo del gran Re ».
Quelli, allora, lo percossero e lo gettarono in un fosso pieno di neve, dicendo: « Sta lì, rozzo araldo di Dio ».
Mentre se ne andavano, Francesco saltò fuori dal fosso e invaso dalla gioia, continuò a cantare con voce più alta le lodi in onore del Creatore di tutte le cose, facendone riecheggiare le selve.
[1045] 6. Si recò, poi, ad un vicino monastero, dove chiese come un medicante l'elemosina, che gli fu data come si dà ad una persona sconosciuta e disprezzata.
Proseguì verso Gubbio, dove fu riconosciuto e accolto da un antico amico, che gli diede anche una povera tonachella, che egli indossò come poverello di Cristo.
Poi, amante di ogni forma d'umiltà, si trasferì presso i lebbrosi, restando con loro e servendo a loro tutti con somma cura.
Lavava loro i piedi, fasciava le piaghe, toglieva dalle piaghe la marcia e le ripuliva dalla purulenza.
Baciava anche, spinto da ammirevole devozione, le loro piaghe incancrenite, lui che sarebbe ben presto diventato il buon samaritano del Vangelo.
Per questo motivo il Signore gli concesse grande potenza e meravigliosa efficacia nel guarire in modo meraviglioso le malattie dello spirito e del corpo.
Riferirò uno dei fatti, che accadde in seguito, quando la fama dell'uomo di Dio già splendeva più largamente.
[1046] Un uomo della contea di Spoleto, aveva una malattia orrenda che gli devastava e corrodeva la bocca e la mascella; nessun rimedio della medicina poteva giovargli.
Costui si era recato a Roma, per visitare la tomba degli Apostoli e impetrare da loro la grazia.
Tornando dal pellegrinaggio, incontrò il servo di Dio, al quale avrebbe voluto, per devozione, baciare i piedi.
Ma l'umile Francesco non lo permise, anzi baciò in volto colui che avrebbe voluto baciargli i piedi.
Appena Francesco, il servitore dei lebbrosi, mosso dalla sua mirabile pietà, ebbe toccato con la sua sacra bocca quella piaga orrenda, questa scomparve completamente e il malato ricuperò la sospirata salute.
Non so che cosa ammirare maggiormente, a ragion veduta, in questo fatto: se l'umiltà profonda, che spinse a quel bacio così benevolo, o la splendida potenza che operò un miracolo così stupendo.
[1047] 7. Ormai ben radicato nell'umiltà di Cristo, Francesco richiama alla memoria l'obbedienza di restaurare la chiesa di San Damiano, che la Croce gli ha imposto.
Vero obbediente, ritorna ad Assisi, per eseguire l'ordine della voce divina, se non altro con la mendicazione.
Deposta ogni vergogna per amore del povero Crocifisso, andava a cercar l'elemosina da coloro con i quali un tempo aveva vissuto nell'abbondanza, e sottoponeva il suo debole corpo, prostrato dai digiuni, al peso delle pietre.
Riuscì così, a restaurare quella chiesetta, con l'aiuto di Dio e il devoto soccorso dei concittadini.
Poi, per non lasciare intorpidire il corpo nell'ozio, dopo la fatica, passò a riparare, in un luogo un po' più distante dalla città, la chiesa dedicata a San Pietro spinto dalla devozione speciale che nutriva, insieme con la fede pura e sincera, verso il Principe degli Apostoli.
[1048] 8. Riparata anche questa chiesa, andò finalmente in un luogo chiamato Porziuncola, nel quale vi era una chiesa dedicata alla beatissima Vergine: una fabbrica antica, ma allora assolutamente trascurata e abbandonata.
Quando l'uomo di Dio la vide così abbandonata, spinto dalla sua fervente devozione per la Regina del mondo, vi fissò la sua dimora, con l'intento di ripararla.
Là egli godeva spesso della visita degli Angeli, come sembrava indicare il nome della chiesa stessa, chiamata fin dall'antichità Santa Maria degli Angeli.
Perciò la scelse come sua residenza, a causa della sua venerazione per gli Angeli e del suo speciale amore per la Madre di Cristo.
Il Santo amò questo luogo più di tutti gli altri luoghi del mondo.
Qui, infatti, conobbe l'umiltà degli inizi; qui progredì nelle virtù; qui raggiunse felicemente la meta.
Questo luogo, al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine.
[1049] Riguardo a questo luogo, un frate, a Dio devoto, prima della sua conversione ebbe una visione degna di essere riferita.
Gli sembrò di vedere innumerevoli uomini, colpiti da cecità, che stavano attorno a questa chiesa, in ginocchio e con la faccia rivolta al cielo.
Tutti protendevano le mani verso l'alto e, piangendo, invocavano da Dio misericordia e luce.
Ed ecco, venne dal cielo uno splendore immenso, che penetrando in loro tutti, portò a ciascuno la luce e la salvezza desiderate.
[1050] È questo il luogo, nel quale san Francesco, guidato dalla divina rivelazione, diede inizio all'Ordine dei frati minori.
Proprio per disposizione della Provvidenza divina, che lo dirigeva in ogni cosa, il servo di Cristo aveva restaurato materialmente tre chiese, prima di fondare l'Ordine e di darsi alla predicazione del Vangelo.
In tal modo non solamente egli aveva realizzato un armonioso progresso spirituale, elevandosi dalle realtà sensibili a quelle intelligibili, dalle minori alle maggiori; ma aveva anche, con un'opera tangibile, mostrato e prefigurato simbolicamente la sua missione futura.
Infatti, così come furono riparati i tre edifici, sotto la guida di quest'uomo santo si sarebbe rinnovata la Chiesa in tre modi: secondo la forma di vita, secondo la Regola e secondo la dottrina di Cristo da lui proposte - e avrebbe celebrato i suoi trionfi una triplice milizia di eletti.
E noi ora costatiamo che così è avvenuto.
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