Dante

Alighieri

Poeta e scrittore italiano ( Firenze 1265 - Ravenna 1321 ).

Scriveva Chateaubriand nel suo Genio del cristianesimo ( 1802 ), capolavoro-manifesto del romanticismo cattolico, a proposito della Commedia dantesca: "Le bellezze di quest'opera strana derivano quasi interamente dal cristianesimo".

Non avrebbe potuto trovare un elogio migliore, dopo aver affermato che "la religione cristiana è la più poetica, la più umana, la più favorevole alla libertà, alle arti e alle lettere".

In effetti, a distanza di secoli, è difficile sottovalutare la potente ispirazione cristiana di Dante, che emerge non solo dalla struttura trinitaria del poema e dal suo carattere di "visione", al tempo stesso realistica e profetica, di chiara ascendenza paolina, ma anche dall'onnipresenza della fonte di gran lunga più cospicua: il testo biblico.

Appare poi unico il modo in cui il grande poeta fiorentino ha saputo interpretare, oltre che organizzare, i materiali dell'ispirazione religiosa.

Se da una parte, per esempio, è vero che tutto l'universo, cosmico e teologico, della Commedia risente in modo esplicito della filosofia di s. Tommaso, è altrettanto evidente la sua indipendenza da ogni tipo di sistema, di condizionamento ( la sua prudente ma decisa riaffermazione dell'autonomia politica e intellettuale dei laici rispetto alle istituzioni ecclesiali ), e anche il generoso lasciar correre l'impeto dei sentimenti: invettive, pietà, nostalgia, timori.

In sommo grado Dante ha sciolto le infinite contraddizioni esistenziali, storielle e dottrinali alla luce di quel sentimento d'amore che appare come la costante più vera del suo essere poeta cristiano.

Nel canto V dell'Inferno, Dante e Virgilio incontrano Paolo e Francesca.

È uno degli episodi più celebri e intensi dell'opera.

I dannati, che hanno peccato di lussuria, vengono paragonati, nel loro eterno essere sospinti dalla bufera infernale, a uccelli ( storni, gru ); poi appare la coppia di amanti adulteri, e all'improvviso il campo metaforico subisce una lieve ma decisiva flessione: "Quali colombe dal disio chiamate/con l'ali alzate e ferme al dolce nido/vengon per l'aere, dal voler portate".

Non più storni, gru, ma colombe che sembrano sul punto di acquietarsi in una impossibile e serena riconciliazione.

Alla fine del racconto, commosso delle loro sventure, Dante sviene: "Mentre che l'uno spirto questo disse,/l'altro piangea; sì che di pietade/io venni men così com'io morisse".

Nel canto XI del Paradiso, così lontano dalle fioche luci e dai tormenti degli inferi, in un momento di sottile argomentazione storica ( il confronto tra l'ordine francescano e quello domenicano ), incontriamo altri due amanti: "che per tal donna, giovinetto, in guerra/del padre corse, a cui, come a la morte,/la porta del piacer nessun diserra [...] poscia di dì in dì l'amò più forte".

Dante tarda un poco a svelare il loro nome, ma quando lo fa si avverte come una spinta prodigiosa che innalza i versi in una zona di terso stupore e ammirazione: "Ma perch'io non proceda troppo chiuso,/Francesco e povertà per questi amanti/prendi oramai nel
mio parlar diffuso".

Un solo amore ( "l'amor che move il sole e l'altre stelle" è, non a caso, l'ultimo verso del poema ) rende tali gli amanti, siano essi le sventurate pedine della passione come Paolo e Francesca, o il non meno travolgente sponsale tra il Santo e la Povertà.

L'amore come forza celeste e misteriosa, a cui obbediscono l'ordinato astrolabio dell'universo, la sapiente composizione di un poema e il più intricato, a volte terribile, cuore degli uomini.

La Commedia incarna certo un modello storico irripetibile, le sue vene però nutrono sette secoli d'immaginario poetico, dal Tasso a Byron, a Gogol, fino ai Cantos di Pound, ma, ed è quello che forse più conta, continua ad alimentare la nostra fantasia, contribuendo in maniera singolare a dar forma al dogma e alla devozione popolare, non diversamente dalle severe e antiche cattedrali.