Leggenda Minore |
[1375] Il servitore e ministro veramente fedele di Cristo, Francesco, due anni prima di rendere lo spirito al cielo, incominciò un digiuno di quaranta giorni ad onore dell'arcangelo Michele, nel segreto di un luogo eccelso.
Inondato dall'alto dalla dolcezza celeste della contemplazione con maggior abbondanza del solito e acceso da una più ardente fiamma di celesti desideri, incominciò a sentire con maggior profusione i doni delle divine elargizioni.
L'ardore serafico del desiderio, dunque, lo sopraelevava in Dio e un tenero sentimento di compassione lo trasformava in colui, al quale piacque, per eccesso di carità, di essere crocifisso.
Un mattino, all'appressarsi della festa dell'Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide come la figura di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalle sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, giunse, tenendosi librato nella aria, vicino all'uomo di Dio, e allora apparve non soltanto alato, ma anche crocifisso.
Aveva le mani e i piedi stesi e confitti sulla croce e le ali disposte, da una parte e dall'altra, in così meravigliosa maniera, che due ne drizzava sopra il capo, due le stendeva per volare e con le due rimanenti avvolgeva e velava tutto il corpo.
[1376] Ciò vedendo, stupì fortemente e sentì riversarsi nella anima gaudio e dolore: provava in sé un eccesso di letizia all'aspetto cortese di Cristo che gli si mostrava in forma così meravigliosa e pur così familiare, ma la cruda visione dell'affissione alla croce trapassava la sua anima con la spada dolorosa della compassione.
Ammaestrato interiormente da colui che gli si mostrava anche esteriormente, comprese che, certo, l'infermità della passione non si addice in alcuna maniera alla natura immortale e spirituale del serafino; ma che, tuttavia, tale visione era stata offerta ai suoi sguardi per questo scopo: fargli conoscere anticipatamente che lui, l'amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l'incendio dello spirito.
La visione, che scomparve dopo un colloquio arcano e familiare, lo infiammò di ardore serafico nell'interno dell'anima e impresse, all'esterno, come un sigillo, sulla sua carne l'immagine perfettamente somigliante del Crocifisso: come se la potenza divina prima l'avesse fatto liquefare e poi vi avesse stampato il suo sigillo.
[1377] Subito, nelle sue mani e nei piedi incominciarono ad apparire i segni dei chiodi: le loro capocchie si vedevano nella parte interna delle mani e nella parte superiore dei piedi e le punte emergevano dalla parte opposta.
E le capocchie dei chiodi, nelle mani e nei piedi, erano rotonde e nere, mentre le punte erano allungate, piegate all'indietro e ribattute, ed uscivano dalla carne stessa, sporgendo sopra il resto della carne.
La ribattitura dei chiodi, sotto i piedi, era così prominente e sporgeva tanto all'infuori, che non permetteva di appoggiare liberamente la pianta del piede al suolo.
Inoltre si poteva facilmente far passare un dito dentro l'incurvatura arcuata delle punte stesse, come ho sentito dire io stesso da coloro che avevano osservato con i propri occhi.
Il fianco destro, poi, era come trafitto da una lancia ed era ricoperto da una cicatrice rossa, che spesso emetteva sacro sangue e cospargeva abbondantemente la tonaca e le mutande.
Tanto che quando poi i suoi compagni, a tempo opportuno, le lavavano, potevano costatate senza alcun dubbio che il servitore di Cristo portava impressa visibilmente l'immagine rassomigliante del Crocifisso anche nel costato, così come nelle mani e nei piedi.
[1378] Vedeva, l'uomo pieno di Dio, che le stimmate impresse così palesemente nella carne non potevano restare nascoste ai compagni più intimi; temeva, non di meno, di mettere in pubblico il sacramento del Signore ed era combattuto da un grande dubbio: se dire quanto aveva visto oppure tacere.
Spinto, finalmente, dallo stimolo della coscienza, riferì ad alcuni tra i frati a lui più familiari, con molto timore, lo svolgimento della visione che abbiamo raccontato.
Colui che gli era apparso - aggiunse - gli aveva detto alcune cose che egli non avrebbe mai svelato a nessuno, finché era in vita.
Dopo che il verace amore di Cristo ebbe trasformato l'Amante nell''' immagine perfetta dell'Amato, si compì il numero dei quaranta giorni, che egli aveva stabilito di trascorrere su quel monte di solitudine e sopravvenne anche la solennità dell'arcangelo Michele.
L'uomo angelico, Francesco, scese dal monte: e portava con sé l'effigie del Crocifisso, non raffigurata su tavole di pietra o di legno dalla mano di un artefice, ma scritta nelle membra della carne dal dito del Dio vivo.
[1379] L'uomo santo e umile si sforzava con ogni diligenza di nascondere quei sacri sigilli; piacque, tuttavia, al Signore, a propria gloria, di mostrare per mezzo di essi alcune evidenti meraviglie, affinché la potenza occulta di essi si rivelasse palesemente per chiari segni ed egli risplendesse come astro fulgentissimo fra le dense tenebre del secolo oscuro.
