Agiografia
1) Genere letterario costituito dalla narrazione della vita dei santi; biografia di un santo
2) estens. Biografia di un personaggio arricchita di elementi favolosi o leggendari a scopo celebrativo
L'agiografia ( dal greco hàghios: santo; e graphé: scritto ) è il genere letterario e i testi relativi alla vita, alle opere e al culto dei santi, e il loro studio.
L'agiografia cristiana più antica e documentata riguarda i martiri dei primi tre secoli ( Atti dei Martiri ).
Dopo l'era delle persecuzioni e fino al Medioevo si sviluppò un'abbondante letteratura di carattere edificante, ma di scarso valore storico, legata al culto popolare.
Solo nel sec. XVII, con i bollandisti ( v. ), nacque l'agiografia come scienza ( o "agiologia" ).
L'agiografia ha acquisito dignità di una scienza critica ausiliare della storia.
Perciò è la disciplina che si occupa di studiare tutta la documentazione letteraria relativa ai santi cercando di verificare la sua storicità.
E per questo motivo insieme allo studio della veracità o meno delle narrazioni, illumina le stesse con l'apporto di altre discipline come la teologia ( in modo specifico la teologia spirituale ), la psicologia e la sociologia e le altre scienze umanistiche ed antropologiche.
La Riforma luterana rappresenta il periodo di maggiore decadenza per l'agiografia.
Il pessimismo antropologico della teologia protestante non lasciava posto per i santi.
La risposta della Chiesa è stata un avvicinamento scientifico ai testi agiografici.
Così negli ultimi anni del secolo XVI si cominciano a pubblicare testi agiografici con maggiore attenzione alla veridicità e storicità di ciò che viene narrato.
Heribert Rosweyde, S.J. ( 1569-1629 ) fu il primo ad introdurre una nuova metodologia per lo studio dei manoscritti e delle fonti agiografiche.
Cercava, attraverso un'accurata ricerca – per quanto possibile all'epoca – sui manoscritti, di purificare di apocrifi, interpolazioni o lacune le diverse fonti.
Lo studioso gesuita elaborò con precisione il suo metodo di ricerca filologica che solo successivamente pubblica ( perché voleva trovare collaboratori ) in un'operetta Fasti sanctorum quorum vitae in Belgicis bibliothecis manuscriptae asservantur ( Anversa 1607 ).
L'idea era preparare una collezione di 18 volumi con gli Atti ordinati secondo il calendario liturgico.
Al martirologio dedicava un volume di questi.
Nel 1615 pubblicò il primo volume, la Vitae Patrum ( anche se dal 1613 aveva mandato in stampa altre opere che dovevano completare le sue ricerche, come la nuova edizione del Martirologium romanum e del Martirologio di Odone ).
Ma nel 1629, con la sua scomparsa, il lavoro si fermava.
In quel momento, questa metodologia di lavoro era assunta da Jean Bolland, S.J. ( 1596-1665 ) che comincia la pubblicazione del Acta sanctorum.
Sono i seguaci di Bolland, chiamati bollandisti, che continueranno la pubblicazione di edizioni critiche intenti a accertare la storicità delle fonti con il metodo, sempre più perfezionato, di ricerca che fa della agiografia una scienza.
E non soltanto con la pubblicazione del Acta ma anche con la rivista Analecta Bollandiana.
I primi volumi del Acta escono nel 1643: « I due volumi erano l'atto di nascita dell'agiografia scientifica moderna che non segue altri criteri filologici e storici: stabilire esattamente un testo nella sua forma di origine e definire l'attendibilità in funzione dei dati relativi alla storia. » ( Saxer (1984:336 )
Si possono menzionare alcuni collaboratori particolarmente significativi per il suo contributo allo sviluppo di questa scienza: Godfrey Henschen, S.J. (1601-1681) o Daniel Papebroch, S.J. ( 1628-1714 ).
Ma con la soppressione della Compagnia di Gesù il lavoro s'interrompe.
Viene ripreso dal punto dove si era fermato, nel 1882, con l'arrivo nell'equipe dei bollandisti del Padre Charles de Smedt ( 1831-1911 ) che introdusse un metodo di studio più attento all'aspetto filologico dove l'interesse per la veridicità passa in secondo piano ( si pubblica tutto ma con edizioni critiche ) lasciando spazio per la storia del culto di ogni santo.
Così l'agiografia chiede l'aiuto di altre scienze: la codicologia, la paleografia, la diplomatica
I primi documenti agiografici in Occidente si possono far risalire al periodo delle persecuzioni e sono compresi negli Acta Martyrum, "Atti dei martiri" composti tra la seconda metà del II secolo e il tardo Medioevo.
Se all'inizio gli Atti erano testi degni di fede anche se con qualche amplificazione retorica, più tardi, quando si affermò il culto dei martiri, i testi divennero maggiormente elaborati con frequenti descrizioni di fatti miracolosi e di supplizi atroci dei martiri stessi.
Non mancano le tradizioni attendibili riferite ai martiri più gloriosi, come santa Agnese, san Lorenzo, san Sebastiano, ma la maggior parte di essi sono nel complesso delle rielaborazioni irriconoscibili.
In seguito alla pace costantiniana del 313 si sviluppò il culto dei martiri dando origine a una ricca produzione agiografica che aveva intenti edificanti, ma senza grande valore storico.
Durante il Medioevo l'agiografia assunse un carattere via via più fantastico dando origine a numerose leggende, come la Legenda aurea di Giacomo da Varagine nel mondo latino e il Synaxdrion di Simeone Metafraste nel mondo greco.
L'agiografia durante i primi secoli del cristianesimo aveva più che altro un carattere devozionale.
A partire dal II secolo o dal IV, le più importanti Chiese cristiane, come quella di Cartagine, di Roma e di Antiochia, tenevano un "martirologio" compilato in ogni sua parte e continuamente aggiornato: esso consisteva in un calendario diviso per mesi e giorni che riportava in date precise il nome di uno o più santi e l'indicazione del luogo della loro morte.
Queste liste, piuttosto scarne, vennero in seguito arricchite di tutte quelle notizie che spesso includevano, oltre al riassunto della vita del martire o del confessore, anche una descrizione di come era avvenuto il suo decesso.
Sono questi i cosiddetti "martirologi storici" tra cui il più famoso è quello "geronimiano", compilato nel VI secolo a Roma e falsamente attribuito a san Girolamo.
Questo martirologio si rifaceva a testi redatti precedentemente in Italia, in Africa e in Gallia.
In epoca più tarda ebbero poi larga diffusione altri martirologi, come quello di Beda il Venerabile, di Florus di Lione, di Adone e quello più famoso di Usuardo la cui composizione si fa risalire all'875 a Parigi.
Anche in Oriente si ritrovano, sempre in questo periodo, dei testi compilati seguendo lo stesso processo anche se la forma è quella dei menologi e dei sinassari.
Il più celebre tra questi è quello di Santa Sofia la "grande chiesa" di Costantino I.
Nello stesso periodo in cui si producevano i martirologi si assiste allo sviluppo di quella parte che riguarda la commemorazione del santo durante la liturgia.
Si afferma l'usanza tra il clero di leggere, durante la Messa, una breve storia della vita del santo di cui si celebrava il dies natalis, cioè l'anniversario della morte.
Nascono così le legendae che erano dei testi divisi in brani narrativi incorporati nel Mattutino e destinati alla lettura pubblica.
All'inizio essi vennero compilati su rifacimento dei processi verbali stilati dalle autorità civili riguardanti gli atti dei martiri e in seguito, seguendo lo stesso modello, vennero redatti veri e propri racconti.
Il nome passio ( « passione » in latino; passiones al plurale ) deriva dall'accezione di passione imposta dalla Vulgata con la tradizione della Passione di Cristo, a cui si ispira la vita e l'opera del santo di turno.
Questi racconti non erano che amplificazioni romanzate delle legendae, dove si dava più importanza all'immaginazione che alla storicità.
Gli autori delle Passiones non mancavano di dare dettagli sulla crudeltà dei boia e dei magistrati, sulla durezza dei supplizi e sulla serena resistenza che i servi di Dio opponevano ai loro persecutori.
Spesso venivano esposti una serie di miracoli straordinari operati dal santo allo scopo di suscitare nei lettori e negli uditori spirito di emulazione e ammirazione.
Lo stile che caratterizza questi testi, con il comportamento dei santi presentato in modo stereotipato secondo i modelli di tanti panegirici antichi, caratterizzerà l'agiografia fino alla fine del Medioevo.
Se la Chiesa romana fino all'VIII secolo ebbe una certa reticenza di fronte alle Passiones, nell'epoca carolingia, con lo svilupparsi del culto delle reliquie, le fonti narrative dei santi entrarono di diritto nella liturgia rendendo così difficile, dopo l'anno 900, la distinzione tra quei testi prodotti per la celebrazione dell'Ufficio liturgico e i "romanzi" agiografici.
La vita di san Mauro, una delle più antiche agiografie esistenti in Francia, è stata scritta da un certo monaco, chiamato Fausto, discepolo del santo fondatore dell'ordine benedettino in Francia.
Sarebbe stata riscritta secoli dopo dall'abate Odo di Glanfeuil dopo il ritrovamento del suo corpo, avvenuto nell'anno 843.
La maggior parte dei testi di questo periodo non hanno molto di originale e si ispirano ad alcuni testi di valore come la Vita di San Martino di Sulpicio Severo o la Vita di San Benedetto che si ritrova nei Dialoghi di papa Gregorio I.
Nella Vita di San Benedetto, scritta da papa Gregorio I, si trovano moltissimi episodi riguardanti la Vita di san Mauro, suo discepolo, sopra nominato, completati in maniera cronologica nella Vita Mauri di Fausto.
Non bisogna tuttavia disconoscerne completamente l'importanza soprattutto per l'influenza che ebbero alcuni testi di origine orientale, come le Vitae Patrum ( le Vite dei Padri del deserto d'Egitto ) o la Storia lausiaca di Palladio di Galazia.
Lo scopo comune di queste opere era quello di esaltare la pratica dell'ascetismo e di presentare il Vir Dei ( l'uomo di Dio ) come profeta e taumaturgo che compiva i miracoli per il potere che aveva acquisito con il digiuno, la mortificazione e la preghiera.
Risalgono all'anno Mille le più celebri raccolte di miracoli prodotte in numero sempre maggiore in precisi santuari.
Esse servivano a vantare il potere del santo di cui si custodivano le reliquie e ad attrarre così più numerosi i pellegrini e quindi le loro offerte.
Si ricorda Il libro dei miracoli di santa Foy che sembra risalire al 1035 e Il libro dei miracoli di san Giacomo di Campostela che risale all'inizio del XII secolo.
In questo stesso periodo sono numerosi quei racconti nati intorno al ritrovamento ed alla traslazione delle reliquie dovuta sia alle invasioni normanne e saracene del X secolo che provocarono spostamenti frequenti delle reliquie stesse, sia all'iniziativa presa da alcuni vescovi per rafforzare la loro potenza sulla città.
Tra il XII e il XIV secolo i testi agiografici subiscono in Occidente una notevole evoluzione.
A mutare il carattere di questi testi vi è l'insorgere di una concezione diversa della santità.
Il santo era sempre un eroe ma doveva essere soprattutto un modello da imitare da parte dei monaci, del clero e dei laici.
Pertanto, mentre nell'Alto Medioevo i santi erano per lo più nobili o reputati tali, nel XII secolo emersero in Italia figure di santi che possedevano umili origini.
Si ricorda ad esempio sant'Omobono ( morto nel 1197 ) che era un semplice sarto di Cremona e che venne canonizzato da papa Innocenzo III nel 1199.
Con lo sviluppo, inoltre, della spiritualità penitenziale, il santo diventa un essere perfetto mediante una conversione, tanto più importante se costui era stato precedentemente un peccatore come nel caso di Maria Maddalena, Pelagio o Agostino.
Con l'influsso dei monaci cistercensi ed in particolare degli Ordini mendicanti, la dimensione pastorale dell'agiografia si andò accentuando e con le "Vite dei santi" si cerca di dare dei modelli di comportamento ai fedeli in un'epoca in cui le masse erano attratte dai catari e dai predicatori valdesi.
Tra i testi più significativi di questo periodo vi è la Vita della beghina Maria di Oignies ( morta nel 1213 ) che fu composta nel 1215 da Giacomo di Vitry, il quale diventerà in seguito vescovo e cardinale.
A partire dal 1230 circa si iniziò a considerare la perfezione dei santi non tanto dai miracoli fatti ma dallo stile di vita che doveva concludersi in un processo di imitazione di Cristo anche nelle caratteristiche fisiche, come nel caso di San Francesco.
Fu questo il primo santo stimmatizzato del quale vennero scritti, tra il 1229 e il 1255, la vita e i miracoli.
I testi prodotti in questo periodo cambiano stile e diventano delle vere e proprie raccolte di miracoli non più legati ad un santuario ma a un santo, una santa, alla Madonna oppure, come nel caso delle opere Dialogus miraculorum del cistercense Cesario di Heisterbach e Vitae fratrum del frate domenicano Gerardo di Frachet, ad un Ordine religioso o a un sacramento come l'eucaristia.
Alcuni domenicani, come Giacomo da Mailly e Bartolomeo da Trento, compilarono dei compendi di leggende, chiamati Flores Sanctorum, da mettere a disposizione del clero parrocchiale essendo difficile poter accedere ai "leggendari" posseduti dalle abbazie e decorati con magnifiche miniature.
La legenda aurea del domenicano Giacomo da Varagine, che venne composta verso il 1260 in Italia fu senza dubbio il più importante di questi testi.
L'opera ebbe molto successo fino alla metà del XVI secolo e, nel corso del XIV secolo fu tradotta in tutte le lingue del mondo cristiano ( esistono ancora oggi oltre mille manoscritti latini di quest'opera ).
Essa vene utilizzata sia dagli ecclesiastici per i loro sermoni, sia dai laici come lettura edificante e divenne anche fonte di ispirazione per molti artisti per le iconografie dei santi negli ultimi secoli del Medioevo.
Durante il XIII e l'inizio del XIV secolo apparvero delle vere biografie mistiche che cercavano di ricostruire la vita interiore dei santi con tutte le più rilevanti manifestazioni della loro devozione.
Esempi significativi di questo genere di testi furono, nel XIII secolo, le vite delle sante beghine dei Paesi Bassi e in Italia quella di Santa Margherita da Cortona e di Santa Caterina da Siena, nonché il Libro della beata Angela da Foligno.
Alla fine del Medioevo la letteratura agiografica era diffusa in ogni ambiente e comprendeva spesso anche delle favole su personaggi misteriosi e delle biografie spirituali.
Questi testi, così numerosi e non ancora completamente inventariati per quanto riguarda la produzione in lingua volgare, costituiscono uno strumento assai prezioso per comprendere e analizzare la spiritualità e la mentalità del Medioevo.
Magistero |
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Discorso Paolo VI | 6-10-1968 |
È l'amore alla scienza agiografica, che dovrebbe, come già una volta nell'educazione spirituale dei Fedeli, essere ancor oggi promossa e coltivata più che ora non sia, e oggi tanto più d'ieri, in quanto l'agiografia si alimenta di verità storica e di dottrina psicologica. |