Per esempio, nel territorio intorno al predetto monte della Verna, prima che il Santo vi avesse soggiornato, di solito una violenta tempesta, provocata da una nube fosca che si alzava dalla montagna stessa, distruggeva i raccolti.
Ma dopo quella beata apparizione, non senza ammirazione e gioia degli abitanti, la grandine consueta scomparve: anche l'aspetto stesso del cielo, divenuto sereno in maniera inusitata, dichiarava così l'eccellenza di quella visione celeste e la potenza delle stimmate, che proprio là erano state impresse.
[1380] Sempre in quel periodo, infierì nella provincia di Rieti una epidemia molto grave e incominciò a colpire con tale violenza ovini e bovini, che sembravano quasi tutti destinati a morte irrimediabilmente.
Però un uomo timorato di Dio, una notte, si sentì esortare per mezzo di una visione a recarsi in fretta nel romitorio dei frati, dove allora il beato padre dimorava, e a chiedere ai frati suoi compagni l'acqua con la quale egli aveva lavato le mani e i piedi: doveva spruzzarla sugli animali colpiti - e così tutta quella epidemia sarebbe cessata.
Quell'uomo eseguì tutto questo con premura e Dio conferì all'acqua, che aveva toccato le sacre piaghe, tanta potenza, che, aspersa anche in piccola quantità sui greggi ammalati, debellava totalmente il contagio, e gli animali, ricuperato il vigore primitivo, correvano al pascolo, come se prima non avessero provato proprio nessun malanno.
[1381] Insomma, da allora quelle mani acquistarono tale potenza che, con il loro contatto serafico, restituivano la salute agli infermi, sensibilità e vita alle membra ormai paralizzate e inaridite e, cosa maggiore di tutte, la vita e l'integrità agli uomini mortalmente feriti.
Ricordo due dei suoi molti prodigi, anticipando e insieme abbreviando alcune circostanze.
Ad Ilerda, un uomo di nome Giovanni, devoto di san Francesco, una sera fu massacrato con ferite così orrende da far credere che a stento sarebbe sopravvissuto fino all'indomani.
Ma gli apparve, in modo meraviglioso, il padre santissimo; toccò quelle ferite con le sacre mani e sull'istante lo rese perfettamente sano ed integro: tutta quella regione proclamò che l'ammirabile alfiere della Croce era degnissimo di ogni venerazione.
Chi, infatti, potrebbe, senza stupirsi, vedere una persona, che conosce bene, straziata da ferite crudelissime e, quasi nel medesimo istante, sana e salva?
Chi ripensare a questo, senza elevare ringraziamenti?
Chi, infine, potrebbe esaminare con spirito di fede un miracolo così pietoso, potente e luminoso, senza provare devozione?
[1382] A Potenza, città della Puglia, un chierico di nome Ruggero, siccome nutriva « pensieri vani » a proposito delle sacre stimmate del beato padre, improvvisamente si sentì colpito nella mano sinistra, sotto il guanto: pareva un colpo di freccia scagliata da una balestra.
Eppure il guanto era rimasto perfettamente intatto.
Per tre giorni fu tormentato dal dolore, forte e trafiggente.
Ormai pentito nel cuore, invocava il beato e scongiurava Francesco che lo soccorresse in nome di quelle stimmate gloriose: ottenne un risanamento così perfetto che ogni dolore scomparve e non rimase assolutamente segno alcuno del colpo subito.
Da questo appare luminosamente come quei sacri sigilli furono impressi dalla « potenza » e sono dotati della virtù di Colui che può procurare le piaghe, apprestare il rimedio, colpire gli ostinati e risanare i contriti di cuore.
[1383] Davvero era giusto che quest'uomo beato apparisse insignito di questo privilegio singolare, giacché tutta la sua opera, pubblica e privata, aveva di mira la croce del Signore.
Anche quella meravigliosa dolcezza, mansuetudine ed austerità di vita; quell'umiltà profonda, quell'obbedienza pronta, quella povertà esimia, quella castità illibata, quella amara contrizione di cuore, quel profluvio di lacrime, quella pietà appassionata, quello zelo ardente, quel desiderio di martirio, quell'eccesso di carità; insomma, quel patrimonio così vario di virtù cristiformi, che altro mostra in lui, se non un progressivo assimilarsi a Cristo e, per così dire, un predisporsi alle sue sacre stimmate?
Per questa ragione, come tutta la sua vita, dalla conversione in poi, era stata abbellita dai misteri luminosi della Croce, cosi, alla fine, alla vista del Serafino sublime e dell'umile Crocifisso, egli fu tutto trasformato nell'immagine di colui che gli era apparso, mediante la forza di un fuoco deiformante.
Così hanno testimoniato coloro che hanno veduto e hanno toccato con mano e hanno baciato: essi, giurando sul Vangelo, che così era stato e così avevano visto, ci hanno confermato in una più ricca certezza.
